Alta tensione, Draghi incassa la fiducia sul dl Aiuti ma con il M5s il clima resta torrido
Il vero banco di prova, però, sarà al Senato, quando l'Aula di palazzo Madama sarà chiamata a votare la fiducia sul decreto Aiuti per il via libera definitivo
Mario Draghi incassa la fiducia alla Camera sul decreto aiuti, ma sa che per far rientrare l'allarme per il suo governo c'è ancora molto da lavorare. Il premier ieri ha riunito il Consiglio dei ministri, che ha dato via libera al ddl di ratifica dell'adesione di Svezia e Finlandia alla Nato, ma l'attenzione non può che essere puntata sul 'braccio di ferro' con il leader M5s Giuseppe Conte che continua a incalzare il suo successore a Palazzo Chigi.
L’altro ieri il presidente pentastellato è stato ricevuto per un'ora da Draghi, a cui ha consegnato un documento con nove condizioni: dalla fine della sospensione del decreto Dignità al superbonus, da un intervento straordinario per famiglie e imprese con uno scostamento di bilancio a un taglio del cuneo fiscale a favore dei lavoratori. Su queste richieste, ha ribadito oggi, serve "un segno di discontinuità" con "risposte concrete" entro luglio, perché "il tempo è scaduto" e il Movimento è "già con un piede fuori dal governo”. Ieri un "segnale" chiaro di insoddisfazione è arrivato a Montecitorio, con 28 defezioni nel gruppo pentastellato sulla fiducia.
Passa la fiducia sul dl Aiuti
Per quanto riguarda i numeri, il governo ha incassato la fiducia della Camera posta sul dl Aiuti (23 miliardi in totale di impegni economici, 13 per famiglie e imprese) con 410 sì, 49 no e un astenuto. Alla fine sono stati 28 i deputati M5S che non hanno espresso il proprio voto (escludendo il presidente Fico, 15 'ingiustificati' e 13 in missione). Dopo l’esame degli ordini del giorno al testo, avvenuto ieri pomeriggio, lunedì prossimo ci sarà il voto definitivo a Montecitorio, poi il dl Aiuti passerà al Senato che avrà pochi giorni per esaminarlo prima della scadenza, il 16 luglio. Il leader 5S in mattinata ha annunciato: "Sul dl Aiuti votiamo la fiducia, al Senato vedremo. Noi vogliamo collaborare con il governo". A Montecitorio, quindi, si è verificato il via libera dei deputati pentastellati al decreto ma, se poi ci sarà un'astensione nei prossimi giorni sul provvedimento (che contiene anche le norme su Superbonus, inceneritore di Roma e reddito di cittadinanza) al Senato lo stesso non si potrà fare perché l’astensione vale come voto contrario. Come si comporteranno i 5S a Palazzo Madama resta per il momento un'incognita, anche se tra le ipotesi che circolano c'è quella di non far mancare i numeri al governo, dando però un segnale magari con un tot di assenze mirate e, in ogni caso, uscendo dall’aula al momento del voto.
Molte le assenze tra le fila leghiste
Scorrendo i tabulati del voto, risultano comunque più alte le assenze tra le fila leghiste(in tutto 34 su 131 deputati complessivi, di cui 25 non hanno partecipato al voto e 9 in missione). Ma la tenuta dei 5 stelle si misurerà soprattutto lunedì, quando la Camera dovrà esprimersi sul voto finale sul provvedimento: la linea emersa dopo la riunione dei gruppi pentastellati è quella di astenersi sul voto finale. Ma c'è nella maggioranza (così come tra i 5 stelle), chi si dice certo che in diversi voteranno a favore anche del provvedimento,spinti dalla necessità di dare l'ok a circa 23 miliardi a sostegno di famiglie e imprese. Il voto di lunedì, dunque, offrirà un primo 'assaggio' della compattezza del Movimento sulla linea dura e sarà una prima cartina di tornasole anche sulla 'presa' della leadership di Conte sui gruppi parlamentari.
