“Zingaretti svolta a sinistra ma non basta lo ius soli, serve anche il lavoro. Di Maio sconcertato? Pensi al caso Ilva"
Per l’ex ministro e presidente della commissione lavoro della Camera Damiano ora servono azioni serie di governo. Per recuperare bisogna offrire risposte diverse da quelle degli ultimi tempi. Ecco come si fa a togliere terreno alla destra ri-nascente

Nelle intenzioni del leader del Pd Nicola Zingaretti la tre giorni di Bologna, intitolata "Tutta un'altra storia", che ha visto riuniti gli alti esponenti del partito con le forze del lavoro, i giovani, il mondo della produzione, le associazioni e gli amministratori locali, voleva “offrire una speranza all’Italia”. Costruire una proposta valida “affinché gli italiani – sue le parole – tornino ad essere felici e a non temere il futuro”. Poi ha chiuso preoccupandosi in primo luogo dello ius soli e dello ius culturae, (argomenti importanti ma non prioritari per tutti) ed ha suscitato qualche malumore all’interno. Critiche più o meno sommesse sono piovute anche dal resto della sinistra e dagli alleati di governo, oltre che, inevitabilmente, dal fronte dell’opposizione. Il segretario si è tolto comunque qualche sassolino riferendosi a chi combatte il Pd per rosicchiare un po’ di consenso personale e, a scanso di equivoci, ha voluto chiarire: “Siamo noi quelli destinati a rimanere il pilastro contro la risorgente destra”. In ogni caso le sue parole sono sembrate orientate a un cambio di direzione. Parole diverse rispetto al passato. Ma si è trattato di una vera e propria svolta? Per Cesare Damiano, ex ministro ed esponente di spicco del partito, “si è cercato di recuperare una fisionomia più distinguibile, connotata in modo più definito verso sinistra, durante un fine settimana di confronto politico vero anche con esponenti del mondo sindacale, dell’impresa e del civismo". Con una precisazione fondamentale: "Non è però che l’inizio di un percorso, anche se l’inizio è importante”.
Perché è importante? Il discorso è interessante e merita di essere approfondito.
“Perché è importante riavviare l’elaborazione culturale, non c’è dubbio. Perché – a volerla fare semplice - se la tua cultura è ben connotata sai cosa dire e cosa fare. Hai la barra del timone ben orientata e tutti vedono con precisione in che direzione proponi di andare. Per questo è necessario che le indicazioni emerse dalla tre giorni di Bologna si traducano in una coerente azione di Governo. Altrimenti saremmo solo schizofrenici”.

Lei parla di spostamento a sinistra, ma non è mancata qualche critica sulla priorità data a questioni come lo ius soli e lo ius culturae. Basta al Pd per recuperare il consenso perso negli ultimi anni tra lavoratori, giovani e cittadini?
“Zingaretti ha segnato la chiusura della manifestazione facendo ciò che ci si attende da un segretario: trasformare un impulso politico in quella che ha definito una nuova agenda. Penso che ciò significhi gettare le basi di un programma. I punti indicati, che hanno riguardato anche le misure economiche e sociali da mettere in campo, ma di cui si è parlato molto meno sui media, sono un segno di discontinuità effettiva rispetto al precedente governo. Discontinuità che, finora, aveva faticato a emergere. E voglio ricordare che i decreti sicurezza gialloverdi contengono norme che non consentono un contrasto efficace e ordinato alla immigrazione irregolare. In realtà hanno trasformato in clandestini tante persone che erano inserite in un percorso di legalità e messo in mezzo alla strada migliaia di operatori del settore. Rimetter mano a quei provvedimenti sciagurati non è un’esibizione di buoni sentimenti, ma di politica tout court”.
Con gli alleati del M5S non mancano attriti. Anche in questa occasione Di Maio si è detto sconcertato da uno Zingaretti che parla di ius soli mentre 11mila lavoratori Ilva rischiano il posto e Venezia affonda.
“Di Maio dovrebbe essere sconcertato in primo luogo dalla responsabilità che ha nell’aver portato la questione dell’Ilva a questo punto. Da ministro dello Sviluppo Economico – oltre che del lavoro – del governo Conte 1 ha firmato con Arcelor Mittal il contratto di affitto di ramo d’impresa che ha avuto un peso consistente all’aggravarsi di quella situazione. Dopo di che, la crisi di consenso che il M5S sta soffrendo mi pare abbia completamente disorientato il suo gruppo dirigente. Mi sembra che il punto sia che perdono voti a destra come a sinistra. Se sono sconcertati da un impulso alla discontinuità nell’azione di Governo non credo possano prendersela con gli alleati. E trovo singolari queste continue dichiarazioni che sembrano appartenere più a un esponente dell’opposizione che al leader di un partito di maggioranza”.

