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L’Italia secondo Mattarella: servono regole, rispetto, occhi sulla realtà e una sana idea di patriottismo 

“Per riorientare la convivenza”. In diciassette minuti il Capo dello Stato ha fotografato la realtà del Paese. Quattro passaggi chiave: pace/guerra; regole e Costituzione; l’idea di patria che non è nazionalismo.  Quella del Quirinale e della premier sono due narrazioni antitetiche che non vuol dire rigidamente contrapposte ma che possono ambire ad una buona sintesi. Se ci sarà ascolto e rispetto.

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   

La verità su questo Paese. Che non è il racconto trionfalistico fatto ogni giorno da premier e maggioranza. E neppure quello catastrofistico di una parte delle opposizioni. Con la misura e l’autorevolezza di sempre, Sergio Mattarella al suo decimo discorso di fine anno sembra lasciare il ruolo dell’arbitro per assumere quello del Maestro che parla con severità, lucidità e tanta pazienza ad una “classe” di discepoli per lo più indisciplinati, confusi, disorientati, divisi, irosi, cinici dove quei tanti ancora con le idee chiare fanno fatica a farsi sentire e ad indicare la strada. Certamente la politica, la classe dirigente del paese, sembra aver abdicato a questo ruolo. Anzi, alimenta caos e anarchia.

Ha parlato per diciassette minuti il Capo dello Stato. Sala del Lucernario, al debutto per il discorso di fine anno, scelta apposta da Mattarella per richiamare anche nel luogo “la luce” e la “speranza” che sono stati un po’ il leit motiv del discorso. In piedi,  Mattarella - sempre al fianco della figlia Laura - ha volutamente scelto una scenografia semplice ed essenziale, senza sfarzi nè lussi poco idonei ad un tempo di guerra e di caos come quelli che stiamo vivendo: la tre bandiere (Europa, Italia, Quirinale),    un albero di Natale in campo lungo di cui purtroppo non si è potuta scorgere la specificità: ogni pallina appesa porta indico un articolo della Costituzione. Abito blu e cravatta blu. 

Il “crescendo”

C’era molta attesa per questo decimo discorso che arriva alla fine di un periodo, gli ultimi due-tre mesi, molto intenso per il Capo dello Stato, visite di Stato in Cina e in Brasile, colloqui diretti con Capi di stato e di governo sui dossier più urgenti, a cominciare dalle guerre,  il ruolo dell’Europa nel nuovo mondo ancora molto disordinato, la tenuta delle democrazie. Così, questo discorso di fine 2024 va un po’ visto come la conclusione di un percorso e l’inizio di un altro. A ciascuno il suo, verrebbe da dire. Ai diplomatici il Capo dello Stato ha ricordato il pericolo dei miliardari che gestiscono pezzi importanti della società, monete parallele come i bitcoin, l’ intelligenza artificiale, le telecomunicazioni, i dati che sono il nuovo petrolio, a volte interi eserciti. Alle Alte Cariche dello Stato ha ricordato che la democrazia va difesa giorno dopo giorno che è un bene tanto prezioso quanto delicato. Ieri sera ha parlato al paese “diviso, lacerato, disorientato” a cui ha ricordato dove ritrovare il passo, la misura, il modo per una convivenza democratica. 

Quattro passaggi più “speciali” di altri

Nelle 12.371 battute, spazi inclusi, circa otto pagine, ciascuno di noi potrà cogliere ciò che più lo ha colpito e nell’ordine di importanza che ritiene a prescindere dal loro posizionamento nel discorso. Ci sono almeno una ventina di  passaggi da evidenziare, dalla necessità della pace alle guerre, dai giovani al lavoro che manca o è pagato poco passando per la sanità, le carceri, i femminicidi, il bisogno di sicurezza dei cittadini che però vivono in un Paese in cui grazie alle forze dell’ordine molto è stato fatto e ancora molto si può fare, la violenza “agitata” anche dal web, la fatica della sanità pubblica e i quasi cinque milioni che non si curano perchè costa troppo e le attese sono troppo lunghe,  l’appello per liberare Cecilia Sala e la valorizzazione del lavoro dei giornalisti e dell’informazione. In una parola le tante “distanze che segnano questo Paese e non solo tra nord e sud”.

In questa lezione di saggezza, misura e realismo, ci sono almeno quattro passaggi più speciali  di altri. La Pace che tutti desideriamo e di cui abbiamo bisogno e le guerre, ad esempio, “le barbarie che da Gaza all’Ucraina non risparmiano neppure il Natale e le festività più sentite”. Bene, a chi in queste settimane sta frettolosamente facendo una narrazione dei fatti per cui, complice le parole ambigue di Putin e le promesse di Trump che tra venti giorni entrerà alla Casa Bianca si debba arrivare ad una tregua ad ogni costo perchè i popoli sono stanchi di spendere soldi in armi e difesa di territori altrui, Mattarella dedica parole nette. 

