Centrosinistra, cercasi il federatore di una nuova Margherita
Nel centrosinistra c’è chi inizia a pensare che Giorgia Meloni possa essere tentata dal voto anticipato, così da spiazzare gli avversari. E diversi lavorano a una nuova cosa centrista che possa allargare il fronte
La paura del voto anticipato attraversa i capannelli di Montecitorio. In particolare dalle parti del centrosinistra c’è chi inizia a pensare che Giorgia Meloni possa essere tentata dal voto anticipato, così da spiazzare gli avversari. È notizia di ieri che l’apertura della discussione della legge elettorale comincerà dopo il via libera in prima lettura del cosiddetto premierato. Per tutte queste ragioni il centrosinistra teme il ritorno urne e per tutte queste ragioni il campo largo o fronte progressista immagina di avere un centro che possa mettere insieme tutti i cespugli centristi del centrosinistra.
Salgono le quotazioni di Ernesto Maria Ruffini
Manca un federatore. O al più forse c’è. Salgono in queste ore le quotazioni di Ernesto Maria Ruffini, attuale direttore dell’Agenzia delle Entrate, figlio di Attilio, super ministro negli anni d’oro della Prima Repubblica, nonché nipote del cardinale e arcivescovo di Palermo. A questo proposito si domanda un vecchio democristiano in Transatlantico: «Ruffini sarà il federatore del centro del centrosinistra o il papa straniero dell’intera coalizione?».
Una nuova cosa centrista
Sta tutto qui il grande dilemma dei dilemmi. C’è molto attivismo da quelle parti. Diversi lavorano a una nuova cosa centrista che possa allargare il fronte del centrosinistra. Raccontano che sarebbe stato chiesto a Paolo Gentiloni di rimettere insieme i cocci del centrismo che rimanda al cattolicesimo democratico. Al contempo sono in movimento Renzi e Calenda e lo sono anche i cislini, nel senso di altissimi rappresentanti della Cisl. Come lo è del resto Dario Franceschini, pezzo da novanta del Pd ma va da sé nostalgico di un contenitore che rimandi al cattolicesimo democratico.
La sponsorizzazione di Romano Prodi
Ruffini, secondo alcune ricostruzioni giornalistiche, sarebbe sponsorizzato da Romano Prodi, che gli ha firmato la prefazione del libro “L’evasione spiegato a un evasore”, e da tutto l’entourage mattarelliano. Lunedì Ruffini ha risposto alla chiamata di Beppe Fioroni e Lucio d’Ubaldo, presente anche Padre Occhetta, alla Lumsa di Roma, per un convegno dal titolo “Dopo Trieste. In cammino, per andare dove?”. In quel consesso Ruffini ha utilizzato queste parole: «Abituati alla nomination dei talent show, siamo rassegnati all’idea che il Paese abbia bisogno di un salvatore della patria, ma questo non mi appartiene». E sull’importanza che i cattolici dialoghino e costruiscano qualcosa per il futuro del Paese, ha ammesso: «La democrazia non si difende difendendo solo i nostri valori». Al momento l’ipotesi Ruffini resta una suggestione, anche perché il figlio d’arte riveste un ruolo strategico, essendo a capo dell’agenzia delle Entrate. Da qui il fuoco di fila del centrodestra che gli chiede di farsi da parte. Maurizio Gasparri, il più netto: «Entri in politica ma prima lasci l'agenzie delle Entrate».
L'opposizione di Clemente Mastella
Qualcuno però non crede a questa ipotesi. Clemente Mastella, che è stato protagonista negli anni della Seconda Repubblica ritiene che «le cose così estemporanee senza humus rischiano di fallire anzitempo. Non è che si costruisce un piccolo grattacielo dal nulla». Il primo cittadino di Benevento fa sapere di non essere stato contattato da alcuno e sostiene che «un conto è rifare la Margherita, altrimenti tutto questo non ha senso». Una Margherita 2.0 che rimetta insieme tutti i centrini del campo progressista? Per Mastella è stato sbagliato fare la fusione tra gli ex margheritini e gli ex Ds. «Ritengo che il dramma storico è stato quello di aver tentato di mettere assieme la tradizione dei cattolici democratici con gli ex comunisti. Fu un’operazione folle che io tentai di contrastare. Tant’è che rimasi nell’Udeur. La Margherita stava al 14% e i Democratici di sinistra al 15%. Era infatti quella l'idea degasperiana del centrosinistra. Cosa ha determinato quel tipo di composizione anomala? Se vincevano quelli della ditta gli altri aspettavano di fregare il segretario di rito comunista. E viceversa. Dopodiché c’è un’altra questione». Quale? «I cattolici oggi votano abbondantemente Fratelli d’Italia, come prima votavano la Lega. È cattolico anche Renzi. Insomma, la questione è complicata e anche molto seria. Al contempo mi preoccuperei delle alleanze. Vai con i 5Stelle? Pochi fanno la valutazione che la rottura di Grillo creerà un’ulteriore problema al centrosinistra, perché limiterà il campo largo».
Il nostalgismo democristiano
Rimessi insieme i cocci del centrismo del centrosinistra toccherà individuare un federatore. Un’ipotesi - quella più accreditata oggi - è Ruffini, che rappresenta una novità ma anche il nostalgismo democristiano. E poi c’è anche il profilo di Giuseppe Sala, il sindaco di Milano, anche lui un aspirante federatore. A meno che il vero nome sia ancora tenuto sotto traccia. Ma prima di ogni cosa resta da capire se rifiorirà la Margherita o meno. E se soprattutto i vari Renzi e Calenda accetteranno di farsi guidare da un federatore terzo. Se ne continuerà a parlare nei prossimi giorni. Un progetto che si velocizzerà o meno se si tornerà alle urne nel 2025 o al più nel 2026.