Draghi tende la mano a Conte per l’ultima volta. Crisi, voto anticipato, avanti senza i 5 Stelle: gli scenari possibili
Il premier in conferenza stampa: “Non si può governare con gli ultimatum”. La linea decisa con il presidente Mattarella. Accelerazione sull’agenda sociale: salario minimo, taglio del cuneo, tutela del potere acquisto. “Ma è sempre stata l’agenda di questa maggioranza”. In arrivo un nuovo super decreto con risposte “strutturali e immediate”

Ci piacerebbe assai di più raccontare il Draghi ironico e divertente che ieri sera ha intrattenuto i giornalisti della Stampa estera nella tradizionale cena di inizio estate (e inizio vacanze per molti corrispondenti). Il “nonno al servizio della stampa estera” che farà “tutto quello che è necessario per svolgere la propria funzione qui stasera nei limiti previsti dal mio mandato”. Un discorso di una decina di minuti che è un concentrato di battute, ironia, barzellette (una) e il resoconto essenziale su come sta il Paese: “L’Italia sta bene, è un paese forte e ancora in crescita. Abbiamo centrato tutti gli obiettivi del Pnrr, stiamo diversificando la nostra dipendenza dal gas ed è chiaro che andremo avanti così. Senza allargarsi troppo, come si dice a Roma, i dati sul disavanzo e sui conti pubblici sono così in ordine che possiamo intervenire in favore delle fasce più deboli e contro quelle disuguaglianze che nelle fasi di inflazione vengono esasperate”. Sano orgoglio nazionale. Utile davanti ad una stampa estera pronta a recitare il requiem del BelPaese che i giornali italiani raccontano da settimane sull’orlo di una crisi di governo. Pensa un po’ che capolavoro.
Le due “facce” di Draghi
I giornalisti italiani li ha incontrati cinque ore prima per fare il punto politico della situazione. Draghi ha mostrato molta tranquillità. Con la solita determinazione e chiarezza. Il pragmatismo che s’è fatto regola quotidiana. Ma anche durezza: le richieste arrivate dal leader dei 5 Stelle Giuseppe Conte “sono condivisibili, anzi coincidono con la nostra agenda di governo avanti dunque con salario minimo, taglio del cuneo, lotta alla disoccupazione e al lavoro povero, all’inflazione e al caro energia”. A differenza della cena con la Stampa estera, nella conferenza stampa convocata a metà pomeriggio dopo una mattinata passata con i sindacati, Draghi ha sì teso la mano ai 5 Stelle, ma è stato anche molto duro: “Non si può governare con gli ultimatum, lo dico a beneficio di tutti coloro che prevedono disastri e sfracelli in autunno. Questo governo, finora, seppure nelle fibrillazioni importanti che continuiamo a registrare, dimostra di saper governare per il bene e la stabilità del Paese. E’ chiaro che se le fibrillazioni dovessero impedirci di lavorare, non possiamo più svolgere le funzioni per cui siamo nati. Non possiamo più lavorare”.
La barzelletta sul banchiere centrale
Peccato perchè la barzelletta sul banchiere centrale (un giovane n attesa di trapianto sceglie il cuore del banchiere centrale di 86 anni invece di quello del venticinquenne. “Perchè quello del banchiere centrale non è mai stato usato”) e la battuta sul rischio che l’Accademia dei Nobel ritiri il riconoscimento al prof Parisi perchè “dall’anno scorso ad oggi è andato tutto storto, fuori dal Mondiale, sesti a Eurovision e Berrettini fuori da Wimbledon causa Covid, sarebbero entrambi assai utili a sdrammatizzare il nodo della maggioranza e del governo italiano. A vedere le cose con la giusta distanza che fa mettere a fuoco i reali obiettivi. Una bella risata per seppellire tatticismi, bandierine, retroscena. E’ stata una bella serata, con uno show inatteso e molto applaudito.
La linea concordata con il Colle
Un altro Draghi rispetto a quello del pomeriggio. Molto tranquillo ma lapidario. In tre punti: se i 5 Stelle domani non voteranno la fiducia, “dovete chiedere al Presidente Mattarella e non a me se invierà di nuovo il governo alla Camere”. Per quello che invece strettamente lo riguarda: “Non ci sarà in questa legislatura un altro governo Draghi senza i 5 Stelle”. Il Draghi bis di cui già si favoleggia nei partiti di maggioranza pronti a contendersi i tre dicasteri che i ministri 5 Stelle lascerebbero vacanti in caso di uscita dal governo.
