[Il punto] Cure negate e medici in fuga: giro di vite sui "gettonisti" e nuove regole per salvare la sanità pubblica

Straordinari a 100 euro e indennità per chi lavora nel pronto soccorso, restrizioni per gli appalti ai privati e specializzandi in corsia: tutte le misure del dl Bollette. I medici: "Un primo passo, ma più investimenti e programmazione"

[Il punto] Cure negate e medici in fuga: giro di vite sui 'gettonisti' e nuove regole per salvare la sanità pubblica
(Foto Ansa)

Nel 2022 sono stati 4 milioni gli italiani che hanno rinunciato a curarsi. In termini percentuali il 7%, che ha scelto di non accedere a visite specialistiche e farmaci per due motivi fondamentali: il primo è sicuramente la lunghezza delle liste d'attesa e quindi la difficoltà d'accesso alle cure, il secondo è quello del costo che, negli ultimi anni, è notevolmente aumentato. La situazione, a dire il vero, è migliorata rispetto ai due anni del Covid (2020-2022) in cui la non cura riguardava, rispettivamente, il 9 e l'11,1 per cento dei cittadini. I dati allarmanti sono dell'Istat, parzialmente rientrati ma ben lontani dal dato pre-pandemico del 6,3 per cento. Le liste d'attesa frenano più dei costi (7% contro 4%). E l'incapacità del Sistema sanitario nazionale di dare risposte alla necessità dei cittadini di accedere a visite diagnostiche spesso urgenti - in violazione di tutte le leggi sul diritto alla salute - ha a sua volta diverse cause. Una di queste è la drammatica carenza di medici negli ospedali e nei poliambulatori.

Chiusura dei reparti e appalti al privato: la crisi del Ssn

L'ormai strutturale mancanza di camici bianchi e personale infermieristico in corsia ha dato origine negli anni alla chiusura di interi reparti o, in molti casi, alla loro cessione in appalto a cooperative private. E' accaduto soprattutto nei Pronto soccorso, ma non solo. Stiamo parlando degli effetti della "spending review" che, quando non ha portato alla chiusura dei presidi sanitari perferici, per decenni ha impedito le assunzioni e la formazione di un numero adeguato di specialisti, mantenendo inoltre gli stipendi al palo: l'Italia è lo Stato che ha i sanitari tra i peggio pagati d'Europa. Ecco perché molti lasciano il pubblico, riversandosi nelle cliniche private o nelle cooperative - che poi prendono in appalto la gestione dei reparti - oppure andando a lavorare direttamente all'estero. E' notizia di queste ore che un bando della Azienda sanitaria molisana (Asrem) per l'assunzione di 25 medici di Medicina e Chirurgia d'accettazione e urgenza è andato deserto. Così avviene in tante altre Regioni, nordiche comprese.

Interviene il governo: nuove regole e guerra ai "gettonisti"

La gravità di quanto sta accadendo al nostro Sistema sanitario nazionale è sotto gli occhi di tutti. Intervenire è urgente. Il "decreto Bollette" sul tavolo del Consiglio dei ministri proprio in queste ore ha un capitolo tutto dedicato alla sanità pubblica e rappresenta di sicuro "un primo passo" per mettere una pezza laddove il buco è già diventato una voragine. Il governo interviene stanziando oltre 3 miliardi di euro e provando a porre un freno alla cessione ai privati di servizi medici e infermieristici che, stando alla bozza circolata in queste ore, può avvenire "solo in caso di necessità e urgenza, in un'unica occasione e senza possibilità di proroga, a seguito della verificata impossibilità di utilizzare personale già in servizio o di assumere gli idonei".

L'ingresso delle cooperative di medici e infermieri negli ospedali, appaltatori del Ssn (che ricordiamolo pagano i dottori "a gettone" con tariffe orarie che possono arrivare anche a 120-150 euro l'ora ndr) può essere affidato "esclusivamente nei reparti di emergenza-urgenza (cd area critica)", per un periodo non superiore a 12 mesi. Inoltre, dice la bozza, gli operatori economici ammessi sono quelli che si avvalgono di personale medico ed infermieristico in possesso dei requisiti di professionalità previsti. Ma il governo intende anche elaborare delle linee guida sui "prezzi di riferimento e gli standard di qualità". 

"Chi lascia il pubblico non torna più"

Per scoraggiare l'emorragia di sanitari dal pubblico al privato inoltre, il testo prevede che "chi interrompe volontariamente il rapporto di lavoro con il Ssn" per prestare la propria attività presso una struttura privata che fornisce servizi in regime di esternalizzazione, non potrà più farvi rientro. Cioè, se lasci il pubblico per il privato non puoi più fare marcia indietro.

Si legge ancora nella bozza che aziende ed enti che hanno fatto ricorso al privato, al fine di reinternalizzare i servizi appaltati, possono avviare le procedure selettive per il reclutamento del personale da impiegare per l'assolvimento delle funzioni precedentemente esternalizzate, "prevedendo la valorizzazione, anche attraverso una riserva di posti non superiore al 50% di quelli disponibili, del personale impiegato in mansioni sanitarie e socio-sanitarie corrispondenti nelle attività dei servizi esternalizzati che abbia garantito assistenza ai pazienti per almeno sei mesi di servizio". Non possono partecipare alle selezioni però coloro che avevano lasciato un contratto a tempo indeterminato con il Ssn.

