Colle, terzo scrutinio: la paura del peone fa 90. Cresce Mattarella, boom di Crosetto e si fa largo Casini
Tutti sono già esausti, compresi i peones, manca persino il ‘colore’. I voti del terzo scrutinio però parlano: bianche dimezzate, boom di voti a Mattarella
“Trovami un peone che parli di Casellati! O di Mattarella! O di Cassese!”. “Ma chi vuoi? Ciampolillo non mi risponde, Merlo lo abbiamo fatto ieri, Portas è qui, in pratica è rimasto solo lui, in cortile, ma non lo conosce nessuno. Ah, e D’Alessandro? Lo vuoi un bel D’Alessandro?”. La conversazione intercettata tra l’autore della trasmissione di punta di Rai Uno del mattino e il povero collega addetto a fare da ‘buttadentro’ (in gergo si chiamano ‘voci’ quelle da raccogliere) la dice lunga sul clima che si respira nel Palazzo. Succede tutto di fuori, a partire dagli incontri, i vertici, quelli segreti e quelli conclamati, le riunioni, i ‘conclavi’ immaginati, più che reali, ma non succede niente dentro, in Aula, dove si vota, anche se – ma a sera tardi – Pd e M5s riuniranno i Grandi elettori dei rispettivi gruppi proprio in quel di Montecitorio.
A tal punto nulla che, stavolta, subito dopo la conclusione del voto del terzo scrutinio, il Palazzo si svuota, la Buvette si fa deserta, nel Transatlantico spengono le luci e in cortile restano solo i giornalisti, i cronisti parlamentari, a fumare e a parlare tra loro, a ‘disegnare’ scenari.
Di colore non c'è notizia
“La notizia è che di notizia ‘di colore’ oggi non c’è notizia…”. Il vecchio cronista, habituee del Transatlantico, di quelli che di elezioni del Presidente della Repubblica ne hanno viste almeno il doppio di quante ne hai viste tu, la mette così, nell’analisi del terzo scrutinio, che si è tenuto in fretta e furia, di gran carriera, ieri mattina. I parlamentari iniziano a essere stanchi, e pure nervosi. Fuori, come dentro il Palazzo, fa freddo, un freddo ‘becco’, come si dice a Milano (non a Roma), i ristoranti fuori dal Palazzo sono mezzi vuoti, neppure loro gioiscono perché i Grandi elettori, chissà, forse si sono messi a digiuno, forse vogliono fare economia. Il Covid, dentro il Palazzo, non è neppure più un problema e, tantomeno, un tema. I malati di Covid o quarantenati che votano nel drive in sono pochi, una ventina, e non muovono a compassione nessuno, figurarsi i cronisti – e le troupe e i fotografi – che come il Marziano a Roma di Flaiano se li sono già belli dimenticati.
Stavolta però i voti del terzo scrutinio parlano: bianche dimezzate, boom di voti a Mattarella
Stavolta, però, nel terzo scrutinio parla la Politica e di indicazioni ne dà, ai partiti. Innanzitutto i votanti, che sono 978, due in più dei due scrutini precedenti, il che vuol dire che gli assenti sono scesi a 30 (erano stati 32 nelle due volte precedenti), comunque un buon numero, mai così alto, le volte precedenti e che potrebbero pesare, dalla IV chiama in poi, se tornassero a riempire il plenum teorico, 1009 Grandi elettori con il plenum fisso, ancora ieri, ma è l’ultima volta, a 673 (maggioranza qualificata) mentre, da oggi in poi, IV scrutinio, scenderà a 505 voti (maggioranza assoluta), più abbordabili.
Poi, c’è da registrare il crollo delle schede bianche che scendono a 412 (erano state 672 al primo scrutino e 527 al secondo): le indicazioni della maggioranza dei partiti assommava a 854 mentre la loro somma diceva 917, sulla carta, nei primi due scrutini perché allora anche FdI aveva detto di votare bianca, ma al terzo no ha scelto, per protesta, come vedremo di votare Guido Crosetto… Ne restano in campo molte di meno. I gruppi parlamentari si ribellano ai loro leader e ai loro partiti. In ben 442, un’enormità, decidono di disertare il voto bianco e di votare altri candidati.
