Centrodestra, il pranzo di Arcore finisce male. Meloni: "Voglio la garanzia di un patto antiinciucio"
Oltre che la conferma della ricandidatura di Musumeci in Sicilia. Che però non arriva. Nonostante gli spiragli di Berlusconi. I tre leader non si vedevano d Natale. Ma Meloni non può fare a meno di loro

A meno di un mese dal voto delle amministrative (9 milioni di italiani alle urne), lo stato di salute delle due coalizioni è assai degradato. Nel centrodestra, dove ieri erano tutti pronti a cinguettate da Arcore la ritrovata unità salvo poi tirarsi dietro, almeno simbolicamente, di tutto. Dai comunicati in giù. Nel centrosinistra dove il segretario dem, in Direzione, ha tenuto il punto su atlantismo, Europa, sanzioni ma ha lasciato in sostanza libertà di coscienza alla base per quello che riguarda i quesiti referendari sulla giustizia. Non c’è stata insomma quella blindatura su “cinque no” che molti temevano alla vigilia della Direzione e a cui sono pronti a disobbedire. Letta soprattutto ha avvisato Giuseppe Conte: “Divisi si perde”. Non è nello stile del segretario dem cercare strappi e toni polemici. Però ha ricordato all’avvocato del popolo le regole d’ingaggio della larga maggioranza: bisogna “dare modo al governo del quale convintamente facciamo parte di svolgere fino in fondo la sua missione a favore del Paese”. Il gioco delle bandierine e dei “sì però” è stucchevole.
Il pranzo ad Arcore
Non c’è dubbio che ieri la scena politica a cui guardare con più attenzione era Arcore dove Silvio Berlusconi ha convocato per colazione Matteo Salvini (accompagnato da Roberto Calderoli) e Giorgia Meloni accompagnata da Ignazio La Russa. Solo che il vertice del disgelo è stato quello dell’ennesima spaccatura. Che Berlusconi e Salvini avrebbero tra l’altro preferito tenere sotto traccia. Se non fosse che alle 17 e 51 è uscita una brutta nota a firma esclusiva di Fratelli d’Italia in cui si spiegava che “l’unità della coalizione non basta declamarla ma occorre costruirla nei fatti”. Doccia gelata. Ma andiamo con ordine.
Ce l’ha messa tutta Silvio Berlusconi per far fare pace ai suoi ragazzi, a Giorgia e a Matteo. Appena arrivati ad Arcore a fine mattinata li ha portati nella Quadreria e ha fatto scegliere loro il dipinto preferito tra quelli che raffigurano la Madonna col bambino. Poi la passeggiata tra i vialetti del parco e l’aperitivo prima di sedersi a tavola: anche questo avrebbe dovuto distendere gli animi di quei due che non si parlano, in pratica, dopo che si sono mandati a quel paese a fine gennaio per la rielezione di Mattarella. Sono passati ben 145 giorni dall'ultima riunione a Villa Grande (residenza romana di Berlusconi) alla vigilia di Natale, quando l'obiettiivo comune era strappare il Quirinale al centrosinistra.
Ma a pranzo, pur davanti a un riso con melanzane, olive e pachino, e un branzino in crosta, i nodi sono arrivati puntualmente al pettine. A cominciare dal caso Sicilia, che vede Fdi determinata a non mollare sulla riconferma di Nello Musumeci.
Summit in due tempi
Il summit si svolