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Il sottosegretario Delmastro non lascia ma raddoppia. E il ministro Crosetto non spiega i complotti

Un secondo processo per il sottosegretario alla Giustizia. Questa volta per diffamazione. Nuovi elementi di accusa nell’inchiesta Cospito. “Fece pressioni sul Dap”. Il ministro Crosetto in aula nonostante la febbre ma non chiarisce “l’opposizione giudiziaria”

Claudia Fusanidi C. Fusani   
Delmastro (Ansa)

E’ “solo” una diffamazione ma adesso i processi per il sottosegretario Andrea Delmastro diventano due. E la sua posizione si complica.  Chiedere le dimissioni, senza neppure un grado di giudizio, è eccessivo ma non c’è dubbio che Delmastro non possa restare ulteriormente nell’ufficio di via Arenula, dove ha sede il ministero della Giustizia e dove lui ricopre il ruolo di sottosegretario con deleghe delicate tra cui quella alle carceri. Con quale serenità i giudici potranno lavorare al caso mentre il “loro” sottosegretario è in carica? Giorgia Meloni, legata da antica militanza e profonda amicizia con l’avvocato piemontese, ha blindato l’amico sottosegretario. Ma è profondamente seccata di come la sua missione a Dubai per la Cop28 dove più che l’ambiente contano i numerosi bilaterali che la premier sta tenendo con i protagonisti della guerra in Israele, venga costantemente coperta dalle fastidiose notizie sul fronte italiano. Che ieri sono state almeno quattro: il secondo rinvio a giudizio per Delmastro; i nuovi elementi a suo carico nel processo per rivelazione di segreto sul caso Cospito;  il faccia a faccia del ministro Crosetto in aula alla Camera per spiegare cos’è “l’opposizione giudiziaria, l’unico vero nemico di questa maggioranza politica” (non l’ha spiegato);il rapporto del Censis che racconta l’Italia 2023 “assai pessimista alle prese con inquietudine e inerzia, un paese da dove i giovani scappano e nel 2040 solo una coppia su quattro avrà figli”. Che c’entra, direte voi, la fotografia del Censis con un governo alle prese con impicci giudiziari e che discute, da anni, su come riformare la giustizia? Perché in questo Paese si discute da trent’anni delle stesse cose, non si fa un passo avanti, al netto della propaganda del governo di turno da cui non esente neppure questo. L’unica carta disponibile, il governo tecnico di Mario Draghi, è stato licenziato per difendere la lobby dei taxi. E abbiamo detto tutto.  

Quel giudice “capitan Fracassa” 

Così Delmastro ha appellato il procuratore generale della Corte dei Conti del Piemonte Quirino Lorelli.  Tutto ruota intorno a un video che l'attuale sottosegretario diffuse su internet un paio di anni fa per commentare la procura della Corte dei Conti che volle capire meglio perchè Elena Chiorino, esponente piemontese di FdI, assessore regionale all’istruzione, avesse acquistato libri sulla storia delle Foibe da distribuire nelle scuole. Dagli accertamenti non emersero profili di danno erariale anche perché i volumi, a causa della pandemia, non furono comprati. Ma in quell’occasione Delmastro girò un video che ha avuto molti like sui social in cui definiva Lorelli il “Capitan Fracassa della sinistra giudiziaria italiana”. Immediata la querela per diffamazione.  L’8 marzo scorso un gip del tribunale cittadino aveva archiviato l'indagine perchè Delmastro, deputato, è coperto dall’immunità. A luglio però la Cassazione ha annullato il provvedimento che però, a luglio, è stato annullato dalla Cassazione per ragioni di procedura. Il fascicolo è da qualche giorno al vaglio della giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera.   

I processi diventano due 

Ma quello che complica di più la vita del sottosegretario è certamente il caso Cospito. Nelle carte del processo vi sarebbero le tracce di pressioni esercitate dal sottosegretario sui vertici del Dap per ottenere le informative della polizia penitenziaria sull'anarchico, detenuto in regime di 41 bis. Pressioni che visti i tempi, sarebbero da ricollegare al fatto che il collega Donzelli avrebbe dovuto usarle in aula. Come poi ha fatto, attaccando il Pd e soprattutto l’ex ministro della Giustizia Orlando e l’allora capogruppo Debora Serracchiani, di essere “amico dei terroristi e dei mafiosi”. I parlamentari, come sempre succede da che mondo è mondo, possono andare in visita in carcere come e quando vogliono, senza avvisare. Era novembre 2022, il governo si era insediato da poco, Delmastro e Donzelli condividevano lo stesso appartamento, e decisero di preparare una trappola per l’opposizione. Possiamo dire che gli sia venuta male, visti i risultati. Delmastro fa pressione sul Dap per avere le carte (che testimoniano il piano di Cospito e altri criminali al 41 bis per attenzione l’opinione pubblica sul regime del carcere duro) “per permettere al suo collega di partito, amico e coinquilino Giovanni Donzelli, di attaccare nell'Aula della Camera il Pd, accusando i parlamentari che avevano fatto visita ad Alfredo Cospito di voler aiutare i mafiosi al 41 bis”. In una telefonata il sottosegretario avrebbe chiesto “al capo del Dap Giovanni Russo le informative sia del Gom che del Nic”, i corpi scelti della Penitenziaria. “Il 30 mattina la segretaria del Dap continuava a premere per ottenere la relazione” avrebbe spiegato ai pm l’ex capo del Gom, il generale Mauro D'Amico. Tanto che l'informativa sarebbe stata recapitata con un motociclista. 

