Conte-Schlein, addio per sempre. E si riapre anche il fronte interno contro la segreteria Pd
La maggior parte del partito, persino Bersani, non si fida più del leader 5 Stelle. Si parla di un ennesimo codice etico. La segretaria ha aperto la guerra interna contro correnti e cacicchi. “Sulle liste decido io” ha detto. E anche questo additare le correnti non piace al Nazareno. A Bari restano in campo i due candidati. Ipotesi rinvio voto

Lo stato dell’arte dell’alleanza politica Pd-5 Stelle è molto molto complicato, per non dire esaurito, dopo questo lungo fine settimana a sessanta giorni esatti dal voto per le Europee e per i quasi quattromila comuni dove si andranno a rinnovare giunte e consigli comunali. Per aiutare, possiamo tentare una sintesi. I riformisti del Pd, l’area più vicina a Stefano Bonaccini ma non solo, considerano finita ogni possibilità di alleanza con Giuseppe Conte. Non si fidano più, avvertono - e non da oggi - che il suo vero obiettivo sia sempre stato cannibalizzare il Pd e tornare (provarci) a palazzo Chigi grazie ai voti del Pd. La prova definitiva è quello che è successo a Bari ritirandosi dalla primarie (il suo candidato è Laforgia), impedendo di farle (gli è riuscito quasi ovunque) e mettendosi a dare lezioni di moralità al Pd, alla segretaria e quindi a tutta la comunità di elettori Pd. Per i riformisti del Pd è la classica goccia che ha spaccato una diga già lesionata. La sinistra del Pd è disperata e abbastanza silente: Conte è stato il loro piano A senza avere il piano B. Persino Bersani, teorico del campo laego, ha sbroccato: “Forse Conte vuol fare un nuovo partito del vaffa…”. C’è qualche pontiere al lavoro, ad esempio Andrea Orlando e Goffredo Bettini che parlano di ricerca di un terzo uomo a Bari facendo fare un passo indietro ad entrambi gli altri candidati (ma Laforgia non ci pensa proprio) e ricordano come “è vero che alle Europee c’è il proporzionale e ciascuna forza potrà pesarsi per quello che vale (ecco perchè, è il sottinteso, Conte lancia i suoi acuti ) ma va ricordato che nel 70% dei comuni al voto Pd e 5 Stelle sono in coalizione”.
Ma il fronte è doppio
Il fronte è doppio tra i dem. Riguarda il destino del campo largo e il destino della segretaria. Le inchieste di Bari e Torino che hanno coinvolto a diverso titolo dirigenti locali dem (due inchieste a Bari, la prima per infiltrazione mafiosa dove è indagato un consigliere comunale, la seconda per voto di scambio; una inchiesta a Torino, vecchia di nove anni, dove si ipotizzano peculato e corruzione elettorale per un anziano ras del Pd locale) ha sicuramente dato il colpo finale ad un’alleanza tanto necessaria quando impossibile. Al Movimento 5 Stelle non è parso il vero di issare la solita bandiera della legalità-tà-tà e del giustizialismo e di far saltare le primarie di coalizione a Bari che Conte aveva dovuto ingoiare. L’appello-ultimatum che l’ex premier ha rivolto alla segretaria Schlein è stato però considerato indigeribile. “Cambi il Pd prima che il Pd cambi lei” ha detto Conte. Intollerabile. “Leggere di Conte che ingiunge a Elly Schlein di trasformare il Pd, pena lasciarsi trasformare dal vecchio Pd, mi fa davvero arrabbiare. Come si permette?” chiede il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori. “Il Pd è fatto da migliaia di donne e uomini per bene. Un partito con un minimo di spina dorsale non dovrebbe consentire a nessuno di parlare così”. Molto dura anche Debora Serracchiani, responsabile giustizia nella segreteria Pd. “Prima di fare lezioni di moralità a destra e a manca, Conte valuti se sia eticamente raccomandabile l’opportunismo di fare e disfare accordi politici per calcolo elettorale. Con i militanti del M5S stiamo tenendo aperti dialoghi costruttivi su molti territori e c’è rispetto reciproco, ma non sentiamo nessun bisogno che qualcuno fuori dal nostro partito venga a darci la linea e a dettare condizioni”.
Schlein cade in trappola e spacca il partito
La segretaria Schlein è rimasta ieri lontana dalle polemiche dopo aver parlato molto chiaro nei giorni scorsi quando ha attaccato Conte (“Quello di Conte è un tradimento, così si aiuta la destra”) e quando lunedì in un’intervista a Repubblica ha detto “Sfido le correnti del Pd, sulle liste Ue decido io”. Bene la prima, poco bene la seconda. Che, in piena sindrome tafazzista, induce ad aprire - meglio riaprire - il secondo fronte, quello sul gradimento della segretaria. In momenti come questi almeno al proprio interno sarebbe opportuno restare compatti. Succede esattamente il contrario. A destra si sono apparecchiai con tartine di caviale e champagne. Per la minoranza interna, il quadro lo ha fatto Piero De Luca, coordinatore dell’area Pd che fa riferimento a Stefano Bonaccini. Con un messaggio alla segretaria Elly Schlein e a Giuseppe Conte: “Massima intransigenza contro illegalità e condizionamenti - ha detto De Luca - ma al tempo stesso bisogna evitare di delegittimare i dirigenti e gli amministratori perbene, chi dedica la propria vita alla politica, alla comunità. Evitiamo di farci fare l’esame del sangue dal M5s”. La Campania è la prima a dare il via libera al codice etico: “Spero che venga approvato in tutte le regioni” ha detto De Luca. Stefania Pezzopane, ex deputata Pd, fa notare che il Codice etico è stato già adottato nel 2008 e comunque, “non avrebbe cambiato le cose visto che nessuna delle persone coinvolte nelle ultime inchieste aveva avuto prima problemi con la giustizia”. A meno che il Codice etico non diventi il modo per scardinare le correnti interne, cacicchi e capibastone, che sono nel mirino della Schlein dal primo giorno della sua segreteria. Su questo sta lavorando il fedelissimo Igor Taruffi. Ma anche questo non piace perchè “le correnti sono vivacità e democrazia interna e non sinonimo di malaffare".