Nel frattempo Salvini continua a crescere nei consensi e certi argomenti che le destre cavalcano nel nostro Paese trovano il gradimento degli elettori. Come si fa a togliere terreno alla destra ri-nascente?
“La destra ha saputo offrire risposte facili e comprensibili a quella crepa tra la sicurezza, che appare perduta, e l’angoscia per ciò che abbiamo di fronte, che colpisce il ceto medio condannato a sentirsi sulla via del declino. Lo fa nel suo modo: indicando dei colpevoli e affermando che una volta sconfitti quelli, tutto andrà bene. Succede in Italia così come in tutto l’Occidente. Per recuperare terreno tocca a noi offrire una risposta diversa. Dobbiamo essere noi a offrire al Paese una visione traducibile in politiche pubbliche indirizzate a chiudere quella crepa. A chiudere il gap tra ricchezze sempre più grandi e povertà sempre più diffuse, tra continuità e discontinuità nel lavoro e nella contribuzione, tra chi può accedere a occupazioni ad alto tasso di crescita tecnologica e chi dipende dall’arbitrio dei caporali, tra le retribuzioni delle donne e degli uomini, tra chi vive nella prosperità nei centri e chi langue nella dissoluzione delle periferie, tra chi può ancora sperare di progredire là dove ha le sue radici e chi non può fare altro che la valigia".
Non è certo un compito facile.
"No, ma è inevitabile. Sennò non potremo competere con quella destra”.

Renzi ha dichiarato di voler assorbire il consenso del Pd nello stesso modo in cui Macron fece con i socialisti francesi. Le sue parole continuano ad essere divisive a sinistra?
“Renzi ha un problema. Anzi due. Uno il suo carattere, che lo porta sempre a giocare soltanto se è lui a dare le carte. L’altro, una volta fondato un partito proprietario, quello di darsi un profilo, un posizionamento distinguibile. E per far questo non riesce a far molto di più che cannoneggiare quotidianamente il governo di cui fa parte. In questo noto molte similitudini con Di Maio. Dice di voler far suo l’elettorato di centrosinistra e offre “casa” a politici di destra. Più che dividere, al momento, mi sembra faccia prevalentemente confusione”.
In questo scenario variegato e complesso, lei ha una proposta sul ruolo che dovrebbe svolgere il Partito Democratico?
“Dobbiamo essere la forza del dialogo sociale. Farci portatori del confronto con le forze produttive per la costruzione di politiche economiche, sociali e industriali che comincino a tirar fuori il Paese dalle secche. Credo sia il segno che tutti attendono per recuperare un po’ di fiducia nell’immediato. Se si continua a parlare astrattamente di “futuro” e di chi “ce la fa” come ha fatto Renzi nei suoi anni, il Paese si consegnerà definitivamente alla destra”.
Scendendo di più nel particolare?
“Bisogna mettere davvero al centro della nostra iniziativa politica e parlamentare il lavoro e lo stato sociale. Dare continuità e stabilità all’occupazione che ci faccia uscire dalla tenaglia “posto fisso-precarietà”, garantendo tutela dai licenziamenti illegittimi. Varare un salario minimo che non indebolisca la contrattazione. Utilizzare le ricadute positive della riduzione del cuneo fiscale anche a vantaggio degli “incapienti” e applicare la legge per l’equo compenso. Stabilire una vera quota per il diritto al pensionamento e allargare la platea dei pensionati che godono della quattordicesima. Attuare la nona salvaguardia per gli ultimi esodati. Assumere gli idonei di concorso. Ripristinare la percentuale dei subappalti al 30 per cento e rafforzare la lotta al massimo ribasso mascherato. E tutto questo tanto per cominciare".