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La Bolkestein può attendere: quando anche super Mario fa arrabbiare l’Europa

L’esclusione dal decreto Concorrenza del settore spiagge e ambulanti ha messo in allarme Bruxelles. La procedura d’infrazione va avanti: l’Italia deve aprire al mercato quelle concessioni. La scelta frutto non solo di un compromesso politico. Palazzo Chigi sta aspettando la pronuncia del Consiglio di Stato. Le concessioni non fanno parte del Pnrr

Claudia Fusanidi Claudia Fusani     
La Bolkestein può attendere: quando anche super Mario fa arrabbiare l’Europa
Il premier Mario Draghi (Ansa)

Stavolta anche super Mario, leader tra i più considerati a Bruxelles, fa storcere la bocca a Bruxelles. Sull’annosa questione Bolkestein - concessioni spiagge e ambulanti e rispettiva durata - il decisionismo del premier italiano si è trasformato in un semplice e banale rinvio. Nel decreto Concorrenza che non a caso  ha avuto una gestazione travagliata passando per mesi di ufficio in ufficio prima che ieri il Consiglio dei ministri desse lo stop al ping pong , è stato infatti stralciato il capitolo Bolkestein-concessioni. La Lega ha subito cantato vittoria con Salvini, Durigon e altri  pronti a rivendicare che “la Lega ha evitato il ritorno alla direttiva Bolkestein che avrebbe messo a rischio il futuro di migliaia di aziende e decine di migliaia di posti di lavoro”. Bruxelles ha risposto con uguale solerzia: l’Italia adegui rapidamente leggi e pratiche sulle concessioni alle  norme Ue. Ricordando che la procedura d’infrazione avviata nel 2016 è sempre aperta. Se per l'Italia la liberalizzazione degli stabilimenti balneari può attendere,  per Bruxelles bisogna invece fare presto. 

Esclusi dal decreto 

Nel decreto Concorrenza approvato giovedì dal governo sono stati esclusi i settori delle concessioni delle spiagge e dei venditori ambulanti. La questione risale ormai al 2006, anno della direttiva Bolkestein (da Fritz Bolkestein, il commissario per il Commercio della Commissione Prodi)   che ha imposto di applicare regole di mercato libere ai servizi e di mettere a bando anche le concessioni tra cui quelle di stabilimenti balneari e ambulanti. L'Italia ha più volte rimandato l'applicazione della direttiva sotto la pressione di proteste, barricate, manifestazioni incorrendo però nell'avvio di una procedura di infrazione. L'ultimo intervento legislativo è stato nel 2018 quando il governo giallo-verde Conte 1, su spinta della Lega, ha esteso la proroga delle concessioni di 15 anni, fino al 2033. Dopo vari tira e molla, la messa a bando delle concessioni è rimasta fuori anche dal dl Concorrenza. Non c’è da stupirsi: è stato l’unico modo per non dare ulteriori argomenti alla Lega e mandare avanti un decreto fondamentale per il Pnrr. Uno dei compromessi che Draghi deve ingoiare per andare avanti con la larga maggioranza. 

L’immediata reazione della Commissione

Bruxelles ha subito notato l’assenza della fatidica norma. “E’ prerogativa delle autorità italiane decidere come affrontare il processo di riforma per le concessioni balneari - ha detto la portavoce dell'esecutivo Ue, Sonya Gospodinova - per la Commissione è importante il contenuto non la forma di questo processo. Quindi è importante che le autorità italiane procedano velocemente per portare la propria legislazione in conformità con il diritto Ue e con la giurisprudenza della Corte di giustizia europea”. Che dicono, appunto, che ogni tot anni, le concessioni vanno messe a bando per garantire la libera concorrenza. Da qui la messa in mora nel 2016. Nella lettera  si legge che non solo non abbiamo applicato la direttiva ma non abbiamo neppure rispettato la sentenza della Corte di giustizia europea che, su un ricorso del Tar Lombardia, ha stabilito che la normativa e la prassi in vigore in Italia di prorogare automaticamente le autorizzazioni esistenti delle concessioni balneari è incompatibile con il diritto dell'Unione. Scontato l'avvio della procedura di infrazione. Governo italiano e Commissione Ue sono in contatto per risolvere la questione. 

Il compromesso

Il compromesso di Mario Draghi, per tenere buona la Lega, consiste nel disporre solo una mappatura delle concessioni demaniali da effettuarsi in sei mesi. In questo modo si dovrebbe evidenziare i casi in cui i canoni sono troppo bassi rispetto al valore di mercato. E’ lo stesso approccio avuto con la riforma del catasto. Ma per Bruxelles, appunto, non basta. E lo ha subito sottolineato. Non importa lo strumento, occorre allinearsi al diritto Ue. L'applicazione della direttiva metterebbe fine anche alla giostra di ricorsi che coinvolgono gli enti locali che hanno deciso di applicare la normativa europea non rinnovando alcune concessioni. A Roma, ad esempio, dove la giunta Raggi era sommersa di ricorsi perchè ha deciso di dare seguito alla direttiva e mettere al bando le concessioni. Vediamo ora cosa farà il nuovo sindaco Gualtieri.

