Consultazioni: primo round a vuoto. Le opposizioni fanno teatrino, i problemi restano ma nella maggioranza
Il toto-ministri ancora non si compone. Il centrodestra oggi salirà unito per Meloni premier, ma il Cavaliere resisterà a tacere?
Che barba che noia! Il primo giorno di consultazioni passa - oltre che con la sfilata dei due presidenti delle due Camere, che restano (almeno per un giorno) muti entrambi come pesci - con una del tutto inutile, stucchevole, sfilata di rappresentanti, grandi (o presunti tali) e piccoli (quasi tutti, ma loro non si sentono tali) rappresentanti delle opposizioni (Autonomie, Misti e Fritti vari, Verdi-SI, Terzo Polo, 5s, Pd). Salgono al Quirinale con l’abito buono, tutti impettititi (quelli di sinistra-sinistra, però, portano sempre cravatte orribili e i vestiti eleganti gli donano come il vestito di Babbo di Natale) e compunti, ma più che dire che ‘temono’ per la posizione euroatlantica dell’Italia (lo dice persino Conte che, con la Russia, farebbe la pace domani cedendogli tutto il cedibile, Kiev compresa, solo Verdi-SI hanno il buon gusto di parlare d’altro, tipo ecologia, società, etc.) e che ‘vigileranno’ sul governo nascente, che manco c’è e già viene paragonato a quello di un Orban qualsiasi, non sanno fare. Insomma, pura forma, parole inutili e vuote, chiacchiere buttate al vento.
Voteranno contro il governo nascente e amen. Ma ognuno a modo suo, con le sue caratteristiche, specifiche e peculiari, i suoi accenti e nuances. Insomma, ognun per sé e Dio per tutti. Rissose e divisi, le opposizioni non saranno un problema, per la Meloni. Al massimo, si ucciderà di noia, a sentirli parlare (ieri, Conte, davanti ai giornalisti, non finiva più di parlare, manco fosse il premier). I Problemi li avrà, sì, ma dentro la maggioranza.
Le mascherine, ormai, si portano solo al Colle
Per il resto, chiacchiere vuote e grande ressa di notisti politici, anchorman tv, operatori e fotografi, tutti in mascherina – sono rimaste obbligatorie, in pratica, solo al Colle, non nel resto del Paese – e grande affollamento, e curiosità, di giornalisti esteri collocati, però, per troppi che sono, non nella loggia della Vetrata, davanti allo studio del Presidente, come sempre, ma nel più lontano (ma non meno bello) salone degli Scrigni (da lì si sono tenuti i collegamenti). Oggi salirà il centrodestra, in formazione compatta (ci sono anche i piccoli Moderati di Lupi, eh?), con la presenza (anche) di Tajani, oltre a Berlusconi e ai due capigruppo, più Salvini con la Lega e, ovviamente, lei, la Meloni, alla guida di FdI. La quale sarà l’unica a parlare, all’uscita, altro segno evidente che il centrodestra manda all’esterno: l’incarico di governo ‘deve’ andare a lei e, almeno su questo, non ci piove.
Oggi tocca al centrodestra. Parla solo la Meloni, ma Silvio, al suo solito, darà di matto?
Anche se, ovviamente, tutti ‘sperano’ in una di quelle ‘mattane’ del Cav, come nel 2018, quando ‘contava’, facendogli il verso, al Salvini che era, allora, il leader parlante del centrodestra. Una scena e sceneggiata epica cui Salvini non si oppose ma che, lo rifacesse oggi, “la Meloni è la volta che lo manda a f. in diretta mondiale”, pare, o almeno così mettono le mani avanti i suoi, forse per esorcizzare il rischio che il Cav, uscendo, una mattana la faccia davvero, giusto per poter continuare a dire al Mondo intero che ‘Silvio c’è’. Ma se è stato, non a caso, il centrista Maurizio Lupi (diventerà ministro, è sempre più filo-Meloni, Berlusconi lo ha abbandonato al suo destino ormai da tempo, Lupi ha il cervello fino) ad annunciare che sarà solo la premier in pectore Meloni a parlare al termine delle consultazioni, dentro FI, però, si sottolinea che non ci sono stati contatti diretti e che, quindi, non è escluso che Berlusconi possa intervenire una volta terminato il colloquio con il Capo dello Stato. E quindi non c’è nessun accordo per ora sul 'percorso' e sui contenuti del faccia a faccia che i leader, accompagnati dai rispettivi capigruppo, avranno con Sergio Mattarella. Altra ipotesi è quella di una dichiarazione da concordare nella giornata di domani. Si va comunque al buio, anche se il presidente di FdI è e resta ottimista. "Domani (cioè oggi, ndr.), insieme a tutta la coalizione del centrodestra, saliremo al Quirinale per le consultazioni con il Presidente della Repubblica Mattarella. Siamo pronti a dare all'Italia un governo che affronti con consapevolezza e competenza le urgenze e le sfide del nostro tempo", scrive sui social Meloni.
