Continua il testa coda del governo sul caro-benzina. Meloni: “Via gli sconti per non aiutare le auto di lusso”
La premier pubblica sui social una puntata dei “Diari di Giorgia”. Ma non migliora la situazione. Poi pubblica le schede del decreto che però dovrà essere limato e corretto. Anche sull’immigrazione i conti non tornano
Sarà meglio incrociare le dita e sperare che i prezzi si abbassino da soli. Questa storia dei carburanti e del ritorno delle accise rischia di attorcigliarsi sempre di più. Intorno al collo del governo. E ogni volta che dichiara, la situazione non migliora. Se martedì sera la giornata si era chiusa con un Consiglio dei ministri tra tensioni e imbarazzi, la lettura dei giornali ieri mattina ha peggiorato la situazione: governo costretto ad una stretta sui controlli dei prezzi alla pompa per dare un segnale politico a cittadini e autotrasportatori imbufaliti per il caro pezzi. Ma il prezzo della benzina continua a correre. Per colpa del ritorno delle accise. Non era questo il messaggio che Giorgia Meloni voleva dare.
Una puntata speciale
Così ieri a metà mattina, dopo lungo confronto con lo staff, tesa e seccata ha messo in rete una puntata speciale del format “I Diari di Giorgia”. Dedicata ai prezzi del carburante. Non una conferenza stampa, attenzione, dove grazie al contraddittorio i punti possono essere chiariti. Un videomessaggio dove la premier parla e gli altri prendono appunti: la stampa responsabile di una “campagna mediatica ben costruita”; i cittadini alla prese dal primo gennaio con un aumento di 9 euro ad ogni litro di benzina e gasolio; gli stessi alleati di governo che – Lega e Forza Italia – da giorni gridano alla speculazione e chiedono di congelare nuovamente le accise. Agli errori, pasticci (l’osservatorio prezzi del Ministero spiega che l’unico aumento è dovuto proprio al ritorno delle accise, nessuna speculazione tranne qualche caso isolato) dello stesso governo , malintesi e propaganda (delle opposizioni che fanno le opposizioni), si aggiungono così le contraddizioni della premier.
La premier si contraddice
Fanno male i video diventati virali in queste ore sui social in cui Meloni, all’epoca leader incontrastata dell’opposizione, diceva: “Una volta al governo aboliremo le accise”. La precisazione arrivata ieri ha prima il sapore della parata goffa. “Non ho mai fatto questa promessa in questa campagna elettorale. Se potessi certo che eliminerei le accise. Ma servono 40 miliardi che non abbiamo”. Poi l’imbarazzo delle cosa non vera. Passano poche ore e parte la contraerea delle opposizioni: “Non è vero - dicono in coro - che Meloni non ha promesso il taglio delle accise in questa campagna elettorale. Basta andare al punto 17 del programma…”. Dove si parla in effetti di Iva e accise da tagliare “ma solo in caso di maggiori entrate”. Che con tutta evidenza non sono disponibili. Diventerà questo il tormentone di giornata.
Con altri. Il problema non è tanto abolire queste tasse assurde (le accise) che da una tantum sono diventate strutturali assicurando un gettito per le casse dello Stato di circa 40 miliardi all’anno. Il problema è che il governo Meloni ho scongelato le accise che il governo Draghi ha bloccato a marzo 2022 (prima al 36%, poi al 18%). E ha fatto salire in prezzi. Le associazioni dei consumatori fanno due conti: se uno fa due pieni al mese, spende circa 220 euro in più all’anno.
Un miliardo al mese
“Certo – ha spiegato la premier - avremmo potuto anche noi confermare gli sconti di Draghi. Ma ci sarebbe costato un miliardo al mese, dieci miliardi in un anno e noi quei soldi abbiamo deciso di destinarli non ai ricchi con auto di grossa cilindrata che avrebbero beneficiato dello sconto accise ma alle famiglie povere, mamme in difficoltà, redditi bassi. Rivendico questa scelta di giustizia sociale”. E cioè l’aumento del fondo sulla sanità, l’ampliamento della platea di famiglie destinatarie di aiuti per calmierare le bollette domestiche, i crediti delle pmi.
Peccato che sui social non sia previsto il vero contraddittorio perché anche qui sarebbe facile trovare l’errore. O la “differenza” come si usa dire. Alla Sanità sono andati solo due miliardi e più della metà se ne va in pagamenti delle bollette. Quel che resta è troppo poco. Per le famiglie con redditi bassi bastava proseguire con il finanziamento del Family act evitando nuove norme. Si poteva ad esempio recuperare un miliardo da Quota 103. E altri 2/3 miliardi mettendo nelle entrate quelle tasse che invece sono state rateizzate o cancellate con gli undici condoni.