A 36 ore dal D-day di domani, giovedì, giorno in cui il Senato voterà il decreto Aiuti, la polvere - tantissima - si sta posando e gli schemi della partita si fanno più chiari. Il faccia a faccia Mattarella-Draghi di lunedì sera è servito per concordare la linea. Che è quella del dialogo con Conte e i 5 Stelle. Ma anche quella per cui la responsabilità di una eventuale crisi di governo cadrà solo e soltanto sulle spalle del Movimento.
La “risposta” a Conte
Con 36 ore di anticipo arriva così la risposta alla lettera che giovedì scorso Conte ha consegnato a Draghi. I “famosi” 9 punti rispetto ai quali il Movimento ha chiesto risposte chiare. Anche la conferenza stampa fa parte della risposta: il Movimento merita l’ufficialità di una conferenza stampa, un assoluto inedito nella comunicazione di palazzo Chigi che incontra la stampa solo dopo il consiglio dei ministri e solo quelli più importanti. “Siamo qui per fare il punto sull’incontro di stamani con i sindacati” ha precisato il premier. In mattinata infatti per due ore – incontro già fissato da tempo – Draghi, il sottosegretario Garofoli i ministri Giorgetti, Orlando, Brunetta hanno incontrato i leader sindacali per avviare il tavolo di concertazione su alcuni punti fondamentali dell’agenda “sociale” del governo: salario minimo, tutela del potere di acquisto, sostegno alla disoccupazione, lotta alle disuguaglianze. Agenda larga e vasto programma, si potrebbe dire. Che però si traduce in pratica, precisa Draghi, “con provvedimenti urgenti e strutturali e quindi ben prima della legge di bilancio” perché ci sono “almeno tre milioni di persone che risultano occupate ma insistono nella fascia di lavoro povero”.
Un superdecorato entro fine luglio
Il ministro del Lavoro Andrea Orlando illustra la proposta di salario minimo “con un meccanismo che tenga insieme il valore positivo della contrattazione collettiva e l’esigenza di un salario minimo per chi non beneficia della contrattazione e per chi ha contratti cosiddetti pirata”. L’obiettivo è “legare il minimo salariale per comparto alla migliore e più diffusa contrattazione”.
Il salario minimo è una delle dead line 5 Stelle: lo chiedono da mesi, “accusano” Orlando di traccheggiare e non c’è dubbio che ieri abbiano ottenuto una risposta e un impegno concreto. Così come su altri dei 9 punti della lettera. Draghi li elenca: “Riduzione del cuneo fiscale per gli stipendi più bassi”; “rinnovo dei contratti scaduti da 6 e anche 9 anni”; lotta all’inflazione, alla speculazione e quindi al caro energia. “Entro la fine del mese – anticipa Draghi - sarà approvato un provvedimento che il sottosegretario Garofoli ha definito “corposo”. Vi posso confermare che lo sarà”. Anticipazioni non ne sono state fatte né ai sindacati né in conferenza stampa. Ma gli ultimi provvedimenti analoghi hanno prodotto misure pari a 33 miliardi di euro. Una manovra di bilancio. Tutti soldi recuperati dalle pieghe del bilancio e per lo più dall’extragettito ottenuto dalle aziende del comparto energia che hanno accettato una tassazione del 40% sui 40 miliardi di extraguadagni avuti in questo anno di speculazione sul caro energia.
Nessuno scostamento di bilancio
Draghi tiene a precisare due punti: non ci sarà lo scostamento di bilancio (come invece chiede Conte) perché le misure saranno finanziate, come è successo finora contro il caro benzina e il caro bollette, “da altre entrate del bilancio dello Stato”; ed è contento del fatto che la lettera di Conte “corrisponda perfettamente all’agenda di governo”. Come dire: caro Movimento 5 Stelle, ti ascolto, ti dedico una conferenza stampa ma le tue richieste coincidono con l’azione di questa maggioranza e di questo governo. Cos’altro sono i 33 miliardi messi sul tavolo in questi primi sei mesi, il bonus da 200 euro per 28 milioni di italiani e il contributo fiscale per i redditi sotto i 35 mila euro? Sono capitoli di un’agenda sociale che “io, governo” ti lascio rivendicare ma che è di tutte le forze che compongono la maggioranza. Palazzo Chigi deve fare di tutto per evitare il rischio emulazione. Perchè se così fanno i 5 Stelle, poi così faranno un po’ tutti. E non questo non è possibile.