Ma i rapporti tra FdI e FI restano molto tesi
"Bisogna pensare a quello che serve al Paese, basta polemiche", osserva un 'big' di FdI. Ma i nodi sul tavolo non sono sciolti. Berlusconi continua a ritenere che il dicastero della Giustizia dovrebbe toccare a un esponente di Forza Italia, ma il presidente di FdI per il ruolo di Guardasigilli pensa all'ex magistrato Nordio che l’altro ieri ha avuto un colloquio proprio con il Cav. I rapporti tra Fdi e FI restano dunque tesi, il sostegno all'esecutivo non è incondizionato, per il presidente azzurro, che punta ad un esecutivo di centrodestra, considerata la volontà degli elettori, ma chiede pari trattamento: "Il centro-destra è fatto di tre forze politiche, ognuna delle quali è numericamente e politicamente essenziale alla vita del futuro governo". Insomma, l’ascia di guerra del Cav non è stata affatto dissotterrata. In prima battuta, i meloniani avevano pensato di vendicarsi facendo saltare gli Esteri per Tajani, ma invece il via libera a Tajani è a un passo. Sono due le ragioni principali. La prima, e più banale, è quella che far saltare il più pesante dei dicasteri promessi agli azzurri e a Berlusconi in persona rimetterebbe tutta la partita in alto mare, con conseguenze imprevedibili. La seconda è che a via della Scrofa mettono in conto che, presto o tardi, Forza Italia imploderà, il contrasto tra falchi e governisti che è infiammato ancor prima che ci fosse un governo potrebbe portare a una frammentazione. E allora meglio tenersi vicine e gratificate le colombe, dargli forza dentro il partito, creare dei contenitori (i gruppi di Noi Moderati e del Maie al Senato e in costituzione alla Camera) come valvola di sfogo per l’uscita dal partito e la permanenza in maggioranza. Isolare quanto più possibile Berlusconi, e con lui la plenipotenziaria Licia Ronzulli, per tenere saldi i numeri della maggioranza quando succederà. Dice un onorevole meloniano: “Tajani potrebbe essere il leader del nuovo Nuovo centrodestra”. Ridacchia, ma è alquanto serio.
Insomma, i ‘poli’ restano due. Berlusconi ragiona con il manuale Cencelli in mano, e la Lega pure. Meloni, invece, vuole un governo "forte" e con le giuste "competenze" perché ora dovrà dimostrare che è una politica che sa mantenere le promesse.
Meloni riuscirà a fare un governo autorevole?
La vera sfida, inizia dunque, quando Sergio Mattarella, con ogni probabilità, le affiderà l'onore ma anche l'onere di formare un governo. Chiudere in fretta è il mantra. Il prima possibile. Per mettersi subito al lavoro ma anche per evitare che altre "sgrammaticature", una delle parole più usate dalle parti di FdI, rischino di azzoppare il governo prima ancora della sua nascita. Perché tenere insieme le tre anime del centrodestra si sta rivelando complesso quanto le emergenze che la aspettano a Palazzo Chigi. Anche per questo la leader di FdI, che anche ieri ha passato un'altra giornata lontana da Montecitorio, lavora a una squadra dove entrerà qualche profilo tecnico, scelto da lei, e molti dei suoi fedelissimi sia per blindarsi sia riuscire a parare le future intemperie.
L’imprevedibile Silvio oggi parlerà pure lui?
A preoccupare di più, in queste ore, però, resta l'imprevedibilità di Silvio Berlusconi. Giorgia si chiede ancora se, all'uscita dalla sala alla Vetrata del Quirinale, a parlare sarà solo lei a nome della coalizione, nessun altro, come le è stato promesso, per evitare che si ripeta quanto già successo 5 anni fa. Il Cavaliere è ancora furibondo per come sono andate le cose fin qui, per il trattamento riservatogli dalla "signora Meloni" e non intenzionato a farsi da parte. Ancora ieri - dopo la bufera scatenata dalle sue parole su Putin e l'Ucraina - è tornato a insistere sul fatto che Elisabetta Casellati sarebbe un ottimo Guardasigilli. E a sottolineare, in una intervista e sui social, quanto ognuna delle tre forze politiche del centrodestra sia "numericamente e politicamente essenziale" per la "vita" del futuro governo. Un ricatto, appunto.
