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Draghi nello Studio ovale e al congresso Usa: “Porto con me il desiderio di pace della Unione Europea”

Si è conclusa la missione americana del premier italiano. La costruzione di un tavoli di pace al centro dei colloqui. Immutata la linea tenuta fino adesso: sostenere l’Ucraina  con tutto quello che chiede

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
Draghi nello Studio ovale e al congresso Usa: “Porto con me il desiderio di pace della Unione Europea”

Il bilaterale con Joe Biden nello Studio ovale della Casa Bianca, l’intervento al Capitol Hill di Washington, il premio come “politico dell’anno” ricevuto all’Atlantic Council dalla segretaria del Tesoro Janet Yellen che chiosa “al nostro caro amico Mario” in una standing ovation che ha fatto schernire e arrossire l’algido presidente del Consiglio italiano. Ce ne sarebbe di che essere orgogliosi e anche gratificati: a parte Obama che “dedicò una serata all’amico Matteo” (Renzi), non ci capita spesso di godere della stima e della considerazione dell’alleato Usa. Poi però accendi la  tv italiana la sera e senti un altro ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte battere i piedi e i pugni sul tavolo perchè Draghi deve venire in Parlamento a spiegare cosa sta facendo l’Italia. “È irrituale che Draghi non vada in Parlamento dopo due mesi e mezzo di conflitto: ha il dovere di interloquire. Io durante la pandemia ero in Parlamento ogni quindici giorni” ripete Conte quasi ogni giorno. Mai, per l’appunto, per rispondere dei tanti misteri accaduti ai tempi della pandemia: utilizzo dei soldi, 180 miliardi avuti a debito; strane operazioni tipo “dalla Russia con amore” e incontri con i fedelissimi di Trump. Conte si sia pace: Draghi sarà in Parlamento il 19 maggio. Non un giorno prima. Non certo per rispondere alle bizze di un avvocato che in Parlamento non ha neppure provato ad entrare.

 Miserie figlie della ricerca di consenso politico e di una campagna elettorale che non ci lascerà più fino alle politiche dell’anno prossimo. 

“Porto il desiderio di pace della Ue”

La missione americana di Mario Draghi segna un punto di svolta e una discontinuità rispetto alle dinamiche viste finora circa la guerra in Ucraina. “Porto con me il desiderio di pace della Ue” ha detto il premier parlando al Congresso di fianco alla speaker Nancy Pelosi. Non si parla più solo di armi, vittorie e sconfitte. Si parla di pace “che va costruita con l’Ucraina e non certo imposta”.  “È un grande onore essere nella culla della democrazia. Ed è un grande giorno per l'amicizia tra Italia e Stati Uniti - ha esordito il premier - I nostri legami sono sempre stati forti, ma, se possibile, sono stati resi ancora più forti dalla guerra in Ucraina. E questo è un momento speciale per essere qui e per discutere di molte questioni: guerra, crisi energetica, i prezzi del petrolio e del gas, la lotta contro il COVID 19 nel resto del mondo. Abbiamo i problemi di sicurezza alimentare. A proposito, dobbiamo prevenire quella che è potenzialmente una terribile crisi umanitaria a causa della mancanza di cibo nella parte più povera del mondo. Quindi abbiamo molti problemi ed è un ottimo momento per essere qui in quanto italiani ed europei con il nostro partner più importante”. Un’agenda pesante ed importante che si affronta meglio con le necessarie alleanze. Anche perchè, ha sottolineato Draghi, “l’invasione russa dell'Ucraina pone una sfida importante ai valori al cuore della democrazia. Non sono in gioco solo l’integrità territoriale dell'Ucraina, la sua sovranità, la sua indipendenza. Questo è un attacco al sistema basato sulle regole internazionali che abbiamo costruito dopo la seconda guerra mondiale”.

La speaker Pelosi ha ricambiato con “lodo l’Italia, un partner prezioso anche nella guerra in Ucraina”.

