Altro che "miracolato", Di Maio non ne sbaglia una. Il M5S verso la svolta moderata
Il candidato premier dei Cinquestelle torna dagli Stati Uniti incassando una doppio credito diplomatico: l'apertura di un canale con l'amministrazione Trump ed anche col Vaticano di Bergoglio

Altro che "miracolato", "gaffeur cronico", "coniglio". Congiuntivi a parte, Luigi di Maio per ora non ne sbaglia una. Dopo aver schivato le insidie del confronto tv con un Matteo Renzi in affanno per l'esito delle elezioni siciliane, il candidato premier del Movimento Cinquestelle ha lasciato da parte la politica domestica e con una buona dose di lungimiranza è volato in missione a Washington, là dove cioè si decidono le sorti del mondo e si costruiscono i lasciapassare ai governi "amici". Lì ha avuto una serie di incontri con i rappresentanti del dipartimento di Stato e con i congressman americani. E ha colto due piccioni con una fava. Perchè, oltre che aver incassato il prudente accreditamento dei politici Usa, per il caso o per strategia finemente studiata, nella capitale americana il giovane leader pentastellato ha incontrato anche il Segretario di Stato vaticano, monsignor Pietro Parolin, giunto fin lì per partecipare ai lavori della conferenza episcopale americana. Difficile credere che l'incontro -ufficialmente fuori agenda-sia nato in modo estemporaneo e sulla base di una fortunata coincidenza. Anche perchè una ventina di giorni prima, in gran segreto e al riparo dall'occhio indiscreto delle telecamere, Di Maio aveva già chiesto ed ottenuto un incontro con un altro prelato stretto collaboratore di Papa Francesco.
Potere temporale e potere spirituale
Potere temporale e potere spirituale, insomma. Casa Bianca e Vaticano: due tasselli fondamentali nella costruzione della leadership per chiunque ambisca a governare l'Italia. Con Di Maio il M5S tenta dunque il cambio di pelle e sfodera il suo lato rassicurante. Lo ha fatto nell'interlocuzione con i rappresentanti ecclesiastici, a cui il candidato grillino ha garantito vicinanza nella linea a favore soprattutto dell'ambiente, della famiglia, del sociale, della dignità del lavoro. Lo ha fatto con Corad Tribble, esponente non di primissimo piano del Dipartimento di Stato americano, ma che apre per la prima volta ai 5 Stelle le porte della diplomazia "che conta". Con lui il candidato dei Cinquestelle ha fatto quasi un'inversione a U: sulla Nato, sulla Russia, su Trump. "L'Alleanza Atlantica? Siamo dentro e ci resteremo. E non escludiamo più spesa purchè indirizzata in tecnologia e intelligence, non in armi". L'Afghanistan? "Il ritiro è nel nostro programma, ma non escludiamo la partecipazione in altre missioni di pace". Sul posizionamento fra i due blocchi? "Gli Stati Uniti sono un alleato, la Russia uno storico interlocutore. Non siamo isolazionisti. Di Trump non ci piacciono le politiche energetiche, ma quelle fiscali sì. Siamo pronti a una manovra in deficit per abbattere le tasse e il costo del lavoro delle nostre imprese". E la posizione nei confronti dei populisti europei? "Niente da spartire con Marine le Pen, cercheremo convergenze sul programma, non lasceremo il paese nel caos". Insomma, parla già da premier in pectore il giovane Di Maio, consapevole che col ritorno del proporzionale, anche in un quadro di incertezza sugli schieramenti, l'incarico di governo sarà probabilmente conferito al partito, non alla coalizione, che prende più voti.