Tutti i condoni fiscali “nascosti” nella manovra, dalle criptovalute ai mille euro. Lo Stato spera di fare cassa
Sono almeno quattro le diverse tipologie di sanatorie individuate dal governo Meloni. “La maggior parte - ha spiegato il viceministro Leo - sono crediti inesigibili. Tanto vale alleggerire il lavoro dell’Agenzia”
Quattro. Nemmeno uno. Sono ben quattro i condoni fiscali presenti nella prima legge di bilancio del primo governo di destra-centro della storia italiana. Quattro è un numero consistente. Senza precedenti. Al di là del valore assoluto dei soldi che potrà realmente portare nelle casse dello stato. Vero motivo per cui, si spiega, è stata decisa questa linea di perdono verso evasori ma anche verso molte persone per bene in difficoltà economica a cui in questo modo si offre la possibilità di ricominciare senza il peso, la vergogna e le catene del debito con lo Stato. Sono oltre mille i miliardi non riscossi.
Tra l’articolo 30 e il 45 della legge di bilancio sotto nomi gentili come “conciliazione”, “rinuncia” o “definizione agevolata”, “stralcio, ravvedimento speciale, composizione” si nascondono ben quattro diversi tipi di condono: il condono delle liti fiscali pendenti; quello per le cartelle sopra i mille euro; quello per le cartelle sotto i mille euro e, new entry; la regolarizzazione per le criptovalute. Non è chiaro il gettito che il capitolo della pace fiscale potrà portare nelle casse dello Stato. I dati certi sono altri:
il magazzino dell'Agenzia delle Entrate conta ormai 1.132 miliardi di tasse, imposte e contributi non riscossi che si traducono in 140 milioni di cartelle esattoriali. Metà di queste ha un importo sotto i mille euro. Una buona parte - in riscossione tra il primo gennaio 2000 e il 31 dicembre 2015 - finirà nel cestino. Non solo. Come ha spiegato il viceministro dell’economia Maurizio Leo, oltre ai contribuenti deceduti e alle imprese fallite da cui lo Stato non potrà più avere nulla, “ i costi di riscossione sono più elevati rispetto a quello che si può riscuotere”. Dunque, tanto vale una bella tombale, prendere quello che si può e liberare l’agenzia da una zavorra che rallenta tutte le altre operazioni. E buona pace per chi in questi anni ha sempre pagato tutto rinunciando, facendo scelte, non dormendo la notte per il pensiero dei debiti.
Azzeramento fino a mille euro
Ogni condono ha le sue regole. E sottoregole. Cominciamo dal più semplice: l’azzeramento delle cartelle fino a mille euro. All’articolo 45 delle legge di bilancio si legge che saranno annullati automaticamente tutti i debiti fino a mille euro, comprensivi di capitale, interessi e sanzioni e maturati nel periodo gennaio 2020-31 dicembre 2015. Queste cartelle scompariranno da sole, il contribuente non dovrà fare nulla e si ritroverà il cassetto fiscale vuoto. La cancellazione, si legge, sarà effettuata entro la fine di gennaio 2023. Dal primo al 31 gennaio si fermerà anche la riscossione dei nuovi debiti, sempre riferiti a importi fino a mille euro. Come detto, in questo modo dovrebbe annullarsi circa la metà del magazzino dell’Agenzia che conta mille e cento miliardi di arretrati per circa 140 milioni di cartelle.
Oltre i mille euro
Il governo ha messo a punto una via di uscita per 500 mila contribuenti che non sono riusciti a rispettare i termini della Rottamazione ter che prevedeva un patto con lo Stato per pagare a rate i debiti tributari senza il fardello di sanzioni. Essendo venuti meno al patto, questi 500 mila adesso tornano al punto di partenza: pagare tutto, in un’unica soluzione e con l’aggravio degli oneri accessori. La via d’uscita offerta dalla legge di bilancio prevede il pagamento integrale del valore del debito fiscale rateizzato in cinque anni e un forfait del 5% per tutti gli oneri accessori.
Tutto questo è appena accennato nel testo della manovra perché in realtà, prima di definire il tutto, occorre aspettare tra il 30 novembre e il 5 dicembre quando scade l’ultima rata di pagamento per 700 mila contribuenti.
