[Il caso] Il mistero del delitto Scopelliti: ora si aprono scenari inquietanti
La Procura distrettuale di Reggio Calabria ha iscritto nel registro degli indagati 17 tra boss e affiliati a cosche mafiose e di 'ndrangheta in relazione all'omicidio del magistrato, assassinato in un agguato. Tra gli indagati anche il boss latitante Matteo Messina Denaro. L'alleanza mafia-'ndrangheta

Qualcuno dice seicento. Altri, invece, settecento. C’è persino chi si spinge fino a mille. Sono i morti ammazzati nell’ambito della seconda guerra di ‘ndrangheta, che, tra il 1985 e il 1991 ha insanguinato la provincia di Reggio Calabria e non solo. Poi, il 9 agosto del 1991, l’omicidio del giudice Antonino Scopelliti e, nel giro di poche settimane, la fine delle ostilità.
Da sempre, il delitto del sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione rappresenta uno dei misteri più grandi sui possibili accordi tra la criminalità organizzata calabrese e Cosa Nostra, probabilmente in combutta con pezzi deviati dello Stato. L’indiscrezione pubblicata da “La Repubblica”, quindi, apre scenari inediti e inquietanti. La Procura distrettuale di Reggio Calabria ha iscritto nel registro degli indagati 17 tra boss e affiliati a cosche mafiose e di 'ndrangheta in relazione all'omicidio del magistrato, assassinato in un agguato in località "Piale" di Villa San Giovanni mentre faceva rientro a Campo Calabro. Tra gli indagati figura anche il boss latitante Matteo Messina Denaro. Nella nuova inchiesta sull'omicidio del magistrato di Cassazione Antonino Scopelliti, sono indagati alcuni esponenti di vertice della 'ndrangheta, oltre a quelli di spicco della mafia siciliana. Oltre a Matteo Messina Denaro, sono coinvolti altri sei siciliani, i catanesi Marcello D'Agata, Aldo Ercolano, Eugenio Galea, Vincenzo Salvatore Santapaola, Francesco Romeo e Maurizio Avola. Dieci gli indagati calabresi: Giuseppe Piromalli, Giovanni e Paquale Tegano, Antonino Pesce, Giorgio De Stefano, Vincenzo Zito, Pasquale e Vincenzo Bertuca, Santo Araniti e Gino Molinetti. Si tratta, quindi, di alcuni tra i soggetti più importanti delle due organizzazioni. Oltre al noto Messina Denaro, significativo sarebbe il coinvolgimento di D’Agata. Sul fronte calabrese, invece, cognomi che appartengono al gotha della ‘ndrangheta: dai Piromalli di Gioia Tauro ai Pesce di Rosarno, fino ad arrivare alle storiche famiglie del quartiere Archi di Reggio Calabria, i Tegano e i De Stefano, anche attraverso il ruolo di Molinetti, da sempre indicato come uno dei killer più letali della ‘ndrangheta. Le famiglie Zito e Bertuca, egemoni su Villa San Giovanni e dintorni, potrebbero invece essere state coinvolte proprio per ragioni territoriali, dato che il delitto avvenne nelle loro zone di competenza.

Lo scenario inquietante, da sempre paventato, è quello di un'alleanza mafia-'ndrangheta. Scopelliti potrebbe essere stato ucciso dalle 'ndrine per fare un favore a Totò Riina che temeva l'esito del giudizio della Cassazione sul maxiprocesso a Cosa nostra: in quel procedimento istruito da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Scopelliti avrebbe dovuto rappresentare l’accusa. Cosa Nostra, quindi, avrebbe fatto da garante per la pace delle cosche calabresi dopo gli anni della mattanza, in cambio dell’eliminazione di Scopelliti, voluta, secondo l’ex braccio destro del boss siciliano Marcello D’Agata, quel Maurizio Avola oggi collaboratore di giustizia, anche da Matteo Messina Denaro, primula rossa di Cosa Nostra, ancora adesso latitante. Sarebbe stato proprio Avola a far ritrovare, nell'agosto scorso, il fucile che sarebbe stato utilizzato per uccidere Scopelliti: arma che era nascosta nelle campagne in provincia di Catania. I tecnici dovranno analizzare il fucile calibro 12, 50 cartucce Fiocchi, un borsone blu e due buste, una blu con la scritta "Mukuku casual wear" ed una grigia con scritto "Boutique Loris via R. Imbriani 137 - Catania" alla ricerca di tracce genetiche, balistiche e impronte che potrebbero trovarsi sui reperti e che potrebbero risultare decisive per le indagini. Essendo accertamenti irripetibili, è necessaria la presenza di tecnici nominati dagli indagati. Da qui la necessità di dare comunicazione agli indagati attraverso un avviso di garanzia per permettere loro di nominare propri consulenti.
Un inquietante e oscuro “accurduni” tra le due più potenti organizzazioni criminali. La pax mafiosa tra le cosche di ‘ndrangheta potrebbe essere stata edificata sul sangue del magistrato: una pianificazione che sarebbe avvenuta in un summit mafioso svoltosi nella primavera del 1991 a Trapani cui avrebbe partecipato Matteo Messina Denaro. Un “delitto eccellente”, che andrebbe anche in antitesi rispetto alla strategia messa in atto, negli anni, dalla ‘ndrangheta. Se, infatti, Cosa Nostra, ha da sempre sfidato apertamente lo Stato, attraverso stragi di politici, poliziotti, sindacalisti, magistrati, che hanno insanguinato le strade della Sicilia, ma non solo, la ‘ndrangheta ha sempre adottato la strategia della sommersione. Scopelliti è la carica istituzionale più alta mai uccisa in Calabria: proprio la scelta di non sfidare lo Stato, ma di creare uno Stato parallelo, rappresenta probabilmente la strategia di maggiore successo della ‘ndrangheta, che ha così potuto, anche attraverso legami occulti e paraistituzionali, come quelli con massoneria e servizi segreti, diventare l’organizzazione criminale più pervasiva.
Un mistero lungo quasi 28 anni, così longevo che, secondo molti, potrebbe aver goduto anche di protezioni occulte, che andrebbero ben oltre il grado militare delle mafie e l’omertà che le contraddistingue.
L'ipotesi dell'accordo mafia-'ndrangheta era stata presa in esame sin dall'epoca del delitto, proprio perché Scopelliti doveva sostenere l'accusa nel maxi processo in Cassazione alla mafia. I vertici della "cupola" siciiliana finirono a processo. Boss del calibro di Bernardo Provenzano, Giuseppe Calò, Bernardo Brusca, Nitto Santapaola ed i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, furono però assolti in via definitiva dall'accusa di avere svolto un ruolo nell'assassinio dell'alto magistrato.
La verità, negli anni, è apparsa una chimera. Ora, però, gli atti disposti dalla Dda di Reggio Calabria potrebbero rappresentare una svolta decisiva. Non solo per il delitto in sé, ma anche per tracciare un nuovo profilo della criminalità organizzata calabrese, da sempre sottovalutata e ritenuta una mafia “di serie B”, ma – e i segnali sono sempre più numerosi – evidentemente inserita nei gangli delle Istituzioni e probabilmente protagonista di alcuni degli episodi più oscuri della storia d’Italia. Il delitto Scopelliti sarebbe uno di questi.