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Le tre elezioni regionali possono essere decisive per la maggioranza: il retroscena

L'esito della tornata elettorale in Liguria, l’Ohio d’Italia, potrebbe influenzare le sorti della politica nazionale dei prossimi anni

Massimiliano Lussanadi Massimiliano Lussana   
Le tre elezioni regionali possono essere decisive per la maggioranza: il retroscena
Orlando e Bucci si sfidano per la guida della Liguria (Ansa)

E’ dall’inizio della campagna elettorale per le regionali che qui su Tiscalinews stiamo raccontando che la Liguria è l’Ohio d’Italia. Ma, sinceramente, nemmeno io che l’ho scritto e l’ho ripetuto come un mantra pensavo che potesse esserlo fino a questo punto. E cioè che dalla Liguria, una regione di poco più di un milione e mezzo di abitanti e un milione 348mila e 601 elettori potessero dipendere le sorti della politica nazionale dei prossimi anni.

E, stavolta, non serve nemmeno evocare i due governi che caddero per aver perso (a sorpresa) le regionali liguri: il secondo esecutivo di Massimo D’Alema e il governo di Matteo Renzi che qui iniziò la sua lunga agonia, un lungo addio terminato con il referendum costituzionale.

Ma, per l’appunto, le antiche suggestioni sono lontane, cose da libro di storia, visto che stiamo parlando di cronaca, cronaca elevata a potenza. Qui è tutto attuale, attualissimo, e funziona così. Per raccontarlo occorre fare un brevissimo riassunto delle puntate precedenti: quest’autunno sono previste le elezioni in tre Regioni e a un certo punto si era pensato a un election day per unificarle nella stessa data, ma non è stato possibile perché per motivi tecnici che vi risparmio la Liguria doveva comunque votare entro fine ottobre e a Umbria e Emilia-Romagna veniva invece meglio votare a novembre.

Fatta questa premessa metodologica, i sondaggi davano il governo addirittura a rischio se si fosse concretizzato il 3-0 per il centrosinistra che a un certo punto pareva quasi certo: l’Emilia-Romagna è l’Emilia-Romagna; la Liguria era squassata dall’inchiesta giudiziaria su Toti e in Umbria le divisioni fra le forze moderate sembravano portare a una facile vittoria del centrosinistra.

Eppure, in Parlamento, anziché indebolirsi, la maggioranza continuava a crescere e contestualmente l’opposizione a perdere pezzi: Forza Italia si è assicurata tre ex pentastellati, due senatori e un deputato, due deputati di Azione e una deputata di Italia Viva. E il partito di Calenda ha perso anche tre esponenti importanti (Mara Carfagna, Mariastella Gelmini e Giusy Versace) che al momento sono nel Misto di Camera e Senato, così come la svolta a sinistra di Matteo Renzi ha portato Luigi Marattin a lasciare Italia Viva e ad accasarsi pure lui nel Misto.

Ma, nonostante tutto questo, quel 3-0 faceva paura.

Poi, la svolta con la candidatura a presidente della Regione Liguria del sindaco di Genova Marco Bucci. Che, pur malato, pur reduce da una delicata operazione, sta girando la Liguria palmo a palmo ed è riuscito a ribaltare i sondaggi che davano il centrodestra e lui stesso indietro di sette-otto punti rispetto al centrosinistra di Andrea Orlando, che pure era il miglior candidato possibile per quella coalizione.

Poi, la segretaria nazionale del Pd Elly Schlein si è trasformata in una sorta di Penelope che smonta di notte la tela delle alleanze pazientemente tessuta da Orlando di giorno e da Roma ha accettato il veto di Giuseppe Conte (e in parte di AVS) sui renziani a sostegno del candidato del centrosinistra. Qualcosa di assurdo perché si è tradotto in un meccanismo antidemocratico con liste di proscrizione addirittura su singoli nominativi, che pure avevano accettato di rinunciare al simbolo di Italia Viva, candidandosi in una generica lista “Riformista”.

