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Draghi e il gas: "Diversificazione attuabile in tempi più brevi del previsto". La metà entro il 2022

Il cappio russo sarà presto allentato. Dopo l’Algeria, il premier va mercoledì in Angola e Congo per chiudere nuovi contratti di fornitura. Già firmato con l’Egitto. La lunga intervista al Corriere della Sera. “Non siamo in recessione”. E non è economia di guerra. “Chiediamo di tenere condizionatori più bassi di uno- due gradi”

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
Mario Draghi (Ansa)
Mario Draghi (Ansa)

"L’operazione Fiducia” spinge Mario Draghi a rilasciare un’intervista di tre pagine al Corriere della Sera pubblicata la domenica di Pasqua. E’ la prima nonché l’unica  da quando è premier - quattordici mesi - probabilmente ne farà altre ed è chiaro l’intento di cambio di passo alla sua premiership: comunicare di più e in modo più diretto con i cittadini. Non ha ambizioni elettorali (lo dice chiaramente al fine intervista: “Essere eletto è estraneo alla mia formazione”) però riconosce che il “rapporto con i cittadini è l’aspetto migliore di questo lavoro, è bello confortante e affettuoso”.
L’Operazione Fiducia in realtà era in cantiere da tempo, almeno da gennaio. La guerra in Ucraina l’ha accelerata. E quando, dieci giorni fa, subito dopo l’approvazione del Def, il numero 1 di Confindustria disse che “in Italia non conviene più investire nè ore impresa”, Draghi ha pensato che tra fatti oggettivi -inflazione, caro prezzi, guerra sull’energia - e suggestioni figlie prima della pandemia e poi della guerra, l’operazione Fiducia non poteva più attendere.

Operazione Fiducia

Se il premier ha liquidato Bonomi spiegando perché l’Italia è un paese dove nonostante tutto “si può fare impresa e anche bene” ma servono anche fiducia e autostima,  dalle colonne del Corriere della Sera ha spiegato perché “compito di questo governo è anche questo: dare fiducia”. In un momento “pieno di incertezze e instabilità questo governo di unità nazionale continua a voler governare. Perché abbiamo fatto molto, lo abbiamo fatto insieme e altro dobbiamo fare. Dunque questo governo va avanti se riesce a fare le cose che servono al Paese”. Nessuna crisi. Meno che mai dimissioni che qualche sofisticato opinionista ha lasciato intendere nei giorni scorsi. “Non sono stanco e non ho alcuna intenzione di dire addio. Voglio però governare per il bene dell’Italia”.
Non c’è dubbio che gas e rifornimento di materie prime sia la prima, al massimo la seconda priorità/ necessità nazionale. “La ricerca di approvvigionamenti di gas e di altre fonti di energia oggi è come la campagna vaccinale l'anno scorso: saremo altrettanto determinati”.

Il governo si sta muovendo su due fronti: europeo ed nazionale. A Bruxelles l’Italia chiede da mesi, anche prima dell’inizio della guerra - va ricordato che l’aumento del gas è iniziato lo scorso autunno  - un tetto per calmierare in tutta Europa il prezzo del gas. Ci sono state molte resistenze perché ciascuno dei 27 ha un proprio mix energy - una gamma di prodotti e fornitori - e quindi esigenze commerciali diverse, ma Bruxelles sta realizzando che il prezzo calmierato è una strada obbligata perché, spiega Draghi nell’intervista al Corsera, “è l’unico modo che esiste per ridurre nell’immediato il prezzo che paghiamo ogni giorno a Gazprom per la fornitura”. Ina tetra dell’Europa, Draghi ha sempre detto che l’Italia si sarebbe mossa per conto proprio. Da qui il Gas tour iniziato la scorsa settimana ad Algeri e in calendario mercoledì e giovedì di questa settimana in Congo ed Angola. Anche qui per stringere accordi di forniture.

