Pronto il decreto per mandare nuove armi in Ucraina. Conte non ci sta e convoca Draghi e Guerini in aula
Il ministro della Difesa al Copasir per illustrare le decisioni assunte durante il vertice a Ramstein. Il leader del Movimento: "Pronti a votare contro"
O è completamente bicefalo, con due teste distinte e ormai scollegate una dall’altra. O siamo davanti ad una straordinaria recita a soggetto dove i protagonisti sono il poliziotto buono e quello cattivo. A voi decidere, in base al vostro punto di vista, chi è il buono e il cattivo tra Giuseppe Conte e Luigi di Maio. L’obiettivo è lo stesso: far parlare di sè, riflettori e microfoni a disposizione per trovare cittadinanza sul palcoscenico della politica (gli ultimi sondaggi danno il Movimento al 12 per cento). Fatto sta che in una giornata delicatissima sul fronte della guerra russo-ucraina, dove per la prima volta e abbastanza inattesi in serata si sono visti oltre ai soliti diktat (“voglio la Crimea e il Donbass”) anche spiragli di sensatezza da parte di Vladimir Putin, Giuseppe Conte, ex premier e leader del Movimento chiede ufficialmente che il premier Draghi e il ministro della Difesa Lorenzo Guerini “vengano in aula a riferire sull’invio di nuove armi al governo ucraino”. La richiesta ha toni perentori e senza appello. Quasi che Draghi e Di Maio non fossero premier e ministro degli Esteri del suo stesso governo. Del governo che il Movimento 5 Stelle e Conte appoggiano e a cui rinnovano ogni settimana la fiducia.
Uno dei tanti paradossi
Il paradosso, uno dei tanti, è che la messa in giudizio di premier e titolare della Difesa avvengono mentre Di Maio è impegnato - su mandato dello stesso Draghi - a costruire un tavolo di mediazione che da Instanbul arrivi a Mosca. Passando per Kiev. E dove l’Italia, e l’Europa, possano avere un ruolo di mediazione. E’ lo spiraglio di luce che si vuole trovare, con l’ottimismo della volontà, in una giornata dove si è parlato molti di armi, minacce e assai meno di diplomazia.
Quasi certamente anche questa alzata di scudi sarà l’ennesima bandierina che Conte ha deciso di alzare per occupare uno spazio di pseudopacifismo e quindi anti Nato e antiUsa, che le cronache del 25 aprile hanno dimostrato essere presente. A destra e a sinistra. Molti per calcolo politico, altri per una sincera equidistanza, altri ancora per dimostrare il proprio essere antisistema, alla fine un 30% di italiani è contrario all’invio di armi. E’ una “bandierina” a zero costi - a parte qualche dichiarazione non serve fare molto di più - e alto rendimento. Come quella sulle spese militari di tre settimane fa. Molto probabilmente infatti l’invio di nuove armi sarà un decreto interministeriale che fa seguito a quello approvato a fine febbraio. Non dovrà quindi neppure passare dall’aula. Conte chiede invece che premier e ministro vengano a spiegare.
I continui sgambetti a Letta
Di sicuro, una volta di più, Conte non aiuta in questo modo il “campo largo” di Letta dove il Pd resta epicentro del tutto. E strizza invece l’occhio a quella sinistra (Articolo 1) di Speranza che, anche loro in maggioranza, nel congresso del fine settimana prima ha detto “torniamo nel Pd”, “cancelliamo la scissione del 2017”, salvo poi mettere in guardia e alzare distinguo rispetto “ad ubbie centriste”. Il segretario Letta, fischiato al corteo del 25 Aprile a Milano, avrebbe invece bisogno di verificare ogni giorno la compattezza del gruppo, del suo partito e degli alleati.
E’ stato il ministro della Difesa Lorenzo Guerini a confermare (Tiscali aveva anticipato la notizia il giorno di Pasqua) il nuovo invio di armi. Lo ha fatto direttamente da Ramstein dove la Nato, in formato allargato ad altri paesi come Israele e dando prova di grande compattezza, s è riunita in un vertice informale nella base militare tedesca. Il vertice è diventato un format, un “Gruppo di contatto per il conflitto russo-ucraino”: l’Alleanza si riunirà una volta al mese per aggiornare le modalità di supporto all’Ucraina. Un vertice dove Washington e il Pentagono sono stati i padroni di casa con il sottosegretario alla Difesa Lloyd Austin. “Per garantire di continuare a costruire i nostri progressi, estenderemo questo forum oltre oggi - ha spiegato Austin - L'incontro di oggi diventerà un gruppo di contatto mensile sull'autodifesa dell'Ucraina e il gruppo di contatto sarà un mezzo per le nazioni di buona volontà di intensificare i nostri sforzi, di coordinare la nostra assistenza e concentrarci sul vincere la battaglia di oggi e le battaglie future”. L’obiettivo finale, ha aggiunto Austin, è “garantire il successo a Kiev per evitare che Mosca un domani posa attaccare anche altri paesi. Ma dobbiamo fare presto e muoverci più veloci della guerra”.
