[Il punto] Prescrizione: c'è l'accordo. Intesa lampo nella maggioranza
Di Maio aveva detto al Fatto: "O c'è accordo sulla prescrizione o salta l'accordo di governo. Condono della mia casa? Vi spiego cosa è successo"

Sembrava un tema particolarmente controverso. Non era mancato chi aveva parlato di intesa ardua da raggiungere tra Lega e M5S, invece tutto si è risolto in un lampo. "Accordo trovato sulla riforma, ma solo con tempi certi", ha detto il vicepremier Matteo Salvini al termine del vertice di Palazzo Chigi dedicato al tema della prescrizione introdotta con un emendamento M5S nel ddl anticorruzione ora all'esame della Camera. E il guardasigilli Alfonso Bonafede ha precisato: "La prescrizione non cambia. Ma entrerà in vigore in modo posticipato, nell'ambito della riforma epocale della giustizia penale, l'anno prossimo. Poi chiederemo una legge delega per una riforma organica del processo che porti a tempi certi. La prescrizione resta così com'è, l'emendamento rimane al ddl anticorruzione che andrà in Aula la settimana prossima: è il primo passo di una riforma epocale della giustizia". Compromesso? La discussione è aperta.

Salvini ha spiegato che "la mediazione è stata positiva, accordo trovato in mezz’ora. Voglio tempi brevi per i processi. In galera i colpevoli, libertà per innocenti. La norma sulla prescrizione sarà nel ddl ma entra in vigore da gennaio del 2020 quando sarà approvata la riforma del processo penale. La legge delega, che scadrà a dicembre del 2019, sarà all’esame del senato la prossima settimana”.
La ministra per la Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno ha parlato di completa intesa tra le parti. "Ci sarà una legge delega che entro il dicembre 2019 stabilirà tempi certi per la durata dei processi: non c'è chi ha perso o chi ha vinto, ma piena sintonia - ha dichiarato - Noi abbiamo chiesto sempre un collegamento tra prescrizione e durata certa dei processi. E' cosi è. Siamo già al lavoro sulla scaletta delle prossime riunioni per mettere a punto una riforma complessiva del processo penale".
In precedenza Di Maio aveva fatto intendere che l'intesa sulla prescrizione era fondamentale. "O c'è l'accordo o può saltare l'accordo di governo". A Palazzo Chigi, dov'era in programma il vertice per fare il punto e trovare una intesa sulla scottante tematica, invece tutto si è concluso prima del previsto, dopo una riunione a cui hanno preso parte il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, i due vicepremier, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, e il Guardasigilli Alfonso Bonafede.
Sicuramente si è però lavorato a fondo prima dell'incontro per ottenere il risultato in modo così veloce. Le tensioni all’interno dell’esecutivo erano del resto evidenti come lo stesso vicepremier Di Maio, appena tornato dalla Cina, non nasconde in una intervista al Fatto Quotidiano.
Non nega che martedì scorso si è arrivati a un passo dalla crisi anche a causa di certe decisioni prese dagli alleati di maggioranza. Per esempio quella di sostituire il presidente dell’ASI (Agenzia Spaziale Italiana). Il leader pentastellato precisa che il suo movimento non era stato informato della decisione del ministro Bussetti e del Carroccio. Rispondendo a Luca De Carolis dice di “aver visto circolare il nome di un generale (Pasquale Preziosa, ndr) ma noi dobbiamo scegliere una persona che fa parte di quel mondo di eccellenza , in grado di reggere quel ruolo”. In sostanza “non ne faccio una questione di nome, ma di metodo, che va difeso”. Una precisazione che può anche voler dire vogliamo partecipare alla scelta.
In ogni caso, a suo avviso, non era il caso di far precipitare le cose. "La situazione è rimediabile: si risolve tutto”. A patto ovviamente di trovare la composizione delle posizioni di M5S e Lega circa la prescrizione, appunto. “La prescrizione è nel contratto e va fatta”, aveva precisato Di Maio. Ma in verità due giorni or sono i cinquestelle avevano minacciato di non votare il decreto sicurezza senza garanzie adeguate sul tema. La questione restava insomma quanto mai scottante.
Il ministro del Lavoro non lo aveva nascosto: “O arriva l'accordo sulla prescrizione o salta il Contratto di governo", diceva sul Fatto Quotidiano. E “si deve chiudere votandola dentro il ddl Anticorruzione in aula alla Camera il prima possibile”. Del resto "non possiamo dire alle famiglie delle vittime delle stragi che slitterà tutto all'anno prossimo". Insomma un vero e proprio ultimatum agli alleati di governo e al loro leader Matteo Salvini, anche se Di Maio ribadiva come i rapporti tra loro due siano sempre buoni e fa capire di confidare che si possa trovare “una quadratura del cerchio”, la famosa “quadra”, come diceva lui.
Anzi, a suo avviso i problemi arrivano quando lui e Salvini non si confrontano direttamente. In quei casi “la tensione aumenta”. Può accadere allora che ci siano ingarbugliamenti e fughe in avanti. "Semplicemente i parlamentari vanno avanti, e retroscena e indiscrezioni si inseguono. Ma la situazione si è sgonfiata", precisava sul quotidiano di Travaglio.

