Ermini, Toti, il Pd e il voto in Liguria: quella gara di “purezza" che non fa bene alla politica
L’ex vicepresidente del Csm David Ermini si è dimesso dalla Direzione del Pd ma ha tenuto l’incarico alla guida della holding Spinelli, l’imprenditore che invitava i potenti di turno sulla barca sperando di ottenere qualcosa in cambio. Ermini: “Il mo è un incarico tecnico e non capisco cosa voglia il Pd”
Una cosa è certa: in Liguria saranno tre mesi di campagna elettorale ricchi di colpi di scena. Una sorta di gara di purezza dove ci sarà sempre uno più puro che vorrà epurare l’altro. Succede quando la politica si fa dettare i tempi dalla magistratura e dalle inchieste. E siccome questo è il contesto di riferimento, impostare una campagna elettorale e prenotare la guida della regione al grido “liberarsi e rinnegare il totismo” come sta facendo il Pd, non è probabilmente il modo migliore. Primo perché non è ben chiaro cosa sia il totismo - un sistema d’affari? E stabilito da chi? , secondo perché, qualora esista, è tutto da dimostrare che sia sbagliato e deprecabile. Lo decideranno gli elettori, ovviamente.
Inchiesta ed elezioni liguri: una storia di epurati, reintegrati, sliding door, presunti primati e promesse sbagliate in partenza.
L’ultima epurazione
L’ultima epurazione, in ordine di tempo, è quella di David Ermini. L’avvocato penalista, ex deputato del Pd ed ex vicepresidente del Csm in quella che è stata probabilmente la consigliatura più funesta a palazzo dei Marescialli (2020-2024, dieci togati su sedici costretti alle dimissioni dopo il caso Palamara) è stato costretto a lasciare la Direzione del Pd. “Incompatibile” gli è stato spiegato, con la nomina accettata da pochi giorni alla presidenza della Spininvest, la holding del gruppo Spinelli che è il cuore e il motore dell’inchiesta che martedì mattina ha costretto il governatore Giovanni Toti alle dimissioni dopo ottanta giorni di arresti domiciliari con l’accusa di corruzione. In pratica Ermini ha accettato di guidare il gruppo di Aldo Spinelli, l’imprenditore portuale che avrebbe corrotto Toti (finanziamenti elettorali tutti bonificati) in cambio di favori come le concessioni portuali per stoccare le merci. “L’ho fatto per lavorare – ha spiegato Ermini visto che anch’io devo lavorare, non mi aspetto nulla dal partito e per garantire trasparenza e continuità di lavoro a centinaia di persone che non possono certo essere in balia di un’inchiesta che chissà quando arriverà a sentenza definitiva”. E però per il Pd il gruppo Spinelli è espressione stessa del famigerato totismo che va debellato. Come gli è venuto in mente ad Ermini di accettare quell’incarico? Un cortocircuito che ha coinciso con la candidatura, nei fatti, di Andrea Orlando alla guida della regione.
Ermini, ex commissario Pd in Liguria
Nel fine settimana prendeva corpo l’investitura di Orlando. Lunedì mattina l’assemblea dei soci della holding Spinelli (il patron Aldo e il figlio Roberto) hanno nominato Ermini. Idea dell’avvocato Alessandro Vaccaro, legale della famiglia Spinelli, che ha proposto Ermini “perchè collega che conosco da oltre vent’anni e non influenzabile”. Quello che serve per raggiungere due obiettivi: allontanare sempre di più il patron Aldo dagli affari in modo di far decadere anche le esigenze cautelari; dare continuità, legalità e trasparenza a chi lavora in azienda”. L’avvocato Vaccaro ha dimenticato di dire che Ermini è stato commissario del Pd in Liguria per almeno due anni. E dunque non è un estraneo.
Ermini non ha sopportato questa caccia alle streghe e ieri ha fatto la sue scelte: si tiene l’incarico, lascia la Direzione del Pd. Martedì c’era stata la telefonata di Orlando a Ermini, “guarda che così ci stai mettendo in imbarazzo. Devi capire le conseguenze che la tua nomina può avere anche nella coalizione (cioè sui 5 Stelle e su loro epigoni come Ferruccio Sansa, ndr). Non solo la maggioranza ma cena gli alleati stanno protestando ….”. Seccata la risposta di Ermini: “Non vedo quale sia il problema, il mio è un incarico tecnico”. Con gli amici l’ex numero 2 del Csm è stato ancora più esplicito: “Sono stupito e incredulo. Mi si chiede di lasciare l’incarico, di rinunciare alla mia professione. Non ci penso nemmeno. Mi sembra una logica forcaiola, molto grillina”. La soluzione è stata un compromesso: ieri mattina Ermini ha telefonato al presidente del Pd Stefano Bonaccini per comunicare di lasciare l’incarico nella Direzione Pd. “Quello in Spininvest è un incarico professionale ma se deve essere strumentalizzato per mettere in difficoltà il Pd, allora lascio la Direzione. Non avrei mai pensato che assumere un incarico professionale potesse suscitare imbarazzi” ha spiegato Ermini che resta quindi alla guida di Spininvest.