Oggi, nella delegazione al Colle sarà affiancato dai due capigruppo ma anche dal coordinatore di Fi, Antonio Tajani, che ha visto traballare la sua collocazione alla Farnesina proprio per le intemperanze del presidente azzurro. Alla fine, Tajani dovrebbe diventare ministro degli Esteri (ma è sempre più in forse il ruolo di vicepremier, per lui come per Matteo Salvini) Meloni sarebbe intenzionata a confermare la presenza bilanciata dei partiti alleati della coalizione al governo. A FI andranno quindi 5 ministeri, altrettanti alla Lega che al posto dell'Agricoltura potrebbe incassare l'Istruzione e che può contare anche sul +1 del ministero dell'Economia, che sarà affidato a Giancarlo Giorgetti, col benestare del Quirinale.
Il consueto valzer dei toto-ministri che ‘balla’
Anche se c'è chi sostiene che vi siano state ancora pressioni su Fabio Panetta, ma si tratta di voci che non trovano conferme e che, ormai, sarebbero un notevole sgarbo verso lo stesso Giorgetti, uno dei pochi nomi su cui Meloni ha speso parole di pubblico elogio ("sarebbe un ottimo ministro dell'Economia"). Nelle ultime ore cambiano destinazione diversi 'papabili' e, soprattutto, nella lista che la leader di FdI, una volta ricevuto l'incarico, potrebbe presentare già domani sera o al più tardi sabato mattina al presidente della Repubblica, per giurare entro domenica, entrano molti dei suoi fedelissimi. Tra le new entry dell’ultima ora non solo Francesco Lollobrigida, appena rieletto capogruppo alla Camera, che dovrebbe prendere le redini del ministero dell'Agricoltura che tanto avrebbe voluto la Lega, ma anche Luca Ciriani, mandato a capo delle truppe al Senato, che dovrebbe invece andare ai Rapporti con il Parlamento, che, date le premesse, potrebbero diventare essere più burrascosi di quanto immaginato inizialmente, ma questo sarebbe uno sgarbo a Maurizio Lupi, che si sta spendendo molto per l’operazione ‘Moderati per Giorgia’, cioè per sfilare truppe a FI e darle a lei.
L'Università dovrebbe essere assegnata alla forzista Gloria Saccani Jotti, mentre Annamaria Bernini sarebbe sempre in corsa per la Funzione pubblica o l'Istruzione. Quanto alla Lega, Matteo Salvini va alle Infrastrutture, Giancarlo Giorgetti all'Economia, il prefetto Matteo Piantedosi al Viminale, Roberto Calderoli agli Affari regionali, Simona Baldassarre alla Famiglia. Il giurista Giuseppe Valditara è indicato all'Istruzione. Partita ancora aperta per affidare un dicastero a 'Noi moderati', che hanno già ottenuto alcuni posti nell'Ufficio di presidenza di Camera e Senato e sono riusciti a formare i gruppi autonomi grazie a parlamentari di Fdi in prestito. Se i centristi dovessero spuntarla, ne beneficia Maurizio Lupi, con i Rapporti con il Parlamento.
La Meloni ora punta molto sui suoi fedelissimi
Potrebbe trovare posto in squadra anche Edmondo Cirielli (dato alla Difesa), oltre ad Adolfo Urso e, forse, a Guido Crosetto, il quale – sempre meno convinto di andare al Mise, che ritiene depotenziato - accetterebbe la Difesa. Di certo ci sarà anche Giovanbattista Fazzolari, che potrebbe diventare il nuovo sottosegretario alla presidenza anche se in queste ore cresce l'ipotesi che possa andare a Palazzo Chigi come capo della Segreteria. La leader ha tenuto per sé anche la scelta di alcune figure tecniche, dalla Salute alla Cultura (dove sale il nome di Gennaro Sangiuliano). Fino allo sport, ministero cui tiene: potrebbe andare al suo Andrea Abodi.
Sarà istituito pure il ministero del Mare, che dovrebbe inglobare la delega ai porti (strategica per gestire gli sbarchi clandestini, sottraendola alle Infrastrutture) e FdI terrà la Difesa, di primaria importante ora con il conflitto ucraino in corso (per Adolfo Urso e il generale Luciano Portolano); il Turismo (Daniela Santanchè) e l'Agricoltura, 'conteso' da Roberto Berruti, Luca Di Carlo e Francesco Lollobrigida, attuale presidente dei deputati di FdI e fedelissimo di Giorgia. Altro meloniano, l'attuale co-presidente di Ecr a Bruxelles, appena 'tornato' in Parlamento, Raffale Fitto, avrà gli Affari europei. Ma non è chiaro a chi andrà la delega ai Servizi segreti. Per il Lavoro si pensa a Marina Calderone e per la Salute un tecnico, Francesco Rocca su tutti.