Gas tour in Africa

La buona notizia è che “la diversificazione è possibile e realizzabile in tempi relativamente brevi e ben più stretti di quelli previsti un mese fa”. Quindi meno, forse, di quei 2-3 anni che sono stati finora l’arco di tempo necessario per affrancarsi dalla Russia. E comunque la priorità è riempire gli stoccaggi entro l’inizio dell’autunno per far fronte ai mesi freddi. Per raggiungere questi obiettivi sono centrali i nuovi accordi di fornitura con l'Algeria, il Congo, l'Angola e il Mozambico. L’Italia punterebbe a sostituire  entro il 2023 circa il 50% dell'energia oggi acquistata da Mosca (15 miliardi di metri cubi).  Un terzo dall'Algeria (l’accordo è per ulteriori 9 miliardi entro e il 2024 di cui tre miliardi subito) il resto dagli altri paesi, africani, compreso Egitto e Qatar. Mercoledì Draghi sarà in Angola e il giorno dopo in Congo per siglare accordi per l’acquisto del gas. Da palazzo Chigi non escono cifre anche per questioni di sicurezza. Ancora da definire la tappa in Mozambico. L’ambasciatore e il costruttore di queste tappe  è stato senza dubbio Claudio Descalzi, ad Eni. Descalzi è stato coinvolto per 5 anni in un processo che si è poi rivelato infondato. C’è da chiedersi quale sarebbe oggi il nostro mix energy se Eni avesse potuto lavorare come doveva e sapeva senza essere nei fatti congelata da un’inchiesta inesistente. Sempre Eni ha già firmato un surplus di tre  miliardi di mc di gas liquido arriveranno dall’Egitto. E questo sta creando forti mal di pancia nella maggioranza. Dopo la presa di posizione critica del Pd, è intervenuta la capogruppo di LeU al Senato, Loredana De Petris, secondo cui “passare da un dittatore all'altro non è la via giusta per raggiungere l'indipendenza energetica”. E’ la stessa osservazione che fanno da destra quando accusano il governo di cercare il gas da altri dittatori e in paesi non democratici. Alcuni dei quali si sono astenuti alla Nazioni Unite nelle votazioni sulla Russia. A parte il fatto che con nessuno di questi paesi sarà creata una posizione di quasi monopolio come è accaduto con la Russia - la parola chiave resta appunto diversificare - nessuno di questi paesi ha dichiarato guerra ad un paese confinante e lo ha invaso. Dopo l’Africa, sono in definizione altri accordi con Qatar e Azerbeijan.

Le rinnovabili

Per affrancarsi da Mosca determinante sarà anche la spinta sulle rinnovabili. Il 90 per cento dei progetti è bloccato da permessi che non arrivano. Oltre al decreto Pnrr2 approvato la scorsa settimana, per gli iter autorizzativi, spesso troppo lunghi, gli operatori del settore avrebbero richiesto una figura tecnica con il ruolo di  “semplificatore”. L'esecutivo è comunque alle prese con i contenuti del decreto atteso in Cdm tra questa settimana e quella successiva. Dovrebbero entrarvi le proroghe degli aiuti per bollette e carburanti, altri fondi per l'accoglienza profughi, forse un ampliamento della platea del bonus sociale e garanzie per la liquidità delle imprese. Il valore del decreto si aggira intorno ai 6 miliardi. Per un secondo round più corposo di sostegni, si attende di capire se ci sarà una “risposta Ue”, una sorta di Recovery di guerra. E se non dovesse arrivare si cercherà un'altra via. Le richieste dei partiti di maggioranza, in parte, sono già sul tavolo: il leader del M5s Giuseppe Conte, per esempio, ha chiesto di azzerare l'Iva su prodotti alimentari come pane, latte, carne e pasta e di ridurla per le bollette di luce e gas; il segretario dem ha ipotizzato un assegno energia per le famiglie più deboli. Il secondo filone del decreto (che qualcuno ipotizza possa essere anche scorporato) è quello energetico e conterrà una semplificazione per la produzione da fonti rinnovabili, puntando anche sulla geotermia. Potrebbe tornare d'attualità il progetto di un rigassificatore a Porto Empedocle, in provincia di Agrigento, accanto ai due impianti galleggianti già annunciati. Presentato 18 anni fa, da sette il progetto è stato messo in naftalina. Gli ultimi dieci anni - quelli del populismo giallo-verde che per un anno e mezzo si è trovato al governo insieme e anche quelli in cui l’Europa non ha voluto capire quale sarebbe stata l’evoluzione della guerra in Crimea - sono stati pessimi sul fronte dell’energia. I 5 Stelle hanno detto no a tutto e bloccato ogni progetto. La Lega ha rafforzato i rapporti commerciali con la parte sbagliata, la Russia. Basti dire che dopo la guerra di Crimea e in pieno regime di sanzioni (che la Lega avrebbe voluto abbandonare da tempo) l’Italia ha aumentato la propria dipendenza dalla Russia.

