E’ allarme Covid dalla Cina. Mentre la maggioranza vota la fine della pandemia
Giornata politica schizofrenica. La Camera dei deputati sta per convertire in legge il primo decreto del governo Meloni contro i rave party e le residue misure anti Covid. Ma il governo deve prendere atto del nuovo allarme: metà dei passeggeri in arrivo dalla Cina trovati positivi al virus. Il ministro Schillaci impone nuovi obblighi. Il terrore delle varianti. Il Quirinale vigila sulla conversione. Le opposizioni puntano a far decadere il decreto

Nel giorno in cui il Parlamento si appresta ad approvare un decreto che cancella ogni residuo di protezione e cautela rispetto al Covid, il ministro della Sanità Orazio Schillaci firma una circolare che ci riporta indietro di due anni e undici mesi quando dalla Cina arrivò il virus. Non è il plot di un giallo a sfondo pandemico tutto virus e contagi ma lo strabismo di certa classe dirigente e la miopia di una maggioranza assai frettolosa nel giudicare il Covid il passato remoto. Per cui quello che può sembrare un paradosso è invece la cronaca dei fatti di ieri. E’ un dramma per ora in due tempi. Sapendo che già oggi e nei giorni a seguire saranno scritti ulteriori episodi. E pagine.
Uno su due positivo
Ieri sono arrivate notizie allarmanti dagli aeroporti di Malpensa e Fiumicino. Su iniziativa di Guido Bertolaso, assessore alla Sanità della Regione Lombardia, sono stati effettuati i tamponi sui passeggeri dei due primi voli in arrivo dalla Cina dove dopo tre anni di chiusura e una sola dose di vaccino poco performante hanno aperto i cancelli e detto bomba-libera-tutti. In concomitanza con il Capodanno cinese - esattamente come nel gennaio 2020 - milioni di cinesi hanno iniziato a partire. E tutto questo mentre in Cina ci sarebbero qualcosa come 5mila morti al giorno e una velocità di contagio da far rabbrividire.
Iniziativa analoga a quella di Malpensa è stata presa a Fiumicino. Risultato: il 50 per cento dei passeggeri è risultati positivo. Il ministro Schillaci, lo ha stesso che ha messo la firma sul decreto rave che cancella tutte le sopravvissute misure anti-Covid, ha firmato una circolare in cui impone l’obbligo di tampone per chi arriva dalla Cina. Con la stessa ordinanza si chiede la ricerca di nuove varianti nei tamponi effettuati. Perchè sequenziare, come ormai abbiamo imparato, è urgente.
Il decreto rave e Covid
Nelle stesse ore in cui venivano diffuse queste notizie la Camera dei deputati era riunita per votare la fiducia (ottenuta ieri sera intorno alle 20) sul primo decreto approvato dal Consiglio dei ministri per “debellare l’emergenza rave party”. Parliamo di feste illegali che durano 2-3 giorni, dove sicuramente circolano droghe e alcol, organizzate in luoghi abbandonati.In Italia ce ne sono circa 3-4 l’anno. Per il governo Meloni il 30 ottobre scorso questa era l’emergenza in Italia. In questo primo decreto col forte sapore di dividendo elettorale da staccare in favore del proprio elettorato, ciascuna forza politica ha infilato quello che le serviva per gratificare la base. Soprattutto una serie di norme che fanno piazza pulita degli ultimi obblighi rimasti: mascherine sui mezzi pubblici, negli ospedali e nelle Rsa; obbligo di vaccino per i medici e personale sanitario; reintegro immediato di medici e infermieri e oss non vaccinati; congelamento delle multe; azzeramento di ogni forma di isolamento anche per cinque giorni. In pratica la smentita dei principi che hanno guidato due anni di misure anti Covid. Tutto ciò ha sottinteso che i dati del contagio vengono dati poco e male e che la gente ha smesso di vaccinarsi (25% di quarte dosi contro 85% di terze dosi).
La lunga notte delle opposizioni
Va detto che il Quirinale il 30 ottobre scorso ha firmato quel testo nonostante la scarsa necessità e ancora minore urgenza. Nonostante l’assenza di omogeneità visto che il decreto è diventato un contenitore omnibus. Sarebbe stato imbarazzante mandare indietro il primo atto del nuovo governo. Non è detto però che il Quirinale lo controfirmi ora così com’è entro la mezzanotte di domani 30 dicembre, data oltre la quale il provvedimento decade. E’ ciò a cui stanno puntando le opposizioni: la fiducia è passata ieri intorno alle 20 con 206 si e 145 contrari su 355 votanti. Poco prima le opposizioni hanno presentato 160 ordini del giorno chiedendo di poterli illustrare tutti. Una maratona oratoria finalizzata a bruciare i tempi della conversione. “Non chiamatelo ostruzionismo - ha detto Piero Fassino (Pd) - è un inviato a ripensarci alla luce di ciò che sta accadendo”. A quel punto la maggioranza ha chiesto la seduta fiume, ovverosia andare avanti senza interruzioni, salvo pause tecniche, fino al voto finale che palazzo Chigi vuole sia al massimo il 30 mattina.
