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Conti pubblici: cercasi trenta miliardi per far quadrare i conti e i patti con la Ue. Tagli o tasse?

Bruxelles ha notificato la procedura d’infrazione per eccesso di deficit al 7,4%, il più alto di tutta Europa. Serve una correzione annuale di circa 10 miliardi nei prossimi sette anni. Ma abbiamo anche il tema delle misure per il ’25. L’Upb stila un conto di almeno venti miliardi. Giorgetti: “Nessun dramma, lo sapevamo e siamo al lavoro nella giusta direzione”.

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
Dombrovskis e Gentiloni (Ansa)
Dombrovskis e Gentiloni (Ansa)

Una trentina di miliardi. Il governo li deve trovare entro la fine dell’anno. Una decina sono necessari per rispettare le nuove regole europee del Patto di stabilità e crescita e limare dello 0,5-0,6% il nostro deficit, il più alto di tutti i paese Ue. Una ventina servono per replicare le misure della legge di bilancio 2024 che erano state possibili facendo deficit e non scegliendo percorsi strutturali. Sono le cifre ufficiali del quadro della finanza pubblica rese note ieri da Bruxelles che ha avviato la procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia e dall’Ufficio parlamentare di bilancio che, sempre ieri, ha reso il quadro di finanza pubblica. Possiamo dire che la ricreazione è finita e che adesso si fa sul serio. E per forza. Esauriti gli alibi - i rinvii, la campagna elettorale e la propaganda, il re è nudo. E non è un bel vedere. Ieri Giorgia Meloni, intervistata per oltre un’ora in occasione dei 50 anni de Il Giornale ha accuratamente evitato la questione. Il ministro economico Giancarlo Giorgetti ha minimizzato. Le opposizioni pretendono la verità. Che può essere solo di due tipi: o nuovi tagli o nuove tasse. Una terza possibilità non è data.

Il pacchetto di primavera della Ue

Con tempismo programmato, ieri, dieci giorni dopo le urne europee, la Commissione ha notificato ciò che era ampiamente previsto ma sapientemente ignorato: la procedura di infrazione all’Italia per eccesso di deficit e di debito. L’Italia, in compagnia di altri sei paesi Ue (Ungheria, Romania, Francia, Polonia, Malta e Slovacchia) ha un eccesso di deficit e dovrà iniziare, da oggi, un piano per ridurre significativamente il livello del debito nell’arco dei prossimi sette anni. Questo significa che dovremo tagliare il deficit strutturale dello 0,5-0.6% ogni anno. Significa che dovremo tagliare la spesa di almeno 10-12 miliardi ogni anno. Questo dicono le nuove regole del Patto di stabilità e crescita (Pacs) approvato dalla Commissione e dai ministri economici a dicembre 2023 ma che poi, nell’Europarlamento, le delegazioni italiane hanno deciso di bocciare con l’astensione indipendentemente dal proprio gruppo politico. L’avvio della procedura d’infrazione con un deficit al 7,4% che è un triste primato europeo (Ungheria seconda 6.7, Romania terza a 6,6, Francia quarta al 5.5) era più che attesa. E’ sempre e comunque una doccia fredda. I conti con la realtà avvengono a margine della presentazione del “Rapporto sulla politica di bilancio” a cura dell’Ufficio parlamentare di bilancio a San Macuto.