Le nulle scendono a 22 (erano state 49 al primo scrutinio e 38 al secondo) e i voti dispersi a 84 (contro gli 88 al primo, poi risaliti a 125 al secondo), il che vuol dire ben 106 voti in fumo, ma pronti a scendere in campo, pronti al mercato.
Ma, stavolta, le indicazioni politiche arrivano, dal peone senza volto e pure dal ‘franco tiratore’. Mattarella, dai 16 voti al primo scrutinio e 39 al secondo, schizza a 125 voti (+85 sul secondo). La progressione di Fico che legge il suo cognome, alternato alle bianche (sempre meno) è notevole. In molti, mentre lo sentono scrutinare, sorridono.
Lo votano in tanti pentastellati (almeno 40), tutta LeU (18), un pezzetto di Pd (una ventina, specie i Giovani turchi), ma pure diversi centristi. “Il voto non è organizzato – dicono molti parlamentari – e può solo crescere. Domani (oggi per chi legge, ndr.) potreste trovarne anche 400 di voti a Sergio, nell’urna, e c’è chi dice che è già a 505. Molti sono già pronti, è la nostra unica soluzione per la lasciare Draghi a Chigi ed evitare il voto”.
Per i peones Mattarella è l’affidavit, la garanzia sulla vita che, prima del 2023, non si andrà al voto e che, soprattutto, Draghi resterà a palazzo Chigi perché con lui al Colle si sente garantito… Certo, al Quirinale, assicurano che “solo se tutti gli altri nomi saranno e finiranno bruciati e solo se tutti, ma tutti, i partiti, opposizioni comprese, andranno a chiederglielo, il Presidente prenderà in considerazione la cosa”, ma già dire che può, o potrebbe, prenderla in considerazione è notizia…
Ma non è solo Mattarella, la sorpresa dell’urna. Il giurista, e professore, Paolo Maddalena schizza dai 36 voti al primo scrutinio e dai 39 al secondo all’en plein di 61 al terzo quando, sulla carta, i ‘sottoscrittori’ della sua candidatura sono solo 40 (gli ex M5s di l’Alternativa c’è e del Misto). Un piccolo bottino in più di 22 voti che sembra arrivi dall’ala ‘dibattistiana’ del Movimento 5S, quelli cioè più arrabbiati e più radicali, in procinto di ennesima scissione, vicini a ‘Dibba’ e lontani dai due ‘blocchi’ interni al Movimento (contiani e dimaniani). Di certo, voti che pesano. Fuori dai giochi dei grandi blocchi ma neppure loro, come quelli che votano Mattarella, vogliosi di correre verso il voto, da tenere in debito conto.
Le simpatie trasversali per “l’amico Crosetto”
Ma il vero, grande, disagio dei parlamentari si legge anche nell'ottimo risultato di Crosetto che raggiunge i 114 consensi, andando ben oltre il pacchetto di 63 Grandi elettori in mano a Fratelli d'Italia che - unico tra i partiti – aveva dichiarato di votarlo, e che lo fa all’improvviso, di mattina.
Certo, il boom di voti che riesce a intercettare l'imprenditore prestato alla politica, ex parlamentare e co-fondatore di Fratelli d'Italia lo si deve alle sue amicizie trasversali ma c'è anche chi scommette su alcuni voti arrivati dal centrosinistra, per cercare di esasperare le divisioni dello schieramento avversario, come pure alcuni sospetti si appuntano su Forza Italia e, anche, sui 31 totiani di Coraggio Italia che, per evitare di contarsi e per dare un segnale (negativo) a Salvini avrebbero votato tutti Guido, detto ‘Guidone’ per gli amici, causa la stazza, che poi su Twitter, social su cui è seguitissimo e usa da vero ‘maestro’, scrive “Vi sono mancato? Scusate ma oggi la giornata ha avuto un'evoluzione strana e imprevista. Ma tranquilli, da domani torna tutto normale”. Mica tanto, anche perché la Meloni, inviperita perché il centrodestra non ha accettato di votare nessuno dei tre nomi proposti dalla sua stessa ‘rosa’ (Moratti, Pera, Nordio) ha voluto scoprire il gioco e denuciare, davanti al Paese, il mercato delle vacche, mossa politica che fa arrabbiare Salvini.