I pezzi della ‘quadra’ che finora ci sono stati
Ribadito che Tajani resta lì, nonostante il pressing dell'opposizione a non assegnare ad un esponente azzurro il ministero degli Esteri, Salvini andrà alle Infrastrutture, Calderoli agli Affari regionali. La Lega attende la 'promozione' di Piantedosi al Viminale (è stato il capo gabinetto proprio di Salvini nel Conte I), mentre per quanto riguarda la Disabilià è favorita la leghista Locatelli (in alternativa l'europarlamentare Baldassarre). Alla Cultura e alla Sanità dovrebbe arrivare un tecnico, al Mise è invece ormai favorito Urso. Per la successione di Guerini alla Difesa si fa il nome del generale Graziano ma la poltrona potrebbe pure toccare ad un esponente di FdI e, in questo caso, quell’uomo sarebbe Guido Crosetto.
Possibile un tecnico anche all'Agricoltura (Berutti) qualora non dovesse spuntarla De Carlo di FdI. Per i Rapporti con il Parlamento è in pole position Lupi. Ma il pressing in FI affinché arrivi una 'compensazione' per la 'rinuncia' al dicastero di via Arenula è sempre costante. E tra i 'big' azzurri sottotraccia si contesta sempre "il metodo del presidente di Fdi" sui nomi di FI, per esempio quello di Pichetto Fratin che dovrebbe andare alla Transizione ecologica e che non sarebbe stato indicato direttamente dal Cavaliere.
La Meloni punta a tempi brevi. Riserva o no?
La presidente del Consiglio in pectore punta a tempi brevi: seguirà il calendario suggerito dal presidente della Repubblica, ma il percorso dovrebbe completarsi entro mercoledì: possibile lista dei ministri già stasera sera, con giuramento sabato o domenica mattina, la fiducia alla Camera martedì e il giorno dopo, mercoledì, al Senato. Passaggi che andranno declinati nelle prossime ore, anche se l'attesa è e resta tutta sulla lista dei ministri che il presidente di FdI sta facendo. Domanda, formale e anche politica: meglio accettare l’incarico ‘con riserva’, come da prassi, o scioglierla seduta stante? L’atto di ubris lo fecero solo due presidenti del Consiglio: Pella (1953) e Berlusconi (2008) ma solo perché il primo era un governo eterodiretto dal Colle (Einaudi) e il secondo voleva far arrabbiare il Colle (cioè Napolitano), facendo saltare la prassi. Sarebbe poco saggio, anche se, per bruciare i tempi, Meloni non farà delle sue consultazioni e scioglierà la riserva non più tardi sabato mattina.
Certo è che la Meloni è determinata a chiudere il sudoku ministeriale in tempi rapidi, subito dopo aver ricevuto l'incarico di premier dal capo dello Stato (domani pomeriggio o al massimo sabato mattina). L'impressione è che voglia sciogliere la riserva con la lista dei ministri già sabato pomeriggio, in stile Draghi per mettersi al riparo da nuovi imprevisti (si parla di una terza tranche di 'audio rubati' del Cav) che potrebbero interrompere bruscamente le trattative e riportare il caos nel centrodestra ancor prima di approdare a palazzo Chigi. In serata anche una telefonata della leader di via della Scrofa con Matteo Salvini per le ultime limature mentre ieri non ci sono stati contatti con Silvio Berlusconi.
Se il centrodestra riuscisse a varare la squadra entro domenica, come nelle intenzioni della leader di Fratelli d’Italia, si aprirebbero le possibilità per un incontro con Emmanuel Macron, in visita fino a lunedì nella capitale. L’occasione per allacciare un rapporto dopo anni di endorsement a Marine Le Pen, di una photo-opportunity che collochi Meloni plasticamente al fianco degli alleati occidentali, nel cuore dell’Europa è troppo ghiotta per farsela scappare.
Gli staff sarebbero già in contatto, un laborioso e discreto lavoro preparatorio lontano dai riflettori per non incorrere in sgarbi istituzionali. Un incontro che diventa un campo minato dopo le parole del Cavaliere, come scrive Le Monde. Per la Meloni, sarebbe un altro bel colpaccio, Macron ma lo sarebbe di più fare un governo a sua guida senza che Berlusconi dia troppo ‘di matto’, ecco.