[il caso] Crisi congelata. Conte riscrive il Piano, apre su nuovo programma e nuova squadra. Ma senza dimissioni
Italia viva vuole “vedere” le carte, verificare ancora una vota le promesse. Promette di votare lo scostamento di bilancio. E tiene la crisi sul tavolo. Così come il premier continua il suo doppio gioco: promesse da una parte; dall’altra continua conta dei Responsabili in caso di verifica di maggioranza nell’aula del Senato. I 5Stelle dicono no a rimpasti. “I nostri ministri non si toccano”. Una tregua molto fragile

La crisi può attendere. A patto che il ministro Gualtieri consegni in queste ore, possibilmente in mattinata, il testo completo del Recovery plan. E che siano vere e verificabili tutte le promesse fatte in queste ore: i miglioramenti del Piano e dei saldi annunciati a voce; nuova agenda di governo con indicati almeno una parte dei trenta punti programmatici indicati da Italia viva tra cui il Mes, la revisione del reddito di cittadinanza, del sistema fiscale, apertura cantieri e grandi opere visto che delle promesse roboanti della primavera (“apriamo, facciamo, semplifichiamo”) ancora non si vede traccia. La crisi può attendere, quindi, a patto che Conte adegui la squadra e l’azione di governo. Ovverosia ci sia il rimpastone e un timing reale dell’azione di governo. Pazienza se non ci saranno le tanto richieste dimissioni. Su questo punto, solo su questo a quanto pare, Conte non ha ceduto al pressing di Italia viva. E a quello che del Pd che ieri in tutti i modi ha chiesto di usare buon senso e fare ciò che deve essere fatto. Non è necessario molto tempo per verificare il nuovo cronoprogramma del Conte ter (senza dimissioni). Nel frattempo Italia viva voterà lo scostamento di bilancio che il governo chiederà già domani, al massimo martedì, per dare i ristori necessarie alle categorie che non hanno potuto lavorare. E’ chiaro che le dimissioni delle ministre di Italia restano sul tavolo. E, se dovesse essere, non sarà necessario neppure spiegare perchè.
Quattro ore di riunione
Dura quattro ore l’assemblea dei parlamentari di Italia. Alle 22 sono collegate circa sessanta persone tra deputati e senatori. Ci sono tutti perchè le decisioni da prendere sono pesanti. Per il partito e per il paese. Quando Matteo Renzi apre i microfoni, sono accadute però già molte cose: un lungo post di Giuseppe Conte alle 19.30, giusto in tempo per l’assemblea di Iv, in cui nei fatti apre alla modifica dell’agenda di governo e al rimpasto; i messaggi eloquenti e puntuali di tre anime diverse del Pd - la segreteria, Dario Franceschini e Graziano Delrio - che allo stesso modo insistono su nuova agenda (tra cui Mes e delega dell’intelligence) e la nuova squadra per realizzare il nuovo programma. Possiamo solo immaginare, con qualche buon fondamento, che la moral suasion del Colle abbia svolto anche in queste ore un ruolo decisivo per arrivare a quella che è nella sostanza lo sblocco della situazione. A chi dirà che Renzi alla fine ha fatto pippa, cioè ha mollato, basterà mettere in fila le cose ottenute. Se si verificheranno. Altrimenti “la crisi è già scritta”.
Vedere le carte, verificare le promesse
La riunione inizia alle 22 e 30 e termina alle due e trenta del mattino. Matteo Renzi parla e spiega. Parte dagli Stati Uniti e insiste sul perchè il premier deve chiarire alcuni suoi passaggi con l’amministrazione Trump e anche per questo cedere la delega all’intelligence. Poi ha ribadito che “Italia viva non vuole rompere” ma “confrontarsi nel merito sulle questioni”. Il governo deve cambiare, tanto, e “accelerare, correre, risolvere i problemi egli italiani”. Basta immobilismo, è la sintesi, o ce ne andiamo.