Tensioni in aula
Nella nottata in aula ci sono stati vari momenti di tensione perchè la maggioranza ha più volte espresso insofferenza verso le opposizioni e i loro argomenti su Covid, incoerenza del decreto, rave party e ergastolo ostativo (c’è anche quello). “Se non la smettete, provvediamo noi a farlo” ha minacciato ad un certo punto un deputato di Fratelli d’Italia. “Caro collega - gli ha risposto Federico Fornaro - la novità è che adesso devi imparare ad ascoltare. Si chiama democrazia”. E via di questo passo con altri momenti di bagarre. Come quando la capogruppo del Pd Debora Serracchiani ha accusato il governo di aver scippato i poteri del Parlamento. Era successo infatti che il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani quando nel pomeriggio già si parlava di ostruzionismo delle opposizioni ha anticipato l’apposizione della cosiddetta “tagliola”, lo stop al dibattito parlamentare. La “tagliola”, dopo due mesi di governo, sarebbe di per sè una sconfitta per la maggioranza. Il problema è che non può essere il ministro ad annunciarla visto che è una prerogativa esclusiva del Presidente dell’aula. “A meno che - ha sottolineato Serracchiani - lei presidente Fontana non sia lì solo per fare l’esecutore del ministro Ciriani”. Il Presidente della Camera ha chiesto “collaborazione da parte di tutti” proprio per evitare la tagliola. Poi ha convocato Ciriani. Negli stessi minuti, ieri sera intorno alle 19, in cui il Consiglio dei ministri ascoltava preoccupato l’informativa del ministro della Salute Oreste Schillaci e il ripristino di obbligo di tamponi negli aeroporti per controllare i viaggiatori in arrivo dalla Cina.
Il ministro oggi in aula
L’ordine di palazzo Chigi è di non creare allarme. Un po’ difficile visti i dati della diffusione del virus nel paese asiatico. Secondo la società di ricerca britannica Airfinity (dalla Cin si sa come sempre poco o nulla) ad oggi ci sono oltre un milione di nuovi casi e almeno 5 mila morti al giorno. Alcune immagini “rubate” raccontano di sacchi di cadaveri in fila in attesa di essere cremati e ospedali al collasso. E tutto perchè dopo tre anni di quasi lock down, il governo di Pechino pressato dai dati economici e dalle proteste ha deciso di aprire tutto e senza condizioni.
Lo spettro di un ritorno ai tempi più bui della pandemia dunque si riaffaccia e oggi pomeriggio il ministro è costretto a riferire al Senato. Alle 17 di ieri il leader del Terzo Polo Carlo Calenda è stato il promo a chiedere la presenza del ministro della Salute. “Tra i frizzi e i lazzi della maggioranza sulla legge di bilancio, abbiamo chiesto al Ministro della Salute di venire a riferire in Parlamento sul rischio Covid dalla Cina. Gli italiani hanno il diritto di conoscere come il Governo intenda affrontare questa possibile nuova emergenza sanitaria”. I deputati sempre del Terzo Polo Bonetti e Richetti hanno denunciato “lo strabismo di questo governo e del ministro Schillaci sulla gestione dell’emergenza Covid. Da un lato, a colpi di forzature, siamo in Aula a convertire il decreto Rave che contiene il colpo finale alle residue misure anti Covid, dall'altro, assistiamo all’emanazione di un’ordinanza che impone il tampone a chi rientra dalla Cina, in considerazione delle allarmanti notizie che provengono da quel Paese”. La situazione è seria, molto. E lo stesso ministro ieri sera lasciando Palazzo Chigi ha ammesso che servono nuove misure. “Noi siamo tranquilli” ha ripetuto.
Tutto il mondo in allarme
Ma la decisione di Pechino di riaprire le frontiere dopo tre anni e il liberi tutti sui viaggi nel pieno dell'ondata che sta travolgendo il Dragone rischiano infatti di provocare un nuovo disastro globale. Anche l'America ha imposto l'obbligo di test negativo per i viaggiatori in arrivo dalla Cina, dove nel frattempo si allungano le file di malati davanti agli ospedali e gli obitori - secondo le informazioni che filtrano - sono al collasso.
La prima decisione del governo è arrivata ieri mattina: obbligo di test e la quarantena per chi viene trovato positivo. Il problema è dove visto che le strutture di isolamento sono state smantellate. E con quale possibilità di reale tracciamento e controllo visto che milioni di cinesi sono in movimento e in viaggio per il capodanno cinese.
Non è solo l'Italia ad essere preoccupata. Tamponi obbligatori sono stati già decisi da Usa, India, Giappone, Malesia e Taiwan. Mentre la Commissione europea ha convocato per stamani il Comitato Ue per la Sicurezza Sanitaria “per discutere con gli Stati membri e le agenzie europee le possibili misure per un approccio coordinato”. L’obbligo di tampone ed isolamento di positivi deve essere previsto in ogni paese Ue.
Obbligo di tracciamento e isolamento. Ma dove?
Nella sua ordinanza Schillaci ha disposto anche il sequenziamento del virus, misura indispensabile per garantire la sorveglianza e l'individuazione di eventuali varianti. Sarebbero infatti proprio le nuove varianti che si stanno sviluppando in Cina, oltre all'allentamento delle restrizioni, le ragioni dell'impennata del Covid: in particolare la cosiddetta Gryphon, cioè la XBB, indiziata numero uno per l'aumento di casi e ricoveri. Intanto preoccupano i dati del Lazio che ha registrato un boom di contagi con un aumento di 2250 casi nelle ultime 24 ore: il rapporto tra positivi e tamponi è schizzato al 17%, oltre 5 punti in più rispetto al giorno prima.
La domanda è come può la maggioranza pretendere di convertire un decreto che dà per scontata la fine del Covid mentre il Covid sta provando a tornare. Sempre dalla Cina. Come tre anni fa.