Ma nemmeno questo è bastato a coloro che hanno iniziato a fare gli esami del sangue di “renzismo” ai singoli candidati. E questo ha fatto completamente cambiare il quadro: non tanto e non solo per i voti “ufficiali” di Italia Viva, ma perché ha schiacciato la coalizione di Orlando verso un massimalismo tutto di sinistra, dove il centro certo non poteva essere garantito dagli ex Pd di Azione, che pure a loro volta avevano dovuto subire l’addio del segretario regionale, il sindaco di Casarza Ligure Giovanni Stagnaro, che ha rifiutato di intrupparsi in un progetto quasi da “indipendente da sinistra”, così come l’ex pentastellato Federico Giacobbe, che pure aveva corso alle Europee con Azione.

Insomma, i sondaggi sono completamente cambiati. E i sette-otto punti a favore di Orlando sono diventati prima un 47 pari e poi un 47,5 a 47 per Bucci (fonte Noto per “Porta a Porta”) e poi ancora 49 a 46 per Bucci, come certificato dall’ultima rilevazione di Nando Pagnoncelli per il “Corriere della sera”.

Ora i sondaggi non possono più essere resi noti, ma secondo alcune indiscrezioni ci sarebbe addirittura in giro una rilevazione che parla di sei punti di vantaggio per il sindaco di Genova. Non avendo in mano i dati e la metodologia, non la prendiamo ufficialmente in considerazione, ma è vero che ad allargare la forbice potrebbero essere due circostanze: la prima è che il primo cittadino di Genova sta girando moltissimo e questo gli permette di portare in giro per la regione le sue idee sulla Regione, stavolta con la maiuscola. E fra gli elettori del centrosinistra potrebbe nascere disaffezione totale vedendo la disfatta persino quando avevano iniziato a fare la bocca alla vittoria.

In più, i candidati minori, che sono sette, sono ovviamente penalizzati dal “voto utile” e la polarizzazione sembrerebbe favorire Bucci, in grado di prendere molti consensi anche a sinistra, come ha dimostrato alle ultime comunali, vincendo anche nei due Municipi della Valbisagno, di Cornigliano e di Sestri Ponente e del Ponente, da Pegli a Voltri, un tempo roccaforti inespugnabili della sinistra.

Il resto lo spiega l’ultimo degli alleati di Bucci, il leader di Alternativa Popolare, il sindaco di Terni Stefano Bandecchi, presentando la sua lista al fianco del sindaco di Genova: “Se uno vale uno, Bucci, sindaco manager, è uno che vale mille, fatevelo dire da un imprenditore che paga 2500 stipendi ogni mese”.

E, insieme al presidente di Alternativa Popolare Paolo Alli che ha sempre tenuto accesa la fiammella dell’adesione al PPE dell’ex partito di Angelino Alfano, Bandecchi spiega: “Grazie al nostro ingresso in maggioranza, per la prima volta nella storia d’Italia per un partito che non si era presentato alle politiche, e alle istanze di centro in una maggioranza che forse era un po’ sbilanciata a destra, il possibile 0-3 per il centrodestra, si potrà trasformare nel prossimo mese in un 2-1 con la vittoria della maggioranza qui in Liguria e in Umbria. Ma a questo punto non è da escludere totalmente anche un risultato totalmente a sorpresa di Elena Ugolini in Emilia-Romagna che porterebbe il risultato a 3-0 per il centrodestra, forse anche con una nostra lista e ringraziamo gli alleati che stanno aiutandoci a raccogliere le firme”.

Insomma, è ancora Bandecchi il grillo parlante che racconta cosa succederà a metà novembre, quando si conosceranno i risultati di tutte e tre le Regioni: “Se il centrodestra avesse perso 3-0, il governo sarebbe stato a rischio. Se vincerà 3-0 o 2-1, credo che Giorgia Meloni avrà una nuova forza propulsiva. Con Alternativa Popolare nel governo almeno con un sottosegretario”.

Il 27 e 28 ottobre in Liguria e il 17 e 18 novembre in Umbria e Emilia-Romagna tutte le risposte sul futuro del centrodestra.   

Massimiliano Lussanadi Massimiliano Lussana   
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