Le parole restano dure e lo scenario della crisi aperto. Tra i dirigenti renziani più d'uno è convinto che non ci siano più molti spiragli per ricomporre. Ma è necessario fidarsi, almeno un’ultima volta, della promessa di Conte confermata dai vertici del Pd. Sono intervenuti quasi tutti i deputati e senatori. Il gruppo, è stato spiegato, “è compatto sulle decisioni prese e sulla linea di Matteo Renzi”. Questo per smentire le voci insistenti, messe in giro ad arte, di defezioni nei gruppi parlamentari.
Un documento di trenta punti
I contenuti del Piano di ripartenza italiano sono verificabili nelle prossime ore, appena arriverà il testo completo. Sugli altri temi, un documento di trenta punti sarebbe stato consegnato nei giorni scorsi dal Dem Goffredo Bettini al premier Conte per conto di Renzi con indicati nodi che andrebbero dal fisco alla revisione del reddito di cittadinanza, dalla giustizia ai cantieri. L'apertura sui contenuti, assicurano, è amplissima. Non si esclude una discussione anche sulla richiesta di almeno una parte del Mes. Nell’assemblea sono state ringraziate pubblicamente le ministre Bellanova e Bonetti per come hanno saputo gestire queste lunghe settimane di pressione. E per la loro grande disponibilità.
Conte e il doppio binario
Il premier ha giocato anche ieri sul doppio binario: da una parte dice che va tutto bene e tende la mano promettendo una nuova agenda e un nuovo patto di legislatura, parla di ripartenza, rilancio, interesse comune, fa progetti e promesse in nome e per conto di una “comunità sfibrata” da un anno di pandemia; dall’altra lavora con i suoi emissari per dimostrare, se necessario, di avere comunque una maggioranza in Parlamento, anche senza Renzi, Italia viva e i suoi 18 senatori. Un Conte a due facce, a dimostrazione che l’uomo entrato per caso a palazzo Chigi il primo giungo 2018 ha acquisito doti da politico scaltro, navigato e disposto a tutto pur di governare. Tutto legittimo. Importante saperlo. Ieri sera mentre gli “osservatori della crisi” erano in attesa degli esiti della riunione di Italia viva e del confronto tra Renzi e i deputati e senatori, Conte ha provato ad occupare la scena, ad anticipare l’esito delle decisioni ed evitare in sostanza la crisi.
Calcolando bene gli orari, il premier ha pubblicato un lungo post sui social alle 19 e 30. Per dimostrare di poter ancora governare la crisi. Quanto meno di non subirla. Un tentativo estremo di evitare dimissioni. Negli stessi minuti sono entrati in azione anche i pontieri del Pd, Zingaretti Franceschini, Delrio. Con una doppia funzione: rassicurare Renzi sul fatto che questa volta il cambio di passo e di agenda (che tutti chiedono da mesi) ci sarà e sul serio; ricordare a Conte che gli impegni presi questa volta non sono rinviabili.
Il post
Quello del premier è un lungo post in cui non parla mai di Italia viva nè di Matteo Renzi o delle ministre di Italia viva, non riconosce ai renziani un ruolo positivo in questa crisi. E’ però un chiaro tentativo di provare a tendere la mano, aprire al cambio di squadra ed evitare l’abisso della crisi. Fa progetti per il futuro e più o meno garantisce che è tutto sotto controllo. E’ anche questo atteggiamento sempre concavo e convesso (Silvio Berlusconi coniò questa espressione per definirsi al meglio) a seconda delle occasioni che irrita i renziani. E li fa ondeggiare tra il fidarsi delle promesse come hanno fatto in questi mesi restando però con le mani vuote e la considerazione che, invece, il tempo delle prove e dei tentativi è scaduto. Come se nulla fosse, Conte rivendica il “successo” della campagna vaccinale (550 mila vaccinazioni già eseguite, i primi in Europa), “una sfida complessa” che il Paese è in grado di affrontare. Rivendica i “dieci miliardi già erogati” come ristori a bar, ristoranti ed attività costrette a chiudere durante le feste di Natale e Capodanno con perdite secche tra il 70-80 per