Gentiloni, le luci e le ombre

Tocca al commissario Ue per l’economia Paolo Gentiloni l’onere della conferma. “Oggi la Commissione europea adotta il cosiddetto Pacchetto primavera del semestre europeo con le raccomandazioni specifiche per ciascun Paese e le relazioni per l’apertura di procedure sul disavanzo eccessivo”. Gentiloni è ambasciatore anche di buone notizie. Il pil, ad esempio, “è aumentato con risultati superiori alle attese”, sarà nella media Ue (0,9%) nel 2024 e leggermente al di sotto nel 2025 (+1,1). Sul futuro, però, la strada è chiara: “Per l'Italia la partita si gioca su due fronti, da una parte politiche di bilancio prudenti, indispensabili” con questo debito e deficit, “dall’altro continuare con gli investimenti pubblici e come le riforme e gli investimenti previsti dal Pnrr che va assolutamente accelerato”. Le nuove regole europee, ha aggiunto Gentiloni che ha parlato in videocollegamento da Bruxelles, “aiuteranno a realizzare un migliore equilibrio tra questi obiettivi”. Nuove regole che per l’Italia sono migliorative rispetto a quelle esistenti”. Inoltre, in vista della preparazione dei piani pluriennali di spesa (altra novità del nuovo Pacs) che dovranno essere pronti tra settembre e novembre e dovranno essere condivisi con Bruxelles, “l’Italia potrà contare sul sostegno della Commissione europea e l’eccellente collaborazione instaurata con i vari governi nell’ambito del Pnrr”. Nessun panico, promette Gentiloni. “Non dobbiamo confondere la cautela nella spesa con l’austerità. La cautela è necessaria nei paesi ad alto debito e deficit molto alto ma l’Italia ha un volume di fuoco possibile di investimenti senza precedenti con il Pnrr”. Su cui vanno quindi moltiplicati tutti gli sforzi. La crescita del Pil nel sud Italia dell’1,3% stimato ieri è conseguenza del Pnrr.

L’urgenza dell’alleanza a Bruxelles

Peccato che la Commissione sia in uscita. Che tra settembre e novembre potrebbe già essere insediata quella nuova. Qui è necessario aprire una parentesi. L’Italia, con i suoi conti pubblici, non può permettersi di essere “contro” o “fuori”. Il governo di Giorgia Meloni ha bisogno di avere sponsor e riferimenti utili nella nuova Commissione. Da qui la necessità per la premier di smettere di giocare a poker al tavolo che sta decidendo i nuovi top jobs europei: uscire subito dall’angolo delle questioni di principio e accettare il compromesso richiesto. Anche se dovesse significare rompere con i Conservatori, il gruppo politico euripeo di cui Meloni è presidente. “Dovrebbe essere così ma dubito che lo farà” ammette a mezza bocca perché preoccupato un ministro presente ieri alla Camera per il question time. Anche il ministro economico Giancarlo Giorgetti non sembra preoccupato. “La procedura non è una notizia - ha detto a margine della relazione dell’Ufficio parlamentare di bilancio - lo sapevamo ed era scontato dopo il debito che è stato fatto in questo anni di emergenze”. Debito cattivo, anzi pessimo, come quello dei bonus edilizi che se nei primi due anni hanno certamente provocato il rimbalzo del pil di cui ha beneficiato l’Italia (+9 nel 2022). Giorgetti però non è preoccupato. “Questo governo ha sempre impostato la politica dei conti con responsabilità, selettività e oculatezza e siamo stati promossi. Andremo avanti così, lungo questa strada. E saremo anche in grado di confermare le misure dello scorso anno. Il mio è un impegno inderogabile. È la prima cosa che dobbiamo assicurare e la confermeremo”. Il problema era e resta la copertura.