Il nuovo decreto italiano
Guerini ha spiegato, tramite un comunicato, che “il secondo decreto interministeriale è attualmente in via di finalizzazione”. Avrà la "stessa natura della precedente tranche di aiuti, forniti sulla base delle richieste da parte dell’Ucraina e in ossequio alle risoluzioni del Parlamento”. Domani il titolare della Difesa sarà davanti al Copasir, il Comitato di controllo parlamentare sulla sicurezza, l’unico luogo deputato in cui il governo deve spiegare qualcosa. Come è noto la lista delle armi inviate è segreta. Ma sappiamo che abbiamo inviato missili terra-aria in grado di intercettare aerei a 2-3 mila metri, mortai, mitragliatrici, munizioni, il necessario per la tipologia della battaglia finora. Di resistenza, difesa, riconquista, metro dopo metro. Ora c’è bisogno di altro perchè Kiev vuole riconquistare il Donbass. E servono mezzi pesanti per una battaglia campale nella parte est dell’Ucraina. La Germania ieri ha deciso l’invio di 50 carri armati Panzer. L’Italia farà altrettanto, mezzi blindati come Lince (con sistemi antimina su cui possono essere montati gruppi di mitragliatrici) e i carriarmati Ariete. Ne abbiamo migliaia parcheggiati in caserme in attesa di manutenzione. Finora abbiano inviato missili spalleggiabili Stinger e Milan, mortai anti-carro, mitragliatrici pesanti e leggere, giubbotti antiproiettile, elementi, razioni k e proiettili in grande quantità.
Guerra di resistenza
Due mesi di guerra hanno messo a dura prova l'arsenale ucraino, pur se continuamente rifornito dai Paesi occidentali, Usa e Gran Bretagna in testa. Ora serve un “ potenziamento dell'assistenza militare”. Lo Stato Maggiore della Difesa, con il Comando operativo di vertice interforze (Covi) guidato dal generale Francesco Figliuolo, sta passando in rassegna le possibili opzioni, tenendo conto anche che gli armamenti terrestri hanno subito un depauperamento negli ultimi anni. Così il Panzerhaubitze 2000, obice semovente di fabbricazione tedesca, usato dall'Esercito italiano, non sarebbe presente in quantità sufficiente da poterne inviare esemplari in Ucraina. Più fattibile la spedizione di semoventi di artiglieria M109, obici che hanno una gittata fino a 15 chilometri. Ci sono poi i cingolati M113 impiegati per il trasporto pubblico. Di Lince ne abbiamo abbastanza da poterli inviare.
Ma a Conte non sta bene
Mentre Guerini era riunito a Ramstein, Giuseppe Conte ha riunito la sua segreteria politica, il Consiglio Nazionale. Per bocciare Guerini. E anche Draghi. La mozione di Conte è stata approvata all’unanimità e chiede “condivisione sull'indirizzo politico e piena possibilità di conoscere gli interventi programmatici del governo” sulle armi. Sono due pagine fitte di paletti e raccomandazioni. Il nuovo pacchetto di armamenti per l'Ucraina dovrà essere giustificato in modo rigido alla legittima difesa come “definito dall'articolo 51 della Carta dei diritti dell’uomo”. L'Italia non deve prestare in alcun modo il fianco ad operazioni che possano contribuire ad una escalation bellica. Non è tanto questione di “peso” delle armi, leggere o pesanti, quanto di “perimetro” degli aiuti: il M5s, insomma, si opporrà ad aiuti dall'Italia che possano servire da “controffensiva” all'attacco russo che resta - almeno questo - senza dubbio l’aggressore e il responsabile unico di questa guerra.
Il premier Draghi ha più volte spiegato che l'intenzione dell'Italia è di “permettere agli ucraini di difendersi”. “II tema delle armi è serio e non lo sottovaluto” ha detto Draghi nell’intervista al Corriere della Sera prima di diventare positivo al Covid.
“Pronti a votare contro il governo”
Il governo, del resto, non può che agire nell'ambito di regole internazionali. Di cosa si preoccupa Conte? “Il governo si adoperi per evitare un’escalation militare in tutti i consessi internazionali, europei o euratlantici” è il messaggio che manda a Draghi.
Salvo poi giocare a nascondino conte parole: “Non temo di spaccare la maggioranza. Non mi pare ci sia nessuno favorevole all’escalation” e se anche ci dovesse essere un voto in Parlamento “noi voteremo conseguentemente”. Dunque il Movimento è pronto a votare contro il governo?
La "pace conquistata con le armi"
Votato e approvato il documento, il leader del Movimento ne ha iniziato la spiegazione andando per tv. Nessun timore di spaccare la maggioranza perchè “siamo fiduciosi che l’indirizzo politico sarà in conformità con quello che abbiamo fin qui tutti condiviso. Cioè bisogna aiutare la popolazione ucraina a difendersi, non dobbiamo lavorare a uno scenario da terza guerra mondiale”. Escalation diplomatica e non militare. Peccato che anche il Presidente della Repubblica abbia fissato la linea rossa sul concetto di “pace conquistata anche con le armi”.
Conte usa il concetto di armi difensive e offensive. Non esiste nulla di più ipocrita. Tutte le armi sono entrambe le cose. Dipende da come vengono usate. Ma per Conte questo concetto diventa un altro refrain utile a marcare la sua differenza. Il punto è che ieri pomeriggio alla Camera i deputati sapevano poco, anzi nulla, di quello che aveva appena votato la loro segreterie. Due teste. E anche due partiti.