“Pace non vuol dire sottomissione”

La pace - dice - non significa sottomettersi alla prepotenza di chi aggredisce gli altri Paesi con le armi, ma la pace del rispetto dei diritti umani, la pace del diritto di ogni popolo alla libertà e alla dignità”. E se non fosse sufficiente, perchè  tutto questo “è l’unica garanzia di una vera pace, evitando che vengano aggrediti altri Paesi d’Europa”. E’, se si vuole, un invito a certi leader di maggioranza ed opposizione, da Salvini a Conte per essere chiari, perchè rivedano il proprio lessico e il senso dei rispettivi proclami. 

Il secondo passaggio chiave è quando Mattarella sottolinea che per la Treccani la parola dell’anno è “rispetto”, tra individui e delle regole. Unica ricetta per ricomporre un mondo diviso e lacerato. “Vi è bisogno di riorientare la convivenza, il modo di vivere insieme” spiega il Presidente che ha il dono della sintesi e della chiarezza, poco selezionate parole che arrivano subito al cuore al cervello. Un po’ come la sua amata Costituzione. “In questo periodo sembra che il mondo sia sottoposto ad una allarmante forza centrifuga, capace di dividere, di allontanare, di radicalizzare le contrapposizioni. Sono lacerate le pubbliche opinioni. Faglie profonde attraversano le nostre società.

La realtà che viviamo ci presenta contraddizioni che generano smarrimento, sgomento, talvolta senso di impotenza”. Ecco che allora occorre appellarsi alle regole, ai fondamentali della nostra convivenza, al “rispetto verso gli altri che rappresenta il primo passo per una società più accogliente, più rassicurante, più capace di umanità. Il primo passo sulla strada per il dialogo, la collaborazione, la solidarietà, elementi su cui poggia la nostra civiltà.

Rispetto della vita, della sicurezza di chi lavora”.

E’ lunga la lista delle “cose” da rispettare, il Capo dello Stato le mette in fila dedicando un passaggio speciale e sentito ai giovani, “la grande risorsa del Paese” il cui disagio “va ascoltato” e a cui vanno date risposte concrete. “Un’attenzione particolare richiede il fenomeno della violenza  - è l’appello-denuncia del Presidente della Repubblica - ancora più allarmante quando coinvolge i nostri ragazzi. Bullismo, risse, uso di armi, alcol, droghe vecchie e nuove, comportamenti purtroppo alimentati dal web che propone sovente modelli ispirati alla prepotenza, al successo facile, allo sballo”. 

La Costituzione, la Liberazione e la Repubblica

Da regole e rispetto, in un attimo il Capo dello Stato arriva alla Costituzione e al 2025 che ricorderà gli ottanta anni della Liberazione che “è fondamento della Repubblica e presupposto della Costituzione, che hanno consentito all’Italia di riallacciare i fili della sua storia e della sua unità”. E’ il terzo passaggio chiave. Sono, appunto, i fondamentali di una “convivenza che va saputa riorientare”.

A partire dal significato storico della parola Liberazione “da tutto ciò che ostacola libertà, democrazia, dedizione all’Italia, dignità di ciascuno, lavoro, giustizia. Sono valori che animano la vita del nostro Paese, le attese delle persone, le nostre comunità e che rafforzano le nostre democrazie”. Serve,  “consolidare e sviluppare le ragioni poste dalla Costituzione alla base della comunità nazionale. È un’impresa che si trasmette da una generazione all’altra”.

E allora qui è impossibile non notare la distanza e la differenza tra “il 2025, l’anno delle grandi riforme” secondo i programmi del governo Meloni e della stessa premier e “l’anno del rispetto delle regole” a cui fa riferimento Mattarella. Sono due narrazioni antitetiche che non vuol dire rigidamente contrapposte ma che possono ambire ad una buona sintesi. Se ci sarà ascolto e rispetto.  

Il “vero” patriottismo

Sempre con queste lenti va letto il passaggio dedicato al patriottismo, scelta curiosa ma, come si vedrà, assai ben giustificata visto che la parola Patria riempie il racconto della maggioranza che governa il Paese.  Perchè patriottismo non vuol dire nazionalismo, difesa e chiusura dei confini. Anzi. “Patriottismo è quello dei medici dei pronto soccorso, quello dei nostri insegnanti, di chi fa impresa con responsabilità sociale e attenzione alla sicurezza, di chi lavora con professionalità e coscienza, di chi studia e si prepara alle responsabilità che avrà presto. Di chi si impegna nel volontariato. Degli anziani che assicurano sostegno alle loro famiglie. È patriottismo anche quello di chi, con origini in altri Paesi, ama l’Italia, ne fa propri i valori costituzionali e le leggi, ne vive appieno la quotidianità, e con il suo lavoro e con la sua sensibilità ne diventa parte e contribuisce ad arricchire la nostra comunità”. E su queste parole il 31 sera e non solo il panettone è definitivamente andato di traverso a molti che stavano ascoltato o che hanno ascoltato poi.

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
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