cento. Promette “nuove misure di sostegno” per famiglie, lavoratori e imprese le quali però non vogliono sussidi ma la dignità del lavoro. Tanto che la “prossima settimana sarà chiesto un nuovo scostamento di bilancio per gestire questa fase”. Il Recovery plan, che è stata la miccia di questo incendio, arriva a metà del post. “Parliamo di un Piano - sottolinea il premier - che non appartiene a questo governo o a questa maggioranza ma all’Italia intera”. Per questo motivo “con tutte le forze di maggioranza abbiamo deciso di portare al prossimo Consiglio dei ministri la nuova bozza aggiornata del Piano”. Ogni parola è pesata: “Sto lavorando per rafforzare la coesione delle forze di maggioranza e la solidità della squadra di governo…”. E scelta anche per giocarci e mandare messaggi: “Mi si chiede di essere paziente (con Italia viva? ndr), ma io non lo sono affatto perché il Paese ha fretta…”. Il discorso della montagna finale suona come un’ipoteca a governare fino al 2023. Altro che crisi. “Lavorerò fino alla fine - promette il premier - per il bene comune e non per il mio utile personale. Farò ogni sforzo per assolvere questo delicato incarico con disciplina e onore come prevede la nostra Carta costituzionale”. Tra i tanti modi che Conte aveva per raccontare questo mese di tensioni e non solo con Iv in cui ha parlato poco e spesso sotto botta, ha scelto certamente quello più aperturista. Tra il “va tutto bene” e “andiamo avanti”.
Responsabili, la caccia continua
Ma per dire come e quanto i rapporti di maggioranza sono e restano logorati, non pochi, sempre nella maggioranza hanno inteso quelle parole come un messaggio/appello non alla maggioranza di governo ma ai cosiddetti Responsabili. Tanto che in serata palazzo Chigi, a riunione ancora in corso, è stato costretto a spiegare: “ Il post è un’apertura a Matteo Renzi e non una chiamata a raccolta” dei cosiddetti Responsabili, i “dodici piccoli indiani” che Marco Travaglio ha suggerito a Conte di cercare di levarsi di torno una volta per tutte Matteo Renzi. Operazione che il Quirinale ha fatto sapere di non appoggiare in alcun modo. E anche il Pd: “Solo maggioranze politiche e non raccogliticce”.
Il fatto è che il Conte bifronte è uno che lavora di giorno e disfa di notte. Con una mano dà e con l’altra leva. Uno che ha sempre pronto anche il Piano B. E’ un lavoro sporco che Conte non svolge di persona, per carità. Gli emissari sarebbero i senatori Merlo e Fantetti, “registi” di una componente che si dovrebbe chiamare “Italia 23” pronta ad entrare in maggioranza qualora Iv dovesse lasciasse. Più palazzo Chigi smentisce, più i contattati aumentano. Ieri è stata la volta del senatore Grassi, ex M5s passato alla Lega, contattato nel settembre 2019 quando il Conte 1 si prepara al Conte 2. L’incontro, come ha raccontato Repubblica, sarebbe avvenuto a palazzo Chigi. Sono fioccate smentite categoriche. Ma l’incontro c’è stato. Sempre ieri è uscito allo scoperto il senatore Gregorio De Falco, ex M5s ora nel Misto. “Sono stato contattato da Lonardo (la signora Mastella, ndr), De Bonis, Merlo e Fantetti - ha spiegato - Non offrono posti ma promettono ruoli rilevanti… un modo abbastanza cialtronesco, non son buoni neanche a fare questo”.
Fragile
Se è una ricomposizione della crisi, lo si vedrà tra oggi e domani. Certo è che i 5 Stelle hanno subito fatto sapere, nell’ordine: “I nostri ministri sono i migliori e nessuno di loro farà un passo indietro”; il Movimento “è il primo partito in Parlamento e farà sentire come sempre tutto il suo peso”. Firmato Crimi e Di Maio. i rapporti sono sempre più logori. E se anche dovesse andare avanti, il premier esce da questo mese più debole. Basterà un nulla per farlo cadere. Ora e o tra qualche settimana, meglio ancora tra qualche mese quando scatterà il semestre bianco e l’impossibilità tecnica di andare al voto. A quel punto i Responsabili, quelli veri, sono già pronti.