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[L’inchiesta] Case vuote, negozi chiusi e niente Olimpiadi. La decrescita infelice di Torino

Stretta nella sua tenaglia, la Appendino, la bocconiana efficiente e la sindaca pragmatica «che parlava come una di noi», come dicevano alcuni renziani, è costretta a fare i conti con un maggioranza che da queste parti è soprattutto No Tav e con una città che deve cambiare tutto ma che non è capace a farlo. Nella loro impotenza, guardano a certi eventi come doni dal cielo. Non possono sperare in altro, per colpa loro, ma cosa importa. Per questo la Appendino rischia di pagare questo no alle Olimpiadi più di tutto il resto

[L’inchiesta] Case vuote, negozi chiusi e niente Olimpiadi. La decrescita infelice di Torino

Sarà che la sfiga ci vede benissimo, come diceva quel tale, però un po’ è vero che piove sempre sul bagnato. E Torino, la città italiana diventata a sua insaputa il simbolo di questa crisi infinita che ci morde le gambe e la vita ormai, con i suoi alloggi sfitti, i negozi che chiudono e gli stranieri che scappano perchè non c’è più lavoro, ogni volta che sogna un rilancio lo vede sfumare via. L’ultima occasione perduta è quella delle Olimpiadi 2026, dalle quali s’è appena sfilata. Il bello è che la sindaca che ha detto di no, Chiara Appendino, era una dei pochi che le voleva nella sua maggioranza in Consiglio Comunale, almeno stando a sentire Sergio Chiamparino, presidente pd della Regione, ma suo fedele alleato in nome della «concordia istituzionale», che l’ha accompagnata in tutti i suoi viaggi a Roma per sostenere la causa persa di Torino 2026. Lei adesso passa da un’intervista all’altra e ribadisce sempre la stessa cosa, che ha detto prima alla Stampa e poi ripetuto alla RadioRai e a tutti gli altri: «Il governo ha detto in modo chiaro che non metterà risorse per finanziare questo evento. Allora il punto è chiaro: come possono una Regione o un Comune aderire se non c’è la garanzia di un contributo statale? Da parte nostra oggi non ci sono le condizioni. Poi, ovviamente, c’è un governo che fa delle scelte».

Casse comunali sono dissestate

Che non c’è un euro, signor padrone, è vero. Le casse comunali sono dissestate. E non da oggi, sia chiaro. Ma oltre a questo la Appendino si è trovata a combattere, stretta in una tenaglia tra chi quelle  Olimpiadi non le voleva dall’inizio, e cioé buona parte della sua maggioranza a Cinque Stelle, e chi le avrebbe volute a tutti i costi perché ci vedeva l’unica possibilità di rinascita, ossia la città con le sue espressioni imprenditoriali in prima fila. Obtorto collo, ha finito per dar retta alla maggioranza del gruppo consiliare del partito. Ma questo purtroppo non è l’unico caso controverso. Prima c’erano state le manifestazioni culturali volate via negli ultimi due anni, dal Torino Jazz festival al Fringo, la rassegna di musica lungo i Mjurazzi, e i tagli alla cultura, con i licenziamenti alla Biblioteca della Gam e alla Fondazione Torino Musei. C’è il Salone del Libro che non ha i soldi per pagare dieci milioni di debiti e chissà fino a quando potrà resistere. Per tutto questo, Augusta Montaruti e Maurizio Marrone di Fdi hanno chiesto a gran voce le sue dimissioni: «E’ colpa sua, della sua incapacità anche nel tenere insieme la sua maggioranza, se Torino perde l’occasione delle Olimpiadi. I Cinque Stelle stanno condannando la città al collasso e all’irrilevanza. Basta danni, l’unica soluzione è che l’Appendino prenda coscienza dei disastri che sta combinando e che sono irreversebili. Non vogliamo morire sotto la scure della sua incompetenza. Rischia di cancellare l’unica vocazione di sviluppo che Torino stava recuperando al posto della produzione industriale, ovvero l’attrattività di grandi eventi internazionali».