I voti per l’amico Casini e quelli per Giorgetti
Ma, tra i segnali di novità della giornata, c’è da registrare anche l'entrata in scena diPier Ferdinando Casini che raccoglie ben 52 preferenze allavigilia della discesa del quorum.
Mai votato finora, straccia nomi blasonati come Draghi (5 voti), Amato (due), Casellati (due), Belloni (tre), e tanti altri. Insomma, ‘Pier’ c’è. Pare, tra l’altro, che non siano i voti di Italia viva – che nei giorni precedenti si era ‘contata’ su Ettore Rosato (6 voti il primo giorno, 14 il secondo) ma di molti altri, un mix di totiani e di centristi assortiti del Pd e, persino, dei 5Stelle. Insomma, il candidato non ancora sceso in campo ma il cui nome aleggia da giorni è in partita, oltre che essere pure in palla, come dimostra via social.
E non passano inosservati, inoltre, i 19 voti per Giancarlo Giorgetti, che sono espressione dell'ala più governista della Lega e anche di quella meno salviniana, a cui si aggiungono le 7 schede che portano il nome di Umberto Bossi, interpretate anche queste come un segnale in chiave interna al leader della Lega. In totale, 26 voti, lievitati dai 23 dello scrutinio precedente.
I voti dei piccoli gruppi e i segnali lanciati
Infine, anche se con piccoli numeri, vanno segnalati piccoli coaguli di voti nei pezzi minori degli schieramenti politici: i sei voti per Mastella vengono dai centristi del Senato, i sei voti per il radicale Marco Cappato dagli ex M5s del Misto, quelli di Facciamo eco, e gli otto voti per il giurista Luigi Manconi dal sottogruppo SI-Verdi della Camera mentre continua a prendere otto voti pure Marta Cartabia, votata da Azione-Europa.
Quelle che escono da Montecitorio sono, dunque, indicazioni da non sottovalutare in una fase di stallo e che lascia presagire che anche domani non ci sarà alcuna fumata bianca ma altre schede bianche, anche se Mattarella crescerà, e tanto.
Continua intanto la girandola di contatti tra i leader e soprattutto di consultazioni interne con i gruppi parlamentari. Ieri sera riunioni e vertici permanenti tra i Grandi elettori di Pd, M5s e LeU (che si vedono separatamente), vertici e riunioni di quelli del centrodestra (Lega, FdI, FI) che si vedono prima separati, poi tutti insieme,
La giornata era stata aperta dal "No" secco di Enrico Letta e Giuseppe Conte al nome di Elisabetta Casellati che in nottata era girato tumultuoso. L'opzione Casellati "fa saltare tutto", ha tagliato corto il segretario del Pd facendo capire che con lei al Colle il governo sarebbe immediatamente caduto. Ma la carta della presidente del Senato rimane, per quasi tutta la giornata, ancora nel mazzo del segretario della Lega che continua a mostrare ottimismo. Poi, il pressing di Fratelli d'Italia per una decisione diventa insistente: "faremo di tutto perché domani ci sia un nome unico del centrodestra", spiega infatti Ignazio La Russa per Fratelli d'Italia.
Declina la Casellati, inizia a farsi largo Casini
In effetti il tempo passa e per ore sembra che l'unica mossa del politico sarebbe quella di uno strappo del centrodestra nel tentativo di far passare con pochi voti un proprio candidato, cioè la presidente del Senato Casellati, che non ha però i voti per farcela, dice ‘radio Montecitorio’.
Quel che è certo è che nessuno, se si esclude Giorgia Meloni, ha voglia di andare a votare e i Grandielettori stanno esplicitando questa paura. In Parlamento c'è tanta voglia di Mattarella, l'unico che garantirebbe la permanenza di Draghi a palazzo Chigi. Poi, però, in serata, la svolta. Il centrodestra annuncia – dopo il ballon d’essai su Sabino Cassese, cioè di una visita di Salvini a casa sua, che si rivela falsa – di ‘valutare’ la candidatura di Pierferdy Casini. Il centrosinistra non potrà che accordarsi, anche se, almeno Letta e la sinistra, molto a malincuore. Matteo Renzi, ovviamente, non sta nella pelle: è il suo candidato sin dal primo giorno. Solo oggi, però, al IV scrutinio, si capirà davvero come finirà e se finirà con il democristiano Casini al Colle.