Tre fattispecie
Per questa sanatoria/rottamazione sono state previste tre diverse tipologie. La prima: il contribuente che ha presentato dichiarazioni fedeli (l’ultima quella del 2021) ma poi non è riuscito a pagare avrà una sanzione sugli oneri accessori ridotta al 3% e la possibilità di pagare a rate diluite in cinque anni. La seconda: il contribuente che ha omesso di mettere alcuni redditi in dichiarazione, dovrà pagare il 5% degli oneri accessori e avrà due anni di tempo per saldare il debito. Lo chiamano “ravvedimento operoso”. La terza: il contribuente raggiunto da un avviso di accertamento può aderire alla proposta del fisco con la proposta di acquiescenza ottenendo così uno sconto sulla sanzioni e una rateizzazione; se invece il contribuente non accetta, potrà accedere al contraddittorio al termine del quale avrà le sanzioni ridotte al 5% e la rateizzazione.
Dieci modalità
L’articolo 46 della manovra prevede comunque ben dieci diverse modalità di regolarizzazione con il fisco. Dalla definizione agevolata sui controlli automatizzati delle dichiarazioni alla regolarizzazione di irregolarità formali fino al ravvedimento speciale delle violazioni tributarie. E queste sono solo tre. Se ne contano in tutto dieci. Possiamo immaginare con quale gioia abbiano accolto tutto questo avvocati tributaristi, fiscalisti e commercialisti.
Il magico mondo delle criptovalute
Il mercato - privato- delle criptovalute è in un momento di crisi importante dopo il fallimento di uno dei più importanti operatori (FTX) di questo mercato parallelo.
Finora per prassi l'Agenzia delle entrate ha equiparato le valute virtuali a quelle estere, assoggettando le conversioni all'imposta del 26%. Ora si va verso un quadro normativo con una specifica definizione, con una regolarizzazione delle cripto-attività e una tassazione delle plusvalenze. Per chi non ha dichiarato nel riquadro RW della dichiarazione dei redditi l’attività in criptovalute e i rediti realizzati entro il 31 dicembre 2021, potrà fare una “emersione” attraverso un apposito modulo che è ancora in via di definizione da parte dell’agenzia delle entrate. Sarà fatta una distinzione tra chi ha realizzato redditi e chi no. In questo caso sarà versata una sanzione pari allo 0,5 per ogni anno sul valore delle attività non dichiarate. Chi invece ha realizzato redditi dalla criptoattività, dovrà invece pagare un’imposta sostitutiva pari al 3,5 del valore dell’attività detenuta al termine di ogni anno. A questa cifra, dovrà poi essere aggiunto un ulteriore 0,5% a titoli di sanzioni e interessi.
Prevista anche la possibilità di rivalutare anche il valore delle criptoattività detenute al promo gennaio 2023 con un’imposta sostitutiva del 14%. Il versamento dovrà essere effettuato entro la fine fi giugno.
La normativa in realtà prevede anche altre variabili e distinguo, ad esempio tra persone fisiche ed imprese, il passato e il futuro. Quello che qui si può dire e sembra chiaro è che questa sanatoria sulle criptoattività prende il posto di quella che doveva essere una più generale voluntary disclosure. C’è da chiedersi, anche, se ne valga la pena visto che quello delle cripto è un mercato in crisi. Forse proprio per questo, per il fatto che la gente voglia rientrare e realizzare, se ne immagina il successo
Quanto porterà in cassa?
Ma davvero questo condono servirà a smaltire il magazzino? E a fare cassa che è ciò di cui il governo ha più bisogno? I precedenti dicono di no. Lo stesso “saldo e stralcio” era stato adottato nel 2018 dal governo gialloverde guidato da Giuseppe Conte. Nel decreto fiscale approvato dal Consiglio dei ministri il 15 ottobre faceva capolino un condono per le cartelle fino a mille euro (gennaio 2000-dicembre 2010). Il magazzino delle entrate è andato bene (circa 30 miliardi). Ma non c’è stato quell’alleggerimento atteso sugli arretrati dell’Agenzia. Le cartelle sotto i mille euro continuano a pesare moltissimo - l'80% - sul totale delle operazioni di riscossione e il magazzino continua a crescere. Ogni anno si recuperano in media 10 miliardi e quindi il carico si alleggerisce, ma nello stesso periodo entrano 70 nuovi miliardi da riscuotere, che si trasformano in nuove cartelle, sotto e sopra i mille euro. Per questo il totale dei crediti non riscossi è arrivato fino a 1.132 miliardi, salendo vertiginosamente dai 909,5 miliardi del 2018. Un aumento di 222,5 miliardi in appena quattro anni. Una situazione cronica che il direttore dell'Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini ha più volte denunciato, sollecitando un intervento strutturale da parte del Parlamento.