Appena ieri sono circolati i dubbi di Bruxelles circa l’assenza della norma nel decreto,  i senatori della Lega nella Commissione Lavoro hanno avvertito: “Non è con i ricatti o le imposizioni che si affronta o si individua una equa soluzione per il comparto. Il nervosismo che traspare dai palazzi di Bruxelles non aiuta la distensione di una materia complessa. Ora avanti con un sostegno reale alle tante realtà produttive che stanno già programmando la prossima stagione, e che meriterebbero dall'Europa più vicinanza e meno lezioni”. 

Il Pnrr non c’entra

Ieri palazzo Chigi sottolineava che le questioni di balneari e  ambulanti non sono nella lista delle riforme previste dal Pnrr e quindi qualunque cosa possa evidenziare Bruxelles a proposito della Bolkestein, segue binari che non possono intrecciare i periodici esami e verifiche sull’attuazione del Pnrr. I soldi del Next generation Eu sono salvi. E però è chiaro che un europeista come Draghi voglia tornare sul tema, maggioranza permettendo, e non solo per evitare la multa salatissima che è l’esito finale della procedura d’infrazione che continua ad andare avanti in assenza di motivi per stopparla. 

In attesa del  Consiglio di Stato 

Fonti di governo ieri hanno fatto filtrare che in realtà il compromesso è dettato da “questioni tecniche più che politiche”.  Palazzo Chigi è in attesa del parere del Consiglio di Stato sulla validità della legge che proroga le concessioni al 2033.

I partiti annusano guai ma anche lo spazio di una battaglia politica e si schierano. Se Lega e il centrodestra è tutto compatto nel dire no alla Bolkestein perchè così si tutela “il 13% del pil italiano”,  dall’altra parte ci sono i 5 Stelle che da sempre chiedono quelle liberalizzazioni e l’accesso al mercato di determinati settori. “La questione balneari non può più attendere” dice il senatore Marco Croatti che chiede al governo Draghi di intervenire “su un oligopolio all'italiana sulle spalle dei consumatori”. Critico anche il sottosegretario agli Affari Ester Benedetto della Vedova, segretario di + Europa. “La legge sulla concorrenza si muove nella direzione giusta. Poteva essere però più incisiva e utile alla crescita e all’occupazione in Italia. Ad  esempio se la Lega non avesse proseguito la sua difesa corporativa delle rendite di posizione sulle concessioni, balneari e non solo, che andrebbero messe a gara anziché prorogate. Nel no ideologico alla Bolkestein, resta il sovranismo economico di Salvini”. Della Vedova indica anche altri punti del decreto a suo dire “insufficienti” come “allungare i tempi per la realizzazione di nuovi impianti di smaltimento dei rifiuti (questa invece una battaglia 5s) che avrà come effetto quello di continuare ad esportare rifiuti in altri paesi a costi più elevati”. Durissimo il Verde Bonelli: “Ci sono stabilimenti balneari, in Italia, che pagano solo 10 mila euro l'anno allo Stato, eppure fatturano oltre 4 milioni di euro: un privilegio, un regalo incredibile fatto con i beni dello Stato”. 

Altri punti critici

Spazzatura e impianti di smaltimento sono l’altra antica criticità italiana che il decreto Concorrenza non risolve.

Enrico Borghi, membro Pd del Copasir e responsabile sicurezza del partito, mette in guardia dal rischio di “scalate estere” sulle concessioni idroelettriche e delle rinnovabili, proprio mentre acquistano un'importanza sempre maggiore con la transizione energetica. Per la loro natura strategica “serve una rilettura dell'impianto normativo del regime concessorio”. Timore espresso anche dall'Uncem, l'unione dei Comuni montani, preoccupati che le “potenze economiche” da tutto il mondo possano “colonizzare l'idroelettrico sui territori”. Resta aperta la questione dei taxi: nel decreto si parla di “riordino delle licenze”, eppure  sono già sul piede di guerra e pronti alle barricate. “Stiamo pensando ad una invitabile  mobilitazione generale se in tempi brevi non si provvederà allo stralcio dell'articolo 7 del decreto concorrenza e la successiva trattazione dell'argomento in commissione e in Parlamento seguendo l'iter legislativo canonico” dicono le associazioni di categoria.

Il decreto concorrenza è un’altra montagna da scalare per il governo Draghi. La conversione in legge dovrà avvenire proprio nei giorni subito prima o subito prima l’elezione del nuovo capo dello Stato. L’occasione perfetta per l’incidente perfetto.

Claudia Fusanidi Claudia Fusani     
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