Il vero banco di prova sarà al Senato
Il vero banco di prova, però, sarà al Senato, quando l'Aula di palazzo Madama sarà chiamata a votare la fiducia sul decreto Aiuti per il via libera definitivo. A differenza della Camera, infatti, al Senato non sono previsti due voti distinti, bensì un unico voto che raggruppa la fiducia e il voto sul provvedimento. L'ex premier si guarda bene dallo scioglieresubito la riserva e, anzi, al momento non offre garanzie: "Quando il decreto arriverà al Senato vedremo...", si limita infatti a dire Conte. Ma il malessere su alcune norme contenute nel decreto Aiuti continua ad agitare il Movimento. Tanto che i deputati M5s votano prima a favore, nonostante il parerecontrario del governo, di un ordine del giorno delle opposizioni (della componente 'Manifesta') contro il termovalorizzatore,quindi mantengono e chiedono di mettere ai voti il loro odg contro il termovalorizzatore, nonostante il governo ne avesse chiesto il ritiro. Entrambi i testi vengono respinti. I 5 stelle tengono il punto anche sul superbonus, con due diversi odg, votati però da tutti gli altri partiti che pure ‘sentono’ il problema. Insomma, le tensioni sono destinate a proseguire nei prossimi giorni, in attesa della risposta chiesta da Conte al premier Mario Draghi sulle condizioni poste dal Movimento. Linea ribadita anche in Aula in dichiarazione di voto sulla fiducia. "La nostra fiducia al governo è sui miliardi che il decreto stanzia", scandisce, infatti, Luigi Gallo, che poi mette in chiaro: "Noi diamo la fiducia" al governo "oggi ma attendiamo delle risposte, ci aspettiamo misure a lungo termine, ci aspettiamo il salario minimo e la conferma del reddito di cittadinanza senza se e senza ma e del superbonus. Sono punti per noi fondamentali per proseguire questa esperienza di governo. Per noi sono condizioni imprescindibili". E a difesa del superbonus, norma bandiera dei 5 stelle, torna in campo lo stesso Beppe Grillo, dopo averdifeso il reddito di cittadinanza. Il vero interrogativo che rimbalza di bocca in bocca è se alla fine i 5 stelle lasceranno il governo. Carlo Calenda non ha dubbi: "Il Papeete di Conte arrivera' prima della pausa estiva", è la previsione temporale del leader di Azione. Non si sbottona il titolare del Mise Giancarlo Giogetti: se M5s esce dal governo, Draghi va avanti? "Dovete chiederlo a Draghi e al Parlamento se ci sono i numeri per andare avanti". Fortemente critici Iv e Forza Italia: il Movimento sta facendo "uno show indecente sulla pelle degli italiani", dice la capogruppo renziana Maria Elena Boschi. Mentre per il coordinatore azzurro Antonio Tajani il premier non deve "cedere" agli ultimatum di Conte. Il segretario del Pd,Enrico Letta, ribadisce che "con M5s continua un percorso di discussione sulle cose da fare", pur tornando a mettere in chiaro che per i dem "quello che è assolutamente fondamentale in questo momento è far uscire l'Italia e gli italiani dalla situazione di crisi" e per farlo c'è bisogno di "un governo nel pieno della sua forza”.
Draghi valuta il dossier di Conte, il problema sono le risorse
Intanto, il presidente del Consiglio sta valutando il dossier di Conte per capire su cosa sia possibile trovare qualche margine di manovra, consapevole però del fatto che si tratta, in molti casi, diprovvedimenti costosi, per i quali non ci sono molte risorse. Per questo tra i corridoi della Camera e del Senato si fa strada la convinzione che il percorso verso l'uscita dei 5s dal governo sia segnato, subito o tra qualche settimana. In tal caso, sottolinea il ministro leghista per lo Sviluppo economicoGiancarlo Giorgetti, si vedrà in Parlamento "se ci sono i numeri per andare avanti". E se il segretario del Pd Enrico Letta auspica che si possa superare rapidamente questa fase, per avere un esecutivo "nel pieno della sua forza", il numero due di Forza Italia Antonio Tajani invita Draghi a "non cedere" a "diktat" e "ultimatum". Quello grillino non è però l'unico fronte caldo per il presidente del Consiglio. Su Ius scholae e cannabis, ha ribadito anche ieri Matteo Salvini, "la Lega farà la Lega. Bisogna aumentare stipendi e pensioni, non votare leggi su droga libera o cittadinanza facile" che peraltro "non fanno parte degli accordi di governo”. Il premier, pochi giorni fa, ha voluto precisare che si tratta di provvedimenti parlamentari che non c'entrano con il governo, ma a Palazzo Chigi comunque l'attenzione è alta.
I prossimi impegni politici e internazionali di Draghi
In questo clima politico "torrido" come il luglio romano, c'è da preparare l'incontro con i sindacati, in programma martedì prossimo. Nell'ultimo confronto il premier aveva proposto una sorta di "patto sociale", per affrontare le difficoltà economiche, a partire dall'inflazione e dall'aumento del costodell'energia, per evitare un autunno di tensioni. Anche in questo caso, però, ci sarà da fare i conti con il bilancio pubblico, che il governo non vuole stressare ulteriormente. In vista, poi, anche il vertice intergovernativo in programma ad Algeri il 18 e 19 luglio. Un appuntamento, dopo la visitadell'aprile scorso, importante per confermare una partnership che per Roma è diventare fondamentale per raggiungere l'obiettivo di ridurre (e tendenzialmente azzerare) la dipendenza di gas dalla Russia. Chissà se sarà ancora in sella, allora.