Vicenda chiusa?
“Speriamo di aver chiuso in 24 ore il caso” dicevano ieri in Transatlantico alcuni parlamentari Pd. Ma tutti sanno che non sarà così. Il cortocircuito farà contatto e produrrà scintille ogni volta che dagli atti dell’inchiesta emergerà che sulla famosa barca di Spinelli ci andavano tutti ma proprio tutti, dal Pd a Forza Italia, e ogni volta che dal cartello elettorale delle opposizioni si farà notare che il “nemico” è il totismo rispetto al quale serve l’abiura totale. Alla Camera non mancano i commenti velenosi circa il compenso del gruppo Spinelli all’ex-vicepresidente del Csm. Bonaccini ha ringraziato Ermini per il gesto che va “apprezzato” perchè “toglie di mezzo polveroni, incomprensioni e strumentalizzazioni”.
In questa storia delle elezioni liguri ci sono tanti “caratteri”: gli epurati, i pragmatici (“ma perchè mai dovrei rinunciare ad un incarico così ben remunerato?) e i recuperati. Ieri la procura di Genova ha dato parere positivo al ritorno in libertà di Giovanni Toti: si è dimesso e non può più inquinare la scena del delitto e testimoni. Manca la parola del gip, la giudice Paola Faggioni, che deciderà tra oggi e domani. Per l’accusa le dimissioni hanno fatto venir meno il rischio di reiterazione del reato. Il pericolo di inquinamento probatorio era già venuto meno con la pronuncia del tribunale del Riesame.
Per Spinelli una strada diversa
Una strada diversa si apre per l'imprenditore Aldo Spinelli. La procura ha infatti espresso parere negativo per lui. Sull'orientamento dei pm hanno pesato le valutazioni sempre del Riesame. “E' palese - avevano scritto il giudici - l'esistenza, a carico di Spinelli, di un metodo da sempre adottato dall'indagato nel perseguimento degli interessi economici-imprenditoriali delle aziende che formano il gruppo da lui formato”. L'imprenditore, scrivono ancora i giudici del Riesame, “ha poi espressamente sostenuto di avere da sempre, nella cura dei propri interessi imprenditoriali, contattato gli esponenti politici di turno in relazione ad attività amministrative che rivestivano un particolare interesse per le aziende del suo gruppo imprenditoriale”. Ieri il Pd del ligure Burlando. Poi il centrodestra che faceva capo a Toti. Sarà dura l’abiura del “totismo”. Sempre che il totismo esista.
E comunque, proprio dalle carte del Riesame, viene fuori che il compromesso che dovrebbe far chiudere il caso Ermini è scritto sulla sabbia. Scrivono infatti i giudici quasi immaginando una mossa simile: “Al di là di eventuali movimenti societari nel gruppo Spinelli, la proprietà dell'azienda resta nelle mani di Aldo e Roberto (il figlio, ndr)”. Il fatto stesso di essere socio di maggioranza “fa permanere un evidente interesse economico dell'indagato al buon andamento delle società facenti parte del gruppo imprenditoriale da lui creato e dunque non può di certo ritenersi indifferente al loro andamento”. La nomina di Ermini quindi potrebbe non risolvere gli ostacoli per la libertà di Spinelli senior. Che resta in ogni modo il king maker dell’azienda.
Presto il processo, finalmente
Presto, in questa storia, ci saranno finalmente i primi imputati. Dopo quattro anni di indagini e quasi tre mesi di arresti. Ancora una volta tutto dovrebbe accavallarsi con la campagna elettorale e l’intreccio potrebbe risultare fatale per l’esito del voto. Il giudice deciderà infatti a breve se accogliere o meno la richiesta di giudizio immediato per Toti, Spinelli e l'ex presidente dell'Autorità portuale Paolo Emilio Signorini. In caso positivo il processo potrebbe iniziare a metà ottobre. Il 27 e il 28 i liguri dovrebbero andare alle urne.
Al lavoro sulla coalizione
Nel Pd intanto provano a lavorare sulla coalizione. Prima l'intesa sul programma e poi l'indicazione del candidato, secondo il timing condiviso nel lungo incontro alla Camera nei giorni scorsi tra Elly Schlein e Orlando. C’è voglia di fare presto e chiudere. Ma i nodi da sciogliere per il centrosinistra, molto diviso negli ultimi anni in Liguria, non sono pochi. Matteo Renzi ha espresso la volontà di entrare in partita con il centrosinistra anche se Iv con un assessore fa parte della giunta di centrodestra con il sindaco Bucci a Genova. Per sinistra e M5S non è pensabile stare col piede in due staffe. E pure Orlando ci mette il carico: “La precondizione” per la costruzione di un’alleanza “dev’essere la volontà di rompere con il sistema Toti-Bucci”. Ma come si fa se nel presunto sistema sono più o meno tutti a bordo?