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Le elezioni più pazze del mondo. Il retroscena sulla Liguria dopo il patteggiamento di Toti

Nemmeno nella serie tv più fantasiosa succedono tante cose tutte insieme

Massimiliano Lussanadi Massimiliano Lussana   
Le elezioni più pazze del mondo. Il retroscena sulla Liguria dopo il patteggiamento di Toti
Giovanni Toti (Ansa)

Se uno sceneggiatore presentasse a un produttore una trama come quella che sta andando in scena per le regionali del 27 e 28 ottobre in Liguria, probabilmente verrebbe cacciato dal produttore stesso: “Grazie, belle idee, un soggetto pieno di idee. Ma, su, vediamo di essere seri. Nemmeno nella serie tv più fantasiosa succedono tante cose tutte insieme. Un conto è cercare il modo migliore di far finire le puntate e creare l’attesa per le successive, ma qui hai messo troppi colpi di scena tutti insieme. Dobbiamo essere almeno verosimili, se non proprio veri”.

E invece. E invece stiamo assistendo a una trama che ha le caratteristiche delle serie più belle, quelle che passeresti tutto l’autunno chiuso in casa a vedere abbracciato e accoccolato sul divano con chi ami, seguendo una dopo l’altra tutte le puntate di tutte le stagioni. Però, di quelle con un aspetto anche umano, come “Call my agent!”, cioè “Chiami il mio agente!”, cioè in francese “Dix pour cent”, la serie che racconta anche gli intrecci psicologici dei protagonisti.

Ecco, la storia è proprio questa. E quindi abbiamo avuto la prima stagione, un kolossal con fuochi e lustrini in cui Giovanni Toti ha governato la Liguria per nove anni, portando sul territorio i cittadini amministrati dal centrodestra e da sindaci d’area dal 20 per cento all’85 per cento. Poi, c’è stato il 7 maggio, con gli arresti domiciliari, la resistenza nella villetta di famiglia di Ameglia per tre mesi, la manifestazione di piazza dove è nato il campo largo, il secondo mandato d’arresto proprio lo stesso giorno e le dimissioni.

A questo punto, i sondaggi davano in parità le due coalizioni, fra persone che comunque riconoscevano a Toti anni in cui la Liguria è stata ben governata ed è cresciuta moltissimo e residui riflessi condizionati di stampo berlusconiano, per capirci quelli che credevano che Ruby fosse “davvero” la nipote di Mubarak, che ipotizzavano complotti della magistratura, una sorta di Spectre. A ribaltare completamente i sondaggi a favore del centrosinistra è stata l’ignavia di una parte del centrodestra che ha iniziato a porre veti sulla figura del vicesindaco di Genova Pietro Piciocchi, l’unico fuoriclasse che avrebbe garantito un governo alla Regione in continuità nella discontinuità, quasi un ossimoro vivente.

Ma il mese perso da Fratelli d’Italia e Noi Moderati alla ricerca del nome alternativo di Ilaria Cavo, che mai sarebbe stata accettata dalla Lega e non convinceva nemmeno i mondi dei sindaci civici, da Marco Bucci a Claudio Scajola, ha ribaltato i sondaggi, portando Andrea Orlando, candidato del centrosinistra, in vantaggio.

Poi, un ulteriore colpo di scena: la candidatura di Marco Bucci - chiesta direttamente da Giorgia Meloni, che ha sconfessato completamente tutti i suoi, nei confronti dei quali c’è forte irritazione per la gestione di tutta la vicenda candidatura, nazionali e locali, che hanno portato avanti le trattative chiudendosi sul nome Cavo che portava in un vicolo politicamente cieco – che ha portato il sindaco di Genova a balzare avanti nei sondaggi. E la sua candidatura, quasi eroica, da malato di tumore, è diventata qualcosa di cui si parla in tutto il mondo.

Insomma, finita lì? Macchè, ieri la nuova stagione con il patteggiamento di Giovanni Toti – arrivato solo una volta uscito di scena il nome che avrebbe assicurato la continuità politica assoluta con quella stagione - che ha di nuovo ribaltato i sondaggi o almeno li ha riportati in parità fra Marco Bucci e Andrea Orlando.