Continua Meloni. Ma non migliora la sua situazione. “Tagliare le accise (come ha fatto Draghi, ndr) – spiega - è una misura che aiuta tutti indipendentemente dalla condizione economica che hanno”. Anche quelli “con le auto di grossa cilindrata” appunto. E poi, aggiunge, “le quotazioni delle materie prime stanno scendendo e noi abbiamo sperato che il ritorno delle accise sarebbe stato compensato da una diminuzione del carburante”. Cioè, l’ammissione di aver sbagliato. Non contenta, ripete la promessa: “Sono fortemente speranzosa - dice - della possibilità che prima o poi riusciremo a fare un taglio strutturale, non temporaneo delle accise, ma questo necessità di una situazione diversa, di rimettere in moto la crescita economica di questa nazione”.
Una serie di autogol
Gli autogol continuano. I dati in possesso del governo dicono che non c’è stata speculazione. La premier elenca la serie storica dei prezzi a dimostrazione che gli aumenti e i prezzi sono in linea con il ritorno delle accise. Dunque tacciano coloro che da giorni, anche nella maggioranza, lanciano allarmi. Certo, ci sono delle sacche di furbetti, le chiama “storture”, anche se “la maggior parte dei gestori sono persone per bene”. Ma si tratta, appunto, di porzioni di territorio facilmente individuabili. E su cui è pronto ad intervenire il “decreto trasparenza” vergato l’altra sera in gran carriera. La premier ne pubblica i punti salienti tramite slide sempre sui social.
Ma anche l’ultimo decreto non va
Allarme rientrato, dunque? No. Confapi trasporto ha risposto al video della premier con un comunicato di fuoco: i prezzi corrono, il decreto Trasparenza non basta, è necessario mettere mani ai prezzi altrimenti “saremo costretti ad aumentare anche noi i prezzi”. I tecnici stanno ancora limando le misure approvate in fretta e furia, e un po' a sorpresa, nel primo Cdm dell'anno. Tanto che non si esclude la possibilità di un ulteriore passaggio oggi quando è prevista una nuova riunione del governo. Il tetto al prezzo del pieno in autostrada, tra l'altro, dovrebbe essere demandato a un decreto ministeriale. Servirà quindi ancora tempo per rendere operative le nuove misure che già raccolgono le critiche dei gestori delle 22 mila pompe di benzina in Italia (“il decreto non riduce né i prezzi nè i ladri”) e delle opposizioni. E che non ha convinto del tutto nemmeno parte della maggioranza, soprattutto Forza Italia, non proprio entusiasta nemmeno delle scelte sulle nomine delle agenzie fiscali (alle Entrate è stato confermato Ruffini). Gli azzurri temono che gli strumenti adottati siano poco “efficaci” per contenere i prezzi di benzina e gasolio, se non accompagnati da una “ristrutturazione” del settore, coinvolgendo consumatori e operatori, soprattutto delle autostrade.
Osvaldo Napoli di Azione mette il dito sulla piaga: “Meloni non ha capito che se l’inflazione galoppa, la prima regola è non toccare i prezzi, specie quelli di un bene primario come i carburanti perché i primi a pagare sono i più poveri. Altro che favore ai ricchi e alle auto di grossa cilindrata..”. L’ex ministro Gelmini taglia corto: “Il governo riconosca l’errore e ripristini lo sconto sulle accise”. Matteo Renzi sintetizza a modo suo: “Se Meloni e soci cercano i responsabili dell’aumento dei prezzi, si facciano un selfie e hanno risolto il problema”. Le opposizioni sentono e vedono l’errore e vanno tutte all’attacco. “Questo è il primo vero clamoroso errore di merito e di comunicazione che fa il governo” sottolinea il segretario dem Enrico Letta alle prese con ben altri problemi. Il Pd chiede un’audizione del ministro Giancarlo Giorgetti sui rialzi dei prezzi. Il Movimento 5 Stelle chiama in causa direttamente la premier, chiedendole di riferire in Aula. Il governo sta “coi forti” anziché coi cittadini, incalza Angelo Bonelli.
Vertice anche sull’immigrazione
Il pasticcio carburanti continua. Servirebbe spengere la luce, cambiare argomento cercando di parlarne il meno possibile e sperare che i prezzi scendano da soli con il calo delle materie prime. Ma non sarà così. Meloni ci prova. Ieri pomeriggio ha riunito a palazzo Chigi il ministro dell’Interno, il ministro degli Esteri, dei Trasporti e il prefetto Belloni che guida la nostra intelligence per un focus sull’immigrazione. Anche da qui però arrivano notizie confuse: nonostante decreti e strette, gli sbarchi sono in aumento e gli immigrati anche. Le prossime mosse per contenere le partenze riguardano i paesi di partenza. “Viene avviato il Piano Mattei per l’Africa” viene detto in modo un po’ pomposo. Aiutarli a casa loro, per non farli partire, era il mantra del governo Renzi (2014-2016) proseguito da Gentiloni. Non è semplice ma è una delle poche strade al momento percorribili. Quella della condivisione europea è ancora più lunga. Al momento almeno. Intanto il mare riconsegna cadaveri e la gente continua a partire. In qualche modo. I ministri Piantedosi e Tajani andranno in missione nei prossimi giorni in Turchia, Tunisia, Libia, Algeria per stringere i bulloni delle partenze dalle coste africane. Nulla a che vedere, anche qui, con il mitizzato e decantato “blocco navale”.