“Macchè estremisti. Noi difendiamo l’ambiente, per farci ascoltare possiamo anche lanciare vernice sui quadri”
Duels a confronto con Stefania Morosi, ingegnere, vive in Inghilterra e ha due figli di 7 e 10 anni. “Le nostre azioni sono calcolate e non c’è violenza. Spero che gli attivisti entrino presto in azione in Italia contro l’aumento di estrazione di gas”
Bloccano il traffico all’improvviso e senza un apparente perchè. Lanciano vernice contro Rubens e Van Gogh, facendo attenzione a non sciupare nulla. “Tutto calcolato” dicono. Loro si definiscono attivisti. O meglio cittadini che fanno il loro dovere: tutelare il bene comune, ad ogni modo e con ogni mezzo visto che i governi promettono ma non fanno. Nella narrazione ordinaria li chiamano “estremisti ambientalisti”. Qualcun altro, specie se si trova bloccato nel traffico da qualche loro iniziativa o vede le immagini in cui lanciano vernice contro le facciate dei palazzi d’epoca (è successo a Milano per la prima della Scala) o contro dipinti iconici come “La ragazza con l’orecchino” di Breemer o “I girasoli” di Van Gogh, li definisce senza timore “terroristi”.
“Duels” ha cercato il confronto con uno di questi “terribili” attivisti che di sicuro non sono terroristi e a mala pena sopportano di essere definiti “estremisti”. Si chiama Stefania Morosi, ha 45 anni, è un ingegnere biomedico che qualche anno fa ha incontrato lo yoga diventato in breve la sua passione e il suo mestiere. Stefania è attivista di Just stop oil e in meno di un anno ha al suo attivo 14 arresti.
L’intervista diventa presto un confronto serrato tra le ottime buone ragioni degli ambientalisti e il limite di azioni che di per sè sono violente. “Noi non siamo violenti - ripeterà spesso Stefania - questa è una narrazione pigra, un luogo comune. E sai perchè? ”Ogni nostra azione è calcolata e misurata in modo tale da non danneggiare ovvero creare danno a nessuno”.
Tanto per cominciare non è molto chiaro il nesso tra attaccare un’opera d’arte e la difesa della terra… “Non abbiamo imbrattato o rovinato nulla. Facciamo sempre molta attenzione a cosa facciamo. Ma per non eludere la domanda, ecco la risposta: noi facciamo questo perchè amiamo la vita e l’arte che ne è l’espressione più alta e coinvolgente. Sappiamo però che anche la vita sulla terra è molto a rischio. Quindi facciamo noi una domanda: quale deve essere il ruolo dell’arte quando l’umanità è a rischio? Usiamo la potenza dell’arte per attirare l’attenzione sulle nostre battaglie e sul rischio che sta correndo il pianeta”
L’obiezione è fin troppo facile: come pensate di poter far diventare popolari le vostre azioni e rivendicazioni disturbando le vite degli altri? “Il punto è proprio questo: dobbiamo farci ascoltare. Le abbiamo provate tutte, molti amici attivisti hanno passato anni a scrivere petizioni e appelli ma non è mai cambiato assolutamente nulla”. Anzi, i governi “promettono e poi non fanno nulla”. Vedi gli obiettivi di Cop 21: non esiste - dice Morosi - "alcun percorso in atto di quelli promessi. In questo modo arriveremo presto ad un tipping point, punti di non ritorno per cui sarà inutile qualunque tipo di azione”.
Dunque non resta che l’azione “fortemente simbolica”. Il cosiddetto “disrupting”, ovverosia creare disturbo economico e sociale per attirare l’attenzione e farsi ascoltare.
Guai a chiamarli “terroristi”, è “sbagliatissimo”. A fatica sopportano di passare per estremisti perchè “visto che la situazione è estrema, ecco che anche noi usiamo metodi estremi”. “Noi siamo non violenti, questo deve essere molto chiaro. Ci prendiamo la responsabilità delle nostre azioni e quando interrompiamo il traffico ci mettiamo a spiegare perchè lo facciamo, chiediamo ai cittadini di riuscire a guardare avanti”. Se hanno disagio adesso perchè impedisco loro di muoversi, cosa potrebbe succedere fra pochi anni quando dovesse essere razionata l’acqua e alcune specie animali o botaniche scomparire dalla faccia della terra…. “Noi ogni volta che facciamo un’azione in realtà chiediamo a tutti di fermarsi un attimo e ragionare sul nostro destino e quello della nostra terra”.
Un’altra obiezione, tra le tante: perchè fare battaglie in Europa - Just stop oil, che nasce in Gran Bretagna, ha una serie di organizzazioni gemelle in tutta Europa, Italia compresa - quando i danni ambientali sono soprattutto provocati dai paesi emergenti come l’India e da potenze aggressive come la Cina? “L’Europa ha responsabilità enormi e in ogni caso ciascuno deve agire a casa propria”.
Cambiare le cose, cambiare il mondo: la missione della politica. Perché allora non tentare di cambiare le cose governando? “Perchè storicamente le donne non hanno ottenuto il voto votando. Chi è stato schiacciato dal razzismo non ha reagito creando un partito e andando al governo. Noi siamo un movimento di resistenza civile per mettere pressione sui governo perchè faccia quello che deve fare”. E la smetta di estrarre gas e altri fossili. Il fossile inquina. Il fossile distrugge il pianeta. “Spero tanto che in Italia si creino movimenti come il nostro per impedire al governo di aumentare l’estrazione di gas dai pozzi nel mar Adriatico”. La misura è in approvazione nel decreto Aiuti quater in aula al Senato in questi giorni. “Confido in azioni dimostrative di peso” sottolinea Morosi.
Il confronto con Greta Thunberg è inevitabile: la ragazzina ha smosso montagne e umiliato i potenti della terra con la sua azione ostinata, silenziosa, granitica. E loro buttano vernice sui quadri. O bloccano il traffico per ore. Morosi non ci casca. E sorride: “Non abbiamo alcuna intenzione di alimentare divisioni. Tra noi c’è grande sinergia e lei è stata un esempio per tutti noi. Dico che anche Greta è stata ascoltata poco. Che non possiamo lasciare tutto sulle sue spalle di adolescente. E che non ci resta che agire”. Ma non chiamateli violenti. E neppure terroristi. “Le nostre azioni sono simboliche e calcolate. La violenza è un’altra cosa”.