Intanto Gazprom continua a fornire gas

Se si sta dietro al tenore delle dichiarazioni che arrivano da Mosca - “pagate in rubli”, “l’Europa e i paesi ostili non possono fare a meno di noi e del nostro gas” - è facile credere che non passi più neppure una goccia di gas dal gasdotto russo-ucraino. Non è così, ovviamente: il ricatto è in entrambi i sensi, se noi dipendiamo dalla Russia per scaldarci, rinfrescarci e produrre, Mosca dipende dall’Europa perché senza il milione di euro che ogni giorno paghiamo a Gazprom, il paese deve dichiarare la bancarotta.   Così ieri Gazprom, a scanso di equivoci, ha chiarito che “continua a fornire gas secondo le richieste dei consumatori nel pieno rispetto degli obblighi contrattuali”. Dall'1 gennaio al 15 aprile 2022 Gazprom, secondo i dati preliminari, ha prodotto 155,9 miliardi di metri cubi di gas. Si tratta dell'1,3% (2,1 miliardi di metri cubi) in meno rispetto allo scorso anno. Le consegne della società dal sistema di trasporto del gas al mercato domestico sono diminuite del 3,6% (3,9 miliardi di metri cubi), in particolare a causa del clima caldo di febbraio. Le consegne a marzo e nella prima metà di aprile sono state al livello dello stesso periodo dell'anno scorso. Tutto questo per dire che più che in Russia, per il caro bollette conviene guardare di più e meglio al mercato finanziario e alla borsa dl gas ad Amsterdam.

Pace o condizionatori?

Cosa vorranno di più gli italiani? Quanto saranno disposti a rinunciare, alla fine e realmente, pur di non prendere gas dalla Russia? La domanda che Draghi aveva messo provocatoriamente su tavolo la scorsa settimana, sta trovando risposte sparse e frammentate.  E se tutti ufficialmente dicono “la pace”, poi a tu per tu iniziano i distinguo, i “sì, ma” e i “sì, però”.
Il sacrificio richiesto dunque sarà minino: uno-due gradi in meno di riscaldamento negli uffici pubblici e altrettanti in meno di aria condizionata, è già un emendamento del governo appena approvato nel decreto energia. Stessa cosa succede anche nelle case private. I sindaci di alcune città, ad esempio Firenze, hanno iniziato un porta a porta di telefonate per sollecitare i residenti ad avere cura di consumare meno.  Tutto questo nell’ambito di una sana gestione dell’energia.

"Non siamo in recessione - ha ripetuto Draghi - ma c'è un rallentamento nei primi due trimestri di quest'anno. Molto dipenderà dall'andamento della guerra”. E non siamo neppure in economia di guerra. Non ancora almeno. La speranza è di non arrivarci mai. Né ottimisti né pessimisti. Pragmatici, è senza dubbio l’attitudine migliore in momenti come questo.

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   

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Accanto alla carriera da consulente e dirigente d’azienda ha sempre coltivato l...

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Giornalista e scrittore, è stato vice direttore dell'Osservatore Romano sino al...

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