Stamani il Gran Consiglio 5 Stelle
Fin qui il ramoscello d’ulivo a Giuseppe Conte. Che riunirà stamani alle 8 il Consiglio nazionale per decidere cosa rispondere. Se sarà no, se anche questo non basterà, la responsabilità della crisi sarà solo e soltanto dei 5 Stelle. Perché poi, per le vie brevi – al di fuori della conferenza stampa – ai ministri del Movimento è già stata recapitata un’ altra mediazione, sul Superbonus edilizio al 110%: ci sarà un decreto che sbloccherà lo stallo del credito cercando di correggere anche questa ennesima stortura, l’undicesima per essere precisi.
E’ chiaro, purtroppo, che non è il merito delle misure il problema. Fosse quello, cosa fare e in che modo, le forze di maggioranza hanno vari modi per discutere al loro interno e poi decidere. E’ quello che fanno da un anno e mezzo. E’ chiaro invece che il problema è di posizionamento politico, il consenso, le bandierine, i sondaggi che crollano, l’astensionismo che cresce. Draghi lo sa benissimo. E infatti precisa la sua posizione: con il ramoscello d’ulivo messo ieri sul tavolo, i 5 Stelle non possono strappare. Non possono non votare la fiducia domani al Senato sul decreto Aiuti (23 miliardi per famiglie e imprese). Se lo fanno se ne assumeranno tutta la responsabilità. Sugli scenari per giovedì sera in caso di strappo, il Presidente del Consiglio non ha dubbi: decide Mattarella; no al Draghi bis senza 5 Stelle.
Vari scenari possibili
C’è un non detto, però: il governo Draghi ha in numeri (circa 160 voti al Senato) e quindi la fiducia anche senza i 5 Stelle. Non solo: non è corretto dire che l’eventuale strappo di domani mette i 5 Stelle fuori dal governo. La scialuppa Insieme per il futuro è stata fatta proprio per questo: qualcuno può forse affermare che il ministro Di Maio non rappresenta una larga fetta degli stellati? Avanti senza Conte e senza il simbolo dei 5 Stelle non vuole dire “senza i 5 Stelle”.
Un paese spesso in crisi di governo, ha maturato negli anni una vista gamma di opzioni. Se domani i 5 Stelle non votano la fiducia, sebbene non sfiduciato, Draghi salirà al Colle per consegnare il proprio mandato. Mattarella, con oppure senza aver sentito i partiti, potrebbe convincerlo a restare, proprio perchè non sfiduciato, fino alla legge di bilancio. Rimandarlo alle Camere per una nuova fiducia e andare avanti fino all’inizio del 2023. Sciogliere quindi la legislatura 2-3 mesi prima del previsto. Il Pd ha dato il suo assenso, ieri Letta è stato da Draghi e ha rivendicato “l’agenda sociale” messa in evidenza dal premier. Che è di tutti e non certo dei 5 Stelle. Oppure Draghi tiene il punto, verifica che in queste condizioni, con ogni leader di maggioranza che ogni giorno per non restare indietro chiede o rivendica qualcosa, e allora tutti a casa e al voto tra settembre e ottobre. Mai visto nella storia della Repubblica. Una cosa è certa: scartata ogni ipotesi di appoggio esterno; la responsabilità della crisi, a quel punto, sarebbe solo e soltanto dei 5Stelle.
Gli spin stellati
Vedremo. Il testo sul decreto Aiuti arriverà in aula al Senato domattina. E dovrebbe essere subito messa la fiducia. I senatori 5 Stelle , rimasti in 62, potrebbero anche dividersi. Si parla di una ventina di irriducibili. Gente che ha deciso di uscire dalla maggioranza anche se Draghi desse loro la luna. Che ovviamente non può e non vuole dargli. Cosa farà ora Conte? Vedremo stamani. Intanto ieri ha suggerito a Rocca Casalino di stoppare ogni spin sul voto di domani. Poco dopo la conferenza stampa giravano vorticose indiscrezioni di “non partecipazione al voto”. E gli stessi senatori irriducibili hanno ripresentato gli stessi emendamenti: contro il termovalorizzatore e a favore del Superbonus. Come se nulla fosse. Come se avessero già deciso. Si profila un’altra scissione? O magari sarà lasciata libertà di voto ai dissidenti? Adesso è tutto in mano a Conte. E alla sua leadership.