Il complotto mediatico-giudiziario contro la premier e la sorella Arianna
La teoria lanciata ieri in prima pagina su Il Giornale subito raccolta da Giorgia Meloni che definisce “mosse basse e squallide contro mia sorella Arianna”. L’attacco a Renzi e a Iv che hanno fatto interrogazioni sul ruolo di Arianna nelle nomine. In questo clima, passa quasi inosservato il vertice in masseria tra Meloni e Salvini. Quando il vero tema anche in questo agosto sono le distanze su quasi tutti i dossier tra i soci di maggioranza
“Vogliono indagare Arianna Meloni” titolava ieri a tutta pagina il Giornale con un lungo editoriale del direttore Sallusti. Vista e considerata l’importanza della sorella della premier nell’organizzazione del primo partito italiano, siamo andati tutti a leggere cercando lo scoop nel cuore dell’estate. Alla fine di una lunga articolessa è rimasto in piedi lo schema di un vero complotto. Ovvero, secondo “il sistema dell’ex pm Luca Palamara” ha spiegato Sallusti, “bastano un paio di giornali d’area (in questo caso Il Fatto Quotidiano e Repubblica) e un paio di partiti che presentano interrogazioni parlamentari ad hoc (in questo caso Italia viva e Pd), un paio di notizie probabili, smentite e quindi alla fine solo possibili (Arianna Meloni in forcing per le nomine Rai e quelle in Fs con nomi d’area) e una procura compiacente”. Si mescola il tutto e un’indagine per traffico illecito di influenze è pronta e servita coinvolgendo come prima indagata Arianna Meloni. Sallusti ha dato il via. Per tutto il giorno deputati e senatori di Fratelli d’Italia hanno inoltrato decine di dichiarazioni spam sullo “scandalo” dell’attacco “infame ed inaudito ad Arianna Meloni”. Fino all’attacco finale della premier, verso le sei del pomeriggio: “Contro Arianna mosse squallide e disperate. Significa che stiamo smontando un sistema che tiene in ostaggio il Paese”.
Ma l’inchiesta non c’è
Una tale convergenza di fatti che molti a quell’ora del giorno si sono dati da fare per cercare quale fosse la procura che avesse già aperto il fascicolo d’indagine sulla sorella Arianna. Proprio così come aveva scritto Sallusti. Il punto è che l’inchiesta non esiste. Non ce n’è traccia. E’ un’ipotesi del terzo tipo una volta che si sono verificati il primo ed il secondo. Insomma, non esiste. Ed è, al momento almeno, il piatto forte di una teoria complottista che spinge la premier sempre di più in un bunker di vittimismo e, appunto, complottismo. Che sembra essere una cifra distintiva delle destre.
Umberto Eco scriveva che “le dittature, per mantenere il consenso popolare intorno alle loro decisioni, denunciano l’esistenza di un paese, un gruppo, una razza, una società segreta che cospirerebbe contro l’integrità del popolo dominato dal dittatore”. Citava gli esempi di Hitler e Mussolini. E aggiungeva, il grande semiologo e filosofo, che “ogni forma di populismo, anche contemporaneo, cerca di ottenere il consenso parlando di una minaccia che viene dall’esterno, o da gruppi interni”. In questo caso siamo come minimo alla costruzione e all’impiego della più grande arma di distrazione di massa. Infatti ieri, giornata che doveva avere nell’incontro nella masseria pugliese tra Giorgia Meloni (in vacanza là con la sorella, appunto, il ministro-cognato Lollobrigida e il padre della piccola Ginevra) e il ministro Salvini l’occasione per un importante chiarimento politico nella maggioranza, è stata invece la giornata dedicata al grande complotto giudiziario.
La replica
Il Giornale, si diceva. Alessandro Sallusti costruisce la teoria del grande allarme. Ipotizza che un asse fatto da quotidiani ostili, sinistra e pm militanti sta tramando contro la sorella della premier. Alla guida della segreteria politica di Fratelli d'Italia, Arianna potrebbe essere presto indagata - è l’sos del Giornale - per traffico di influenze sulle ultime nomine del governo. Provando così a minare la tenuta dell'esecutivo dal fianco più intimo.
Dalla masseria pugliese dove le due sorelle sono in vacanza Giorgia Meloni ha replicato molto irata consegnando una nota alle agenzie: “Purtroppo reputo molto verosimile quanto scritto oggi da Sallusti, gravissimo se fosse vero” e molto simile ad uno “schema visto e rivisto soprattutto contro Silvio Berlusconi”. Ossia “un sistema di potere che usa ogni metodo e ogni sotterfugio - spiega - pur di sconfiggere un nemico politico che vince nelle urne la competizione democratica”. Quindi dopo aver “setacciato la vita mia e di ogni persona a me vicina, senza trovare nulla”, la “peggior politica è passata a mosse squallide e disperate” come quella contro la primogenita di casa e sua amata sorella. “Ma in fondo - chiude il ragionamento la premier - sarebbe anche un buon segno, perché queste mosse squallide e disperate da parte della peggiore politica significherebbero solo che stiamo smontando il sistema di interessi che tiene in ostaggio l'Italia da troppi anni. Quindi, avanti a testa alta, con ancora maggiore determinazione”.