La sfortuna non vuole mollare Torino

Sarà sfiga, o chiamatela come volete voi. Ma c’è come una maledizione che si accanisce su chi rappresenta questa città. Persino Ronaldo, il più forte giocatore del mondo ma anche il più amato, che da solo ha il doppio e il triplo di follower di qualsiasi società in cui gioca fosse pure il mitico Real Madrid, che quando segna a Torino esultano fino a Udine dove si sta giocando un’altra partita, persino Ronaldo viene espulso ingiustamente e in maniera assurda come se fosse il centravanti dell’Albinoleffe e se ne va in lacrime dal campo. Solo che Torino per ora non riesce a fare quello che ha fatto la Juventus: vincere lo stesso. E comunque il primo segno di questa maledizione è arrivato che c’era di nuovo di mezzo la Juventus, 3 giugno 2017, finale di Champions con il Real, e a piazza San Carlo rimasero ferite 1526 persone e morì una ragazza in un’assurda bolgia senza senso. Coinvolta nell’inchiesta, Appendino indicò Paolo Giordana, onnipotente capo di Gabinetto del sindaco arrivato al piano nobile di Palazzo Civico dopo un lungo apprendistato nel pd, ex seminarista che postava l’immagine del cardinale Mazzarino sul suo profilo facebook, come il responsabile dell’organizzazione della serata: «Fu il mio capo di gabinetto a dirmi, non ricordo né dove né quando, che Turismo Torino era disponibile e interessata a organizzare questo evento». Poi Giordana fu costretto a dimettersi un anno dopo, per una multa fatta revocare a un suo amico che non aveva pagato il biglietto del bus, e da allora deve essere tornato alle origini pre Cinque Stelle visto che di Di Maio ora dice semplicemente che «è strutturalmente limitato, e prima se ne va a casa meglio è».

In 5 anni hanno chiuso 3300 imprese

Per la vicenda di Piazza San Carlo, la Appendino dovrà essere processata assieme ad altri 14 imputati. Per Torino invece il processo della crisi è cominciato da un bel pezzo e non sembra che possa finire tanto presto. Secondo la Camera di Commercio, l’Ascom e la Confesercenti in cinque anni hanno chiuso già 3300 imprese commerciali. Il sito Mole24.it descrive la desolazione delle vie del centro, Garibaldi, Cernaia, Pietro Micca, Santa Chiara, San Domenico, Bligny: «hanno chiuso bistrot, bar, gallerie d’arte, negozi di giocattoli e di abbigliamento, le profumerie». Ogni anno la città perde più di quattromila residenti, e se ne vanno anche i cittadini di origini straniera, soprattutto per la crisi dell’edilizia: una minoranza torna in patria, ma la maggior parte ha trovato lavoro in un’altra città. A testimoniare le difficoltà in cui si dibatte Torino, c’è il dato incredibile delle case: addirittura più del dieci per cento sono vuote, 58mila e 419 su 506mila. «Non si trova nessuno che è in grado di pagare quegli affitti», spiegano all’Unione dei piccoli proprietari immobiliari. «E non credo che si tratti di un fenomeno a cui si possa porere rimedio in breve tempo», aggiunge la presidente, Piera Bassi. Purtroppo, Torino sta imparando sulla sua pelle che la decrescita non è mai felice. Stretta nella sua tenaglia, la Appendino, la bocconiana efficiente e la sindaca pragmatica «che parlava come una di noi», come dicevano alcuni renziani, è costretta a fare i conti con un maggioranza che da queste parti è soprattutto No Tav e con una città che deve cambiare tutto ma che non è capace a farlo. Nella loro impotenza, guardano a certi eventi come doni dal cielo. Non possono sperare in altro, per colpa loro, ma cosa importa. Per questo la Appendino rischia di pagare questo no alle Olimpiadi più di tutto il resto. Sotto la Mole, persino l’arrivo di Ronaldo l’avevano visto come una benedizione che poteva aiutare una città. Per ora aveva fatto più lui di tanti altri. Poi arriva Fritz e lo caccia come un pirla qualunque.

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno, editorialista   
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