Il verdetto dell’Upb

Una trentina di miliardi, dunque. Il nodo resta quello delle coperture. Scrive Lilia Cavallari nel report annuale dell’Ufficio parlamentare di bilancio (UPB) diffuso ieri: “Qualora nel Piano strutturale di bilancio di medio termine venissero confermati obiettivi in linea con le attuali previsioni a legislazione vigente sarà necessario individuare nella prossima manovra di bilancio idonee coperture per le politiche invariate che si deciderà di attuare e per eventuali nuovi interventi”. L’Upb fa i conti: la conferma nel 2025 di alcuni degli interventi finanziati solo per l’anno in corso dall’ultima manovra di bilancio impatterebbe sull’indebitamento netto per circa 18 miliardi. Il taglio del cuneo costa 10,79 miliardi, la Zes Mezzogiorno e la nuova Sabatini 1,9, la detassazione del welfare aziendale e dei premi di produttività quasi 833 milioni, il sostegno agli indigenti 650 milioni, la revisione Irpef (tre aliquote) 616 milioni, la riduzione del canone Rai 430, il bonus mamme 368 milioni. Così via fino a quota 18 miliardi. Aggiungendo a tale importo anche altre spese solitamente inserite nelle politiche invariate, quali per esempio gli oneri per il prossimo triennio contrattuale dei dipendenti pubblici (2025-27), l’impatto complessivo sull’indebitamento netto potrebbe superare quello indicato nel DEF, di poco inferiore ai 20 miliardi.
Ancora Giorgetti: “Nei prossimi anni, la politica di bilancio non potrà che essere improntata al principio della selettività. È finito il tempo del finanziamento pubblico a fondo perduto senza riuscire ad assicurare la messa a terra delle opere. Serve, una volta per tutte, dotarsi di strutture per fissare le priorità, dare i target massimi di crescita della spesa e definire gli strumenti più idonei di finanziamento". Il ministro sgombera il campo da fraintendimenti: “La manovra non sarà in disavanzo (non potrà esserlo, ndr) e per quello che mi riguarda i deficit saranno quelli indicati nel Nadef di ottobre ’23 e nel Def di aprile”. Nel Def varato in aprile, il disavanzo scenderebbe al 4,3% quest’anno e al 3,7% nel 2025. Ma la commissione Ue è meno ottimista e parla di 4,4% nel 2024 e 4,7% nel 2025.

"Basta con la fumeria d’oppio"

Ecco perché le opposizioni vanno all’attacco e chiedono che il ministro venga a spiegare visto che il Def di aprile è stato solo tendenziale ed erano stati taciuti numeri e misure. “La procedura d’infrazione era attesa, vero – osserva Francesco Boccia, capogruppo Pd al Senato – ma ora vorremmo sapere come il governo intende muoversi. Il ministro Giorgetti deve venire in aula a spiegare cosa intende fare”. L’affondo è nelle cose: “Non crediamo sia sufficiente spiegare all'Unione europea che la maggioranza ha fatto approvare il premierato e l'autonomia differenziata”. La melina è finita, incalza Misiani, responsabile economico del Pd, “adesso ci dicano la strategia”. Giorgetti ha promesso che il taglio del cuneo sarà confermato. E tutto il resto? “Immersi in una fumeria d’oppio in cui parliamo di cose irreali” chiosa Enrico Borghi, capogruppo di Italia Viva, “la realtà si sta imponendo. Con tutte le sue conseguenze”.

L’iter, la traiettoria, le scelte

Quello che succede d’ora in poi è un lungo cammino in cui cosa è certa: non potremo fare nulla che non sia condiviso a livello europeo. La relazione sulla procedura per deficit andrà ora al Comitato economico finanziario, a luglio ci sarà la proposta della Commissione al Consiglio, poi al vaglio dell'Ecofin a settembre. Solo a novembre, con il Pacchetto di autunno e assieme al parere sul documento programmatico di bilancio (da presentare entro il 15 ottobre), la Commissione farà la proposta sulla raccomandazione al Consiglio (all'Ecofin di dicembre) chiedendo concretamente di intervenire sui conti. L’eccezionalità è doppia: nuove regole e nel semestre del passaggio delle consegne dei vertici europei. Bisogna aspettare venerdì 21 per conoscere le “traiettorie di riferimento” comunicate dall’esecutivo comunitario per far rientrare oltre al deficit soprattutto il debito. Tra settembre e novembre Roma e gli altri Paesi dovranno presentare una proposta sul piani di spesa a 4 o 7 anni. “Abbiano fatto diverse ipotesi - ha rassicurato Giorgetti - alcune più favorevoli altre meno. Segnatevi questa frase perchè sarà il tormentone dei prossimi mesi. Con la manovra “bisognerà essere molto selettivi, privilegiare le politiche più utili e valutare quelle che meno utili. E’ un grande lavoro che nei prossimi mesi dovremo fare”. Si prega non disturbare il manovratore. Ma i soldi mancano. E questo non si può sbianchettare.

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
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