E il problema diventano i cacicchi
Ecco perchè il fronte interno contro la segretaria si sta complicando. “Sulle liste decido io” è stato l’altro avviso ai naviganti. Certe cose si fanno e non si annunciano. Comunque. Aggiunge Pina Picierno, vicepresidente del gruppo a Strasburgo, la cui ri-candidatura si annuncia essere complicata: “Segnalo che ai candidati del Pd è richiesta da sempre la presentazione del casellario giudiziario e che il codice etico del Pd esiste dal 2008”. Sull’ultimatum alle correnti Stefano Bonaccini, referente di quella più forte e robusta, l’ha presa alla larga, ma ha fatto capire che il ragionamento della segretaria non lo convince: “Quando Elly Schlein dice che non devono essere le correnti del Pd a fare le liste per le elezioni europee, io non posso non essere d’accordo” ha premesso. “In ogni caso - ha precisato - è importante che decidiamo insieme, proprio per la pluralità di cui il Pd ha bisogno”. Sarebbe in cantiere un incontro a breve per parlare di europee. E la prossima settimana dovrebbe riunirsi la direzione del partito per dare il via libera alle liste. Ancora non si sa cosa farà la Schlein: anche questa incertezza non aiuta il Pd. Picierno è la già diretta: “Tutto serve, tranne che usare la questione morale come una clava per dire ‘ok, ora comando io’ e questo attribuire l’origine di ogni male alle correnti mi pare un po' uno scaricabarile noioso. E che ha annoiato. Torniamo seri, per pietà”. Anche Gianni Cuperlo, che ha una sua propria mozione, non vuole “lezioni di moralità dal Movimento 5 Stelle o da altri”, magari dalla stessa Schlein. “Con la stessa sincerità - ha aggiunto - dico a chi siede da anni nelle istituzioni di astenersi dall'additare aree culturali e correnti come la fonte di ogni regressione etica”.
Il nuovo Codice
Igor Taruffi, responsabile dell'Organizzazione, ha il compito di elaborare un nuovo codice di autoregolamentazione che nel Pd già chiamano “codice anti-cacicchi”. In Campania, sotto la guida del commissario Antonio Misiani (e con il coordinamento dell’ex procuratore antimafia Franco Roberti), è stato approvato ed adottato un regolamento per le candidature alle elezioni che prevede verifiche mirate sulla possibili incandidabilità in riferimento al codice etico del partito ed a quello di autoregolamentazione della Commissione Antimafia. Il regolamento prevede anche l’obbligo di “denunciare eventuali tentativi di condizionamento, di voto di scambio, intimidazione, corruzione e concussione», prima e durante il mandato elettivo”. Se così è, Laforgia non potrebbe essere candidato a Bari visto che l’avvocato penalista è a conoscenza dal 2021 del “sistema Cataldo” e della lista “Sud al centro” che solo adesso la magistratura ha denunciato. Laforgia sapeva ma non ha denunciato. Cosa che ha invece fatto Decaro, e quindi il suo capo di gabinetto Leccese, facendo 18 esposti in procura contro il voto di scambio. Schlein vuole allargare il codice campano a tutta Italia.
Gli annunci di Conte
Intanto Conte continua a dare lezioncine di etica. “Il concetto di lealtà deve essere maneggiato con cura per l’igiene della politica. Dobbiamo essere leali coi valori che declamiamo quando andiamo in tv, per cui di fronte a certe inchieste che vanno a toccare l'inquinamento del voto e scambi di favori con la malavita, penso che la politica non possa mettere la testa sotto la sabbia, altrimenti sarebbe una politica malata”. Peccato che la sua assessore 5 Stelle continui a restare seduta nella giunta Emiliano. Lo staff dell’ex premier lascia filtrare che in settimana ci saranno clamorose novità. Con tanto di conferenza stampa. Laforgia da Bari lascia intendere che non solo non fa il passo indietro richiesto dal Pd e dal suo opponent Leccese “ma qui c’è addirittura il rischio che non ci facciano votare e che venga tutto rinviato a ottobre”. La Commissione del Viminale che deve misurare il caso eventuale di infiltrazione mafiosa nel comune di Bari e poi chiederne lo scioglimento, è al lavoro e potrebbe aver bisogno di più tempo. Tempo prezioso per la destra che è tuttora senza candidato. Amaro il commento del sindaco Antonio Decaro: “Poteva essere un laboratorio politico: a Bari sarebbe stata la prima volta che il M5s faceva le primarie insieme al Pd e alla coalizione del centrosinistra. Purtroppo così non è stato”.