Davide e Golia

La pace, le vie per raggiungerla, è stato il tema al centro del faccia a faccia con Biden e su cui Draghi si è soffermato di più nell’incontro con la stampa italiana in ambasciata. Lavorare per la pace, avviare un percorso negoziale per mettere tutti attorno ad un tavolo, a cominciare da Usa e Russia, per arrivare alla pace. Un percorso negoziale “molto difficile”, tutto da costruire. E la pace “deve essere quella che vuole l'Ucraina, che non sia imposta da un certo tipo di alleati o da altri”. Draghi sembra quasi voler costruire un canovaccio per le trattative e richiama ancora una volta il ruolo della Ue e dell'Italia per arrivare alla costruzione di un tavolo negoziale, insieme agli Usa, per giungere alla fine delle ostilità ed alle trattative di pace. Un percorso non semplice e lungo, ma possibile oltre che necessario. Perché, spiega il presidente del Consiglio senza usare mezzi termini, la guerra si è modificata: non è più Davide contro Golia. La Russia ha dimostrato di essere “meno invincibile”,

La Russia quindi non è “Golia”, una “potenza invincibile”, Davide si è mostrato molto più forte di quanto si potesse immaginare. E ora bisogna mettere in campo tutti gli “sforzi possibili” per aprire un tavolo in cui l'Ucraina deve essere protagonista: “E' il presidente Zelensky che deve definire cos'è la vittoria, non noi”.

Mercoledì, appena arrivato a Washington, Draghi ha avuto un bilaterale di oltre un’ora nello Studio Ovale della Casa Bianca con il presidente Usa Joe Biden. Negli ultimi 10 minuti sono stati allontanati persino i più stretti collaboratori.  L’incontro “é andato molto bene” ha spiegato poi ieri alla stampa italiana, “concordiamo sul fatto che 'bisogna continuare a sostenere l'Ucraina in ogni sua richiesta e fare pressioni su Mosca” ma anche “cominciare a chiedersi come si costruisce la pace”.

Draghi torna dunque a tracciare un percorso di pace,  un messaggio che ha consegnato agli States non nascondendo i distinguo, i dubbi, che si fanno spazio nel Vecchio Continente. “L'Europa è l'alleato degli Usa - ha messo in chiaro - quindi le sue visioni non sono in contrasto ma stanno cambiando e dobbiamo parlarne. E' una riflessione preventiva, bisogna riflettere sugli obiettivi di questa guerra e poi decidere”. Con un punto fermo: ascoltare la voce di Kiev. Perché la “pace deve essere la pace che vuole l'Ucraina, non una pace imposta né da un certo tipo di alleati né da altri”. Per questo, anche se al momento non è previsto alcun confronto tra Biden e Putin, “i contatti necessariamente devono essere riavviati e intensificati a tutti i livelli”. 

Mosca deve stare nel G20

Un primo confronto per riallacciare il dialogo con Mosca potrebbe avviarsi attorno a un rischio concreto, quello di una crisi alimentare che potrebbe portare a “decine di milioni” di vittime, e che passa dallo sblocco dei carichi di grano dai porti ucraini. Per questo, ha rimarcato Draghi, non sottraendosi anche alle domande più scivolose, bisogna riflettere prima di allontanare Mosca dai tavoli dei big del mondo, leggi G20. Confrontarsi, decidere insieme e non dividersi, come nei desiderata di Putin, ma portare avanti una linea comune, all'insegna dell'unità. Così come uniti bisogna affrontare le sfide della crisi energetica e dell'inflazione, anche questi al centro del bilaterale con Biden. Con cui Draghi ha portato avant la battaglia italiana per il Price cup “accolta con favore” ieri nello studio ovale della Casa Bianca, anche se “l'amministrazione Usa sta riflettendo più su un tetto al prezzo del petrolio che non al gas'', ma ''ne riparleremo presto insieme". Perché il confronto, in Europa come con gli States, deve andare avanti serrato, di fronte a sfide che rischiano di rivoluzionare equilibri resi già fragili dalla pandemia. Con i contraccolpi per un'economia che era già uscita con le ossa rotte dal Covid. 

“Difficile una recessione quest’anno”

Eppure l'ex numero uno della Bce non è pessimista, quando meno sulla tenuta dell'economia italiana, nonostante lo stop and go degli ultimi mesi. ''Ad oggi - ha detto - non vedo il rischio di una recessione per quest’anno”, gli pare “molto difficile”. Anche se la situazione è "di grande incertezza" con mercati nervosi e inevitabili danni per l'economia.

 Nel corso della conferenza stampa, il premier è intervenuto anche sul dibattuto tema del pagamento di gas in rubli alla Mosca, ammettendo che c'è “una zona grigia”, con “il più grande importatore, la Germania'', che ''ha già pagato in rubli e la maggior parte degli importatori di gas che hanno già aperto dei conti correnti” con la moneta di scambio russa.

Stamani la delegazione italiana ha fatto ritorno a Roma. L’agenda interna è molto simile a quella internazionale. Qui, in più, c’è l’aggravante della campagna elettorale con le sue variabili piscologiche che sicuramente non aiuteranno l’azione di governo.

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
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