Elezioni regionali: le manovre che preparano il vertice a tre per evitare che la maggioranza vada a pezzi
Dietro le quinte delle strategie e dei calcoli che gli uomini di Meloni, Salvini e Tajani stanno facendo per capire come e dove piazzare i loro protetti
A tarda sera i bookmakers che bazzicano tra Montecitorio e Palazzo Chigi sono convinti che alla fine una quadra si troverà e il centrodestra non si dividerà alle regionali. La Sardegna è ancora l’oggetto dello scontro. Matteo Salvini ha provato in tutti i modi a convincere la restante parte della coalizione di ricandidare Christian Solinas. Ma dall’altra parte del campo Giorgia Meloni ha tenuto il punto: "Il candidato voluto dai territori è Paolo Truzzu". Rompere la maggioranza per la Sardegna sarebbe stato controproducente non solo per l’esito del voto nell’isola dove il centrodestra unito appare comunque favorito. Ma sarebbe stato controproducente per la stabilità della coalizione.
Prove di pace
Dal pomeriggio i toni si sono abbassati. I falchi dei partiti del centrodestra hanno deposto le armi. E sono uscite allo scoperte le colombe. Antonio Tajani, vicepremier e segretario di Forza Italia, è stato il primo a mostrarsi aperturista: "Noi lavoriamo per una coalizione di centrodestra coesa. Così è stato nel 99,99% dei casi. Io sono convinto che anche in questa regione ci sarà coesione e ci saranno candidati unitari. Abbiamo dei buoni nomi e sono convinto che alla fine i risultati non mancheranno non soltanto per la scelta del candidato ma anche il risultato elettorale". Unità è la parola di ordine di Forza Italia. Che tradotto significa mettere da parte i desiderata dei singoli partiti e lavorare di squadra. Ragionamenti e parole che fanno il paio con quelle di Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera ed esponenti di spicco di Forza Italia: "Non mi preoccupano le discussioni all'interno del centrodestra sulle prossime regionali. La nostra storia è segnata da confronti che sembrano esplosivi ma che poi trovano sempre una sintesi con l'accordo politico. La stessa cosa accadrà adesso: il valore del centrodestra sta nella sua capacità di restare unito. Gli elettori, quando siamo andati divisi, ci hanno sempre punito. Le lezioni del passato ci aiuteranno anche stavolta a vincere le elezioni".
Raccontano che Forza Italia abbia voluto giocare un ruolo di paciere, così da avvicinare le parti e smussare gli angoli. Se Tajani si è messo nel mezzo, così da oleare il faccia a faccia tra Salvini e Meloni, i tajaniani hanno recitato la parte delle colombe. Non a caso Paolo Barelli, capogruppo di Fi a Montecitorio e vicinissimo al vicepremier azzurro, ha usato queste parole: "Quando si parla di elezioni è sempre tutto complicato. La bravura di una coalizione è nel risolvere i problemi. Sulla Sardegna e per le regionali, i leader troveranno la quadra. La cosa più importante è la compattezza e la crescita dei risultati del governo. Detto ciò, siamo fortemente attrattivi e questo dovrebbe essere un valore aggiunto per tutta la maggioranza".
Il fuoco pronto a riaccendersi per le Europee
Ed è vero che la competizione interna alla coalizione potrebbe ancora più accendersi all’avvicinarsi delle elezioni europee. Ma è altresì vero, sottolinea sempre Barelli, che "c’è rispetto reciproco con la Lega e con Fratelli d'Italia. Come accade per le elezioni dove ognuno corre col proprio simbolo, ci sarà una sana competizione, che è un aspetto positivo e non un problema. In Europa, solo quando saranno estratte le schede dalle urne, si capirà quale maggioranza sarà possibile. Il Ppe, di cui facciamo parte, certamente sarà protagonista. Il nostro presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, farà parte della maggioranza che uscirà dalle urne: i conservatori sono in forte collaborazione in Europa con i partiti popolari e già su varie tematiche sostengono l'attuale maggioranza. La Lega, finora, si è tenuta fuori da meccanismi di governo europeo. Anche qui le esigenze nell'interesse dell'Italia porteranno a una valutazione".
La Sardegna in un puzzle di molte "battaglie" locali
Ora dopo ora sembra tutto volgere verso una soluzione. C’è chi sussurra che Solinas si sfilerà e verrà premiato con un ruolo all’interno del Parlamento europeo. Un passo indietro del governatore uscente renderebbe tutto più semplice e spianerebbe la strada a Paolo Truzzu, sindaco di Cagliari e legatissimo a Giorgia Meloni e che da oggi sarà in campagna elettorale. Va da sé dietro l’affaire Sardegna si celano altre partite, su tutte le regionali in Veneto dove l’inquilina di Palazzo Chigi ha in mente di candidare il “suo” Luca De Carlo che è di Belluno. Salvini che ha capito il gioco avrebbe così fatto sapere che sarebbe disposto a cedere la Sardegna a condizione che il prossimo candidato in Veneto sia proprio l’uscente Zaia che dovrebbe correre per il terzo mandato. E su questo nodo la coalizione si ri-divide. Tajani, per dire, è assai contrario: "Siccome un governatore ha talmente tanto potere, più di quanti ne abbia un Presidente del Consiglio a livello nazionale, credo che un mandato che duri dieci anni sia giusto. Negli Stati Uniti, che sono la più grande democrazia mondiale, il presidente rimane in carica per due mandati. La legge attuale è così, si tratterebbe di modificare la legge attuale. Il Parlamento e' sovrano ma io qualche dubbio lo nutro".
I calcoli su dove mettere i propri uomini
Per ora da Fratelli d’Italia non arrivano aperture. Il che significa che tutto potrebbe definirsi solo quando i tre leader si incontreranno per definire le cinque regioni al voto nel 2025. C’è chi dice che si incontreranno nel weekend, lontani da tutti. C’è chi invece ritiene che prima di ogni cosa bisognerà far decantare le tensioni. Secondo indiscrezioni che circolano nella maggioranza la formula al momento più accreditata è 2-1-1-1. Ossia a FdI i candidati in due regioni, Truzzu in Sardegna e Marco Marsilio in Abruzzo, uno alla Lega che punta alla conferma di Donatella Tesei in Umbria, e uno a Forza Italia, ossia l'uscente Alberto Cirio in Piemonte. Resta incerta la Basilicata: gli azzurri vorrebbero che la coalizione puntasse ancora su Vito Bardi, ma dagli alleati arrivano segnali decisamente contrari e torna l'ipotesi di un candidato civico. Su queste note a tarda sera prende forma questo schema di accordo. Ragion per cui anche il salviniano Alessandro Morelli abbassa i toni e la mette così: "Fortunatamente non siamo nella Cina comunista. Qui stiamo discutendo in una fase costruttiva per trovare il modo migliore per vincere e governare al meglio le nostre Regioni".