Indennità per l'urgenza e straordinari a 100 euro l'ora

Un'attenzione particolare, stando a quanto riferito dal sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato, si tributa ai medici  della medicina di urgenza e emergenza, con l'anticipo a quest'anno dell'indennità che era stata prevista per il 2024. "Nel provvedimento, che sta avendo le valutazioni di copertura finanziaria a cui è vincolato, si prevede di limitare l'uso dei medici 'gettonisti', ponendo un tetto alla retribuzione degli stessi e aumentando lo straordinario per i medici strutturati pubblici". I tecnici del ministero stanno valutando l'aumento della retribuzione degli straordinari da 60 a 100 euro lordi l'ora. Sono previsti interventi anche per gli infermieri. 

Via libera agli specializzandi in corsia a 40 euro l'ora

Ma alla carenza di medici che le organizzazioni di categoria non stentano a definire "strutturali", si prova anche con l'utilizzo in corsia degli specializzandi, ovvero degli studenti delle scuole di specializzazione che siano almeno al terzo anno. Questi medici, in via sperimentale fino al 31 dicembre del 2025, potranno lavorare nelle strutture pubbliche per un massimo di 8 ore settimanali e fuori dall'orario di formazione. Per loro è prevista una retribuzione oraria di 40 euro lorde l'ora, attraverso incarichi libero-professionali, anche di collaborazione coordinata e continuativa, presso i servizi di emergenza-urgenza ospedalieri del Servizio sanitario nazionale. Attività coerente con il corso di studi e "con il livello di competenze e di autonomia raggiunto dallo specializzando". L'attività svolta è inoltre valutabile nell'ambito del curriculum professionale nei concorsi per dirigente medico del Servizio sanitario nazionale.

Sono previste anche alcune deroghe alle leggi vigenti, sempre studiate per far fronte alla grave carenza degli organici ospedalieri. La prima riguarda coloro che tra il 1° gennaio 2013 ed il 30 giugno 2023 abbiano maturato, presso i servizi di emergenza-urgenza del Servizio sanitario nazionale, almeno tre anni di servizio, i quali sono ammessi a partecipare ai concorsi per l'accesso alla dirigenza medica del Ssn nella disciplina di Medicina e chirurgia d'accettazione e d'urgenza, anche se non in possesso di alcun diploma di specializzazione. L'altra deroga si rivolge ai medici con laurea e specializzazione conseguiti all'estero che potranno esercitare in Italia, senza corsi integrativi abilitanti, fino al 31 dicembre 2025. Si ricordi il caso della Calabria, costretta a reclutare medici cubani per far fronte alla grave carenza di personale negli ospedali. 

"Un primo passo, ma più investimenti e programmazione"

Basteranno queste misure a rimettere in moto il Servizio sanitario pubblico, una conquista preziosa sancita dalla Costituzione che la prescrive di qualità e accessibile a tutti, alla quale gli italiani non possono rinunciare. "La strada è quella giusta - sostiene in una nota il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (Fnomceo), Filippo Anelli - ma è solo l'inizio: bisogna rendere attrattivo il nostro Ssn, attraverso un intervento di sostegno ai professionisti, in maniera sistemica e globale". Cosa intenda il medico è semplice: non solo migliori condizioni economiche ma anche adeguate condizioni di lavoro che definisce "insostenibili" e con "gravi ricadute sulla salute degli operatori, oltre che sulla loro vita privata e familiare".

Su questa crisi però, sostiene Anelli, l'Italia è in buona compagnia, come ha recentemente certificato l'Oms. "Un primo passo, anche qui, è quello sulla sicurezza e la prevenzione della violenza, che troverebbe spazio nel provvedimento. Occorre però agire a livello più ampio, aumentando gli investimenti, programmando e ampliando le assunzioni, migliorando le condizioni di lavoro".

Anche sui "gettonisti" arriva "l'apprezzamento" alle norme pensate dal ministro della Salute purché le norme siano certe e uguali per tutti. "Uguali devono essere i limiti di età e le competenze richieste - sostiene il presidente Fnomceo -. Vedrei bene, però, un meccanismo di premialità per chi decide di rimanere nel Ssn, più che disincentivi per chi decide di andarsene. Il rischio, infatti, è che alla fine in molti finiscano nelle strutture private, con un effetto boomerang di depauperamento della sanità pubblica. La soluzione è un intervento straordinario a favore delle professioni sanitarie per rendere attrattivo e sostenere il Servizio sanitario nazionale nella sua globalità e a tutti i livelli". 

Nota a margine: proprio martedì mattina è ripresa all'Aran (Agenzia Rappresentanza Negoziale Pubbliche Amministrazioni) la trattativa con confederazioni e organizzazioni sindacali per il rinnovo del Contratto collettivo nazionale della dirigenza medica e sanitaria. E' auspicabile che, in linea con il percorso avviato dal governo, anche qui si arrivi al risultato che metta ancor più in sicurezza l'importante lavoro dei medici degli ospedali italiani.