Nonostante sugli atti fosse scritto a carattere cubitale “a limitata divulgazione”, il sottosegretario condivide il contenuto del fascicolo con Donzelli che poi pensa bene di leggerlo in aula. 

Per Angelo Bonelli, portavoce dei Verdi, che con Riccardo Magi di + Europa presentarono  l’esposto in procura dimostrando che quel materiale era coperto da segreto e quindi non poteva essere diffuso in aula, è necessario che alla luce di queste novità il ministro della Giustizia Carlo Nordio torni in aula a spiegare. “Il quadro è sempre più inquietante - ha detto Bonelli - violare il dovere di segretezza per fornire all’onorevole Donzelli materiale per attaccare le opposizioni in Parlamento denota un uso politico degli atti di governo che è inaccettabile e gravemente dannoso per l’integrità del nostro sistema politico e delle istituzioni democratiche”. Da qui la domanda a Nordio che finora ha difeso e banalizzato il comportamento di Delmastro: “Vuole continuare a coprire il sottosegretario o difendere le istituzioni?”. Sarà difficile, per Nordio, scansare questa richiesta: le pressioni sui vertici del Dap per avere il materiale sono oggettive novità rispetto al comportamento di Delmastro. Di cui il ministro dovrà tenere conto.   

E poi ci sono i complotti. O altre inchieste in arrivo  

Se Palazzo Chigi sperava che l’intervento in aula del ministro Crosetto potesse almeno chiudere l’altro capitolo della questione giustizia - ovvero quello dell’ “opposizione giudiziaria al governo”, è rimasta deluso. Crosetto ha dimostrato senso delle istituzioni venendo in aula nonostante la febbre alta  per rispondere ad un’interpellanza di Benedetto della Vedova di + Europa. Ha dovuto anche vedere il Pd irritato perchè “resta comunque la nostra interrogazione a cui lei ministro dovrà rispondere”. “Lo farò in modo esaustivo, non si preoccupi onorevole Braga - ha replicato Crosetto - sono qui oggi perchè è arrivata prima questa interpellanza a cui devo rispondere in base al regolamento entro la settimana. Poi risponderò anche alla vostra interrogazione quando sarà il momento”. Tecnicalità che rivelano nervosismo da tutte le parti, opposizioni comprese.  

Ciò detto il confronto Crosetto- Della Vedova è stato alto, di buon livello, sono entrambi ottimi ed esperti politici, ma Della Vedova non ha avuto le risposte che chiedeva. Ovvoersia “quali fatti, signor ministro, lei ha a disposizione per parlare di opposizione giudiziaria. Poichè siamo tutti convinti che gli interventi ad un paio di congressi di correnti della magistratura non siano fatti che autorizzano il ministro della Difesa a parlare di complotti e opposizione giudiziaria, dobbiamo dedurre che lei non dice tutto quello che sa. Oppure che ha voluto mettere le mani avanti in maniera goffa”. Rispetto a nuove inchieste giudiziarie che sarebbero in arrivo e potrebbero avere per oggetto esponenti di Fratelli d’Italia. Diversamente non si spiega un’intervista così esplicita da parte del ministro della Difesa. 

Crosetto ha lamentato la “mistificazione” della sua intervista sulle toghe (domenica scorsa sul Corriere della Sera), ha  parlato di un “plotone di esecuzione” contro di lui. Ha ribadito che alcuni “interventi pubblici” di giudici sono stati “gravissimi”, che chi giudica deve avere un atteggiamento “terzo”. Crosetto ha riportato frasi dette da Stefano Musolino, segretario di Magistratura democratica che ha replicato tramite un comunicato: “Credo che il ministro non conosca alcuni fondamenti della nostra Costituzione e soprattutto il ruolo di garanzia a tutela dei diritti fondamentali che la Carta riconosce alla magistratura. Non ci facciamo intimidire da bagarre mediatiche”.  

“Allora volevi Mantovano…” 

Crosetto ha rivendicato, quasi offeso, tutta la sua fiducia nella magistratura.  “Mi sono rivolto ai magistrati quando ho dovuto denunciare i dossier (l’indagine è ancora in corso, ndr). E non ho avuto dubbi su cosa fare con il generale Vannacci e il suo libro a dimostrazione di cosa intendo io per avere un ruolo terzo”. Peccato che ieri mattina ci fossero si e no una trentina di deputati.  

Il punto vero del confronto arriva quando Della Vedova gli domanda: “Cosa voleva fare? Mettere le mani avanti rispetto ad eventuali provvedimenti giudiziari a carico di membri del governo o della maggioranza?”. Crosetto non può rispondere. I due poi, che si conoscono e si stimano da almeno vent’anni, concludono il confronto in privato. Davanti a un caffè alla buvette della Camera. Top secret su tutto. Tranne una frase: “Allora volevi chiamare in causa Mantovano (il sottosegretario alla Presidenza del consiglio, magistrato ndr)”. In certe situazioni, messi in fila gli addendi dell’operazione, parla l’evidenza. Non serve aggiungere altro.    

Claudia Fusanidi C. Fusani   
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