[L'analisi] Le paure dell’Europa: le elezioni in Italia più pericolose della Brexit. Quali sono i rischi
Molti commentatori concordano: se la brexit è stata un’influenza passeggera, la conversione dell’ Italia all’euroscettiscismo sembra una polmonite, da trattare con massicce dosi di antibiotici per evitare effetti irreversibili. Paure per un governo M5S e Lega: sarebbe folle mettere in discussione l’euro
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“Le elezioni in Italia? Più gravi della Brexit”. Le valutazioni uniformi della stampa estera nell’incertezza del dopo voto non nascondono le preoccupazioni per il vento montante dell’euroscetticismo nel nostro paese, e per le possibili ripercussioni sulla tenuta dell’eurozona. Preoccupazioni rese più urgenti dalle bellicose dichiarazioni di Matteo Salvini a Strasburgo, nella conferenza stampa di congedo al Parlamento Europeo, in cui il leader della Lega e candidato alla premiership di Palazzo Chigi per la coalizione di centro-destra ha detto chiaro e tondo di non temere il tabu dello sforamento del 3% ed ha ribadito che “l’euro rimane una moneta sbagliata, da cui non c’è un uscita solitaria e improvvisa, ma si può pensare a un piano B”. Dichiarazioni che non sono passate inosservate nemmeno alla riunione dei ministri dell’economia e delle finanze europei, Ecofin, cui ha partecipato per l’Italia l’uscente Pier Carlo Padoan. Il quale, riportando le parole del commissario Moscovici durante la discussione sullo stato dell’Unione, ha commentato lapidario : “La Commissione Europea considera l’Italia “un elemento di incertezza” per la zona euro”.
“Tutti mi hanno chiesto cosa succede in Italia e la risposta è stata non lo so”, ha proseguito il Ministro dell’Economia, rassicurando comunque sul rispetto della scadenza di un Def “privo di elementi di policy” da parte del governo uscente, fissata per il 10 aprile. Al di là del linguaggio istituzionale, però, si intravvede lo stallo del muro contro muro fra vecchie e nuove maggioranze per la conquista di palazzo Chigi, cosa che non contribuisce a distendere i nervi della burocrazia europea, anzi. Per intendersi: Bruxelles ha già messo in conto tempi fisiologici più o meno lunghi sulla formazione del governo in Italia.
E’ stato così anche in Germania, dove la Merkel ha dovuto aspettare mesi per veder capitolare il leader dell’Spd Schulz, dietro l’autorevole impulso del Presidente Steinmeier. Per non parlare del clamoroso precedente del Belgio, rimasto senza governo per ben 541 giorni nel 2010, o del più recente caso olandese: 6 mesi di vacatio prima di raggiungere la quadra con un’eterogenea coalizione di centro-destra allargata ai Cristiano-democratici e all’Unione cristiana. Ma a spaventare, nel caso italiano, è soprattutto lo scivolamento lento e inesorabile di uno dei paesi più convinti verso l’adesione europea nel cono d’ombra dell’euroscetticismo.
Lo spiega bene Les Echos, rivista francese di attualità politica e finanziaria, nel commento di Pter Carl Morgens: “Se la brexit è stata un’influenza passeggera, la conversione dell’ Italia all’euroscettiscismo sembra una polmonite, da trattare con massicce dosi di antibiotici per evitare effetti irreversibili”, scrive Morgens. Di chi è la colpa? Per il giornalista di Les Echos è in gran parte dell’Europa e dei suoi stati membri, che hanno fatto orecchi da mercante davanti ai problemi del nostro paese. “A partire dall’arrivo di milioni di migranti sulle coste italiane e dal rifiuto dei paesi europei di accoglierne se non una minima proporzione, così come di impegnarsi seriamente in un’efficace protezione delle frontiere”.
In secondo luogo, l’impatto della crisi finanziaria del 2008 e l’esplosione del debito pubblico: “Due episodi in cui si è assistito alla scomparsa del principio della “solidarietà comunitaria” che hanno avuto un impatto disastroso sull’opinione pubblica italiana, soprattutto se si pensa che l’Italia era uno dei paesi più filoeuropei fino a 10 anni fa. Non siamo alla vigilia di un Italexit- scrive Morgens- ma l’impatto di un possibile governo di coalizione euroscettico sarà ben più grave della Brexit: l’Italia non è soltanto un paese fondatore dell’Unione ma anche un partner affidabile sul quale si è sempre potuto contare finora per avvallare le proposte di avanzamento dell’Unione”.
Sulla stessa linea il Financial Times, che analizza gli scenari di possibili governi a guida 5 Stelle o a trazione leghista mettendo in evidenza due grandi incognite. Anzitutto: archiviato il referendum sull’euro, che sarebbe folle perché innescherebbe immediatamente una crisi finanziaria al solo annuncio di un’uscita dall’area euro, rimane il rischio di far saltare per aria la riforma dell’eurozona spinta dal dialogo franco-tedesco, al quale l’Italia potrebbe opporsi per una fisiologica ostilità verso il rafforzamento del meccanismo di bailout e la temuta ristrutturazione semi automatica del debito all’interno del Meccanismo europeo di Stabilità.
Ma non solo: sia il reddito di cittadinanza proposto dai Cinquestelle che la Flat Tax della Lega mettono a rischio la tenuta dei conti italiani. Il rischio concreto dell’overshoot fiscale potrebbe far sorgere la tentazione del ricorso ad una valuta parallela, al di fuori del controllo della Banca Centrale Europea. Un’idea che sarebbe osteggiatissima dalle istituzioni finanziarie di Bruxelles, perché minerebbe i fondamenti stessi dell’eurozona. L’Italia dunque, conclude il Financial Times, “rimarrà la principale fonte di rischio per l’eurozona nel prossimo futuro”.