E qui arriviamo alle reazioni, che vanno al di là di quelle ufficiali. Toti e i suoi avvocati la vendono come una vittoria ed è vero che viene riconosciuto che l’ex governatore non si è messo in tasca un centesimo per sé e che gli atti sotto la lente erano comunque legittimi, ma è vero anche che il patteggiamento per “corruzione impropria” smonta i mesi di narrazione in cui la difesa era stata fermissima e a tratti fideistica. Non da parte di Toti, che anzi è stato uno dei pochi che ha rispettato sempre la magistratura e se l’è presa con la politica pavida (“Ma come? A Bari sono scesi in piazza appena hanno sfiorato Decaro, e qui nessuno dice una parola e sembrano quasi sollevati?”) e gliene va dato atto, ma di molti suoi supporter.

Insomma, nessuno nel centrodestra a parte i fedelissimi dell’ex governatore, e Bucci stesso in extremis, sapeva del patteggiamento e quando la notizia è arrivata come un tuono, come Guè con Rose Villain, ha squassato la campagna elettorale che era in discesa per Marco Bucci.

E qui il centrodestra si è diviso nelle reazioni: Giorgia Meloni, ad esempio, non è stata contenta, ma le reazioni sono state ovviamente soft perché Ignazio La Russa, delegato alle trattative liguri, il suo inner circle del Tigullio e di Genova e i proconsoli di Fratelli d’Italia in Liguria, avevano sostenuto fino al giorno prima la candidatura della continuità assoluta con Toti e quindi era dura dire cose diverse ora.

Dalla Lega - che schiera addirittura in lista il suo uomo di punta Edoardo Rixi, viceministro dei Trasporti e delle Infrastrutture perché crede moltissimo in Bucci, che lui ha portato ad essere il sindaco di Genova – traspariva forte irritazione. Tanto che, a mezza bocca, gli uomini del Carroccio spiegano: “Matteo Salvini è stato l’unico a difendere sempre Giovanni Toti, facendo arrabbiare anche i nostri. E ora ci arriva fra capo e collo, con questa tempistica, una scelta come questa del patteggiamento, che rischia di danneggiare enormemente Bucci e di cui non sapevamo niente, così come non sapevamo niente il giorno delle dimissioni”. E proprio la Lega chiede un taglio netto con il mondo dell’ex presidente: “Con questo atto, a freddo, una stagione è completamente finita. Serve un passo indietro anche da parte di tutti coloro che erano legati a quel mondo”.

E nel mondo di Bucci? Prevale chi non vorrebbe più i totiani nelle liste civiche comuni con il nome di Bucci scritto enorme, pensando a un effetto traino negativo: “Fino a ieri hanno detto in ogni modo che “Chi vota Bucci vota Toti e la sua continuità. Ma sarà opportuno oggi?”.

Ma c’è anche chi la vede diversamente e sostiene: “Alla fine Giovanni ci ha fatto un regalo, spazzando via il tema del processo dalla campagna elettorale. Il testo del patteggiamento è molto chiaro”.

Il candidato presidente sta ancora riflettendo. Lui è molto legato umanamente a Toti, nei confronti ha anche un debito di riconoscenza per la prima elezione, poi ricambiato alle regionali, i pm hanno esaminato ogni suo atto in comune con l’ex governatore e ne hanno scisso le posizioni: Toti ai domiciliari, Bucci nemmeno indagato. E in Procura c’è chi ha detto: “Se prendiamo il sindaco e lo ribaltiamo, dalle sue tasche non esce un solo euro”.

Intanto, le agenzie di stampa tracimano di dichiarazioni degli esponenti del Campo larghissimo che attaccano Bucci per inteposto Toti. Su tutte le parole del Pd di Genova e del suo segretario Simone D’Angelo, orlandiano: «La richiesta di patteggiamento avanzata da Giovanni Toti conferma il contesto corruttivo in cui ha governato il centrodestra in Liguria, così come evidenziava il quadro accusatorio della Procura della Repubblica di Genova.  È una ulteriore conferma della necessità di un radicale cambiamento in Liguria, che superi la modalità di governo nell'interesse di pochi e non nell’interesse di tutti. A chi si è descritto come perseguitato dalla giustizia preannunciando memorabili scritti, ricordiamo sommessamente che Silvio Pellico non fece mai richiesta di patteggiamento».

E i social di esponenti e simpatizzanti di quel mondo sono inondati di foto di Bucci e Toti insieme, con riferimenti al patteggiamento. Saranno lunghe notti quelle di questo fine settimana per il centrodestra.

Ma l’epica di Bucci sindaco amato e conosciuto in tutta Italia e candidato che sfida la malattia, ieri per strada e sui bus teneva ancora, ammaccato dal patteggiamento, ma non abbattuto.

 

Massimiliano Lussanadi Massimiliano Lussana   
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