Lo zampino
Molti vedono in tutto questo gridare al lupo al lupo (quando il lupo non c’è) lo zampino del primo teorico della necessità del “bunker”, il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, fedelissimo della premier e sostenitore appunto della scelta del vittimismo come modo di esercitare la leadership. Fazzolari cura la comunicazione del governo e della maggioranza. Infatti, a metà mattinata è partita la gran cassa delle dichiarazioni fotocopia. Obiettivo del complotto - si scaldano i meloniani, a partire dal fedelissimo Giovanni Donzelli - è provare a fermare il governo e le sue riforme, oltre a “inquinare la democrazia”. L'accusa di Donzelli, lanciata tutto d’un fiato in un video sui social, è che “una cospirazione di giornalisti, politici di sinistra e magistrati compiacenti” stia accerchiando Arianna con “un colpo basso e surreale”, non essendo riusciti a colpire la premier. FdI quindi avverte: “Non passerete” rivolgendosi ai “mestatori di professione” non meglio specificati né indicati.
Dito puntato contro Matteo Renzi
A parte la grande cassa dei meloniani (Rampelli parla di “metodo mafioso”), si scaldano poco i soci di maggioranza. Intervengono Crippa (Lega) e Nevi (Forza Italia). Per il primo “lo scenario descritto preoccupa perché è verosimile; per il secondo “è il vecchio vizio della sinistra di infangare gli avversari politici”.
La cosa abbastanza incredibile è che Alessandro Sallusti fa alcuni nomi delle forze politiche protagoniste del complotto contro le sorelle Meloni. E indica Italia viva e la parlamentari Raffaella Paita e Maria Elena Boschi che hanno presentato interrogazioni parlamentari per vederci chiaro su un eventuale coinvolgimento della Sorella d’Italia su nomine Rai e di Ferrovie dello Stato. All’ora di pranzo la replica Renzi, uno che sugli agguati della magistratura (in questo caso veri) avrebbe qualcosa da dire, dai genitori all’inchiesta Open. “Le sorelle Meloni vedono i fantasmi? è l’attacco di un lungo tweet del senatore fiorentino ed ex premier. “Vi immaginate? Io che organizzo complotti assieme ai giudici (io!) perché arrivi un avviso di garanzia!”. Poi insinua: “O le sorelle Meloni sanno qualcosa che noi non sappiamo e che capiremo nei prossimi mesi oppure qualche panzerotto è andato di traverso: dentro FdI c’è troppo nervosismo”. Renzi ripete di essere garantista e “non giustizialista come quelli di FdI” e difende i suoi che, con le interrogazioni, svolgono il ruolo che compete alle opposizioni.
Rimozione
Il primo vero risultato di tutto questo è che il vertice previsto ieri in masseria tra Meloni e Salvini è passato in quinta fila. Non ha prodotto notizie. Eppure Meloni sa bene, e Fazzolari pure, quanto ci sarebbe bisogno di un tagliando nella maggioranza, dalle carceri alla cittadinanza, dai tagli per la manovra alle revisione delle tac expenditures, dalle nomine compresa quella del commissario europeo all’applicazione della legge sull’Autonomia differenziata. Diciamo che non c’è dossier sulla scrivania di Meloni che non veda divergenze tra i soci di maggioranza. Il vertice, il tagliando, il chiarimento è rinviato da fine giugno. Nei fatti è stato rinviato anche ieri al 30 agosto a Roma causa complotto giudiziario contro le sorelle.
Tra i due - ci sono state anche telefonate con Tajani in relax a Fiuggi - ci sarebbero stati colloqui “conviviali” . Sul commissario europeo resta saldo in pista Raffaele Fitto. Senza subordinate tanto che palazzo Chigi non farebbe neppure il secondo nome (von der Leyen ha richiesto la donna) per evitare incidenti. Meloni vuole Fitto e lo vuole alla Coesione e Pnrr o al Bilancio. Le serve in una di queste due caselle.
Al di là dei rapporti diretti della premier con Ursula Von der Leyen, ritenuti decisivi per qualsiasi soluzione, ci sono due fattori che avranno un loro peso nelle scelte finali per la squadra dei commissari. Il primo riguarda il ruolo dell’Italia come paese fondatore dell'Ue; il secondo, più problematico, il posizionamento della Francia di Emmanuel Macron, della Germania di Olaf Scholz e della Polonia di Donald Tusk. In questo quadro, si inserisce il lavoro costante, al momento sottotraccia, della premier per quanto con molti handicap dovuti alle scelte della premier. A cominciare dal suo no al bis di Von der Leyen. In maggioranza si ragiona sul fatto che “l’Italia non può perdere peso specifico con la nuova amministrazione”. E visto che Gentiloni ha la delega al Bilancio, palazzo Chigi attende una delega di analogo peso. Peccato che i 5 stelle, allora al governo con la Lega, votarono von der Leyen. Cosa che non ha fatto Meloni. Ma oggi, assicurano fonti della maggioranza, i rapporti personali tra Meloni e Von der Leyen sono decisamente migliori rispetto a come vengono dipinti dalla stampa. E si torna sempre lì, alla stampa brutta e cattiva che complotta contro la premier.