Votarla dentro il ddl Anticorruzione
Da un punto di vista tecnico la soluzione veniva definita semplice: “Dobbiamo chiudere sulla prescrizione, votandola dentro il ddl Anticorruzione. Non possiamo dire alle famiglie delle vittime delle stragi che slitterà tutto all'anno prossimo".
E Di Maio chiedeva grande chiarezza e lealtà tra le parti, perché – “il diavolo si annida nei particolari”. Come a voler sottolineare l’inutilità di pensare a degli escamotage per favorire comunque la prescrizione. Ovviamente si affrettava a precisare: “Non dico che lo voglia fare la Lega, ma noi dobbiamo fare sì che la riforma di questo istituto sia efficace". Un accordo in definitiva “si deve trovare”. Ed ora "la quadra" sembra sia stata trovata.
I dissidenti
Ma l'intervista sul Fatto non si limita a questi argomenti. Dopo aver sottolineato che “il governo c’è” perché il decreto sicurezza è stato approvato (col voto di fiducia) “con numeri superiori alla maggioranza assoluta”, ed “era necessario fare una ricognizione della fiducia”, Di Maio non si sottrae alla domanda sui dissidenti interni. I cinque di cui ormai si conoscono nomi, cognomi e posizioni, hanno lasciato l’aula prima della votazione e il vicepremier ne stigmatizza il comportamento: "Ho trovato questo comportamento non proprio da cuor di leoni. Hanno avuto paura di votare contro il governo, e ci hanno portato a mettere la fiducia".
Quanto alla possibile espulsione dai ranghi del partito “saranno i probiviri a decidere”. Inoltre “la procedura riguarderà tutti i comportamenti di questi giorni". Sull’argomento si è pronunciata per altro una dei dissidenti, la senatrice Paola Nugnes: “Non sono preoccupata di niente e sono tranquilla - ha detto al Corriere della Sera - Il Movimento cambia. Ma mi auguro che si possano trovare ancora punti di convergenza tra i movimentisti e M5S. Anche se venissi espulsa il risultato non cambierebbe: il decreto resta".
Il condono della casa di famiglia
Infine non poteva mancare la domanda sulla notizia diffusa da Repubblica circa il condono che il padre di Di Maio avrebbe ottenuto per la casa di famiglia di Pomigliano D’Arco con le conseguenti accuse di incoerenza. “Nel 1966 – risponde il leader pentastellato che in quella casa ha ancora la residenza – mio nonno ha costruito la casa utilizzando un regio decreto del 1942. E nel 1986 mio padre per eccesso di zelo decise di mettere ordine col Catasto perché non si sapeva neppure de mio nonno avesse prodotto tutte le carte del tempo, quando mio padre aveva 16 anni. La risposta alla richiesta giunse nel 2006: che colpa ne ha la mia famiglia?”.
La centralità del reddito di cittadinanza
Sul reddito di cittadinanza criticato dal sottosegretario della Lega Giorgetti, invece, Di Maio poi precisa: “Stiamo facendo una corsa contro il tempo, perché tanta gente non ce la fa più. Bisogna essere convinti di quello che è nel contratto di governo. E sono convinto che il Carroccio e i suoi elettori siano convinti del reddito di cittadinanza".
Si tratta del resto di un punto vitale per il M5S da cui dipenderà molto il risultato delle ormai imminenti elezioni europee. Senza la realizzazione di quella promessa il movimento potrebbe perdere credibilità e il Carroccio attirare ancora più consensi. Ma il giovane ministro a cinque stelle non ha dubbi: “Ce la faremo. Quando ci sarà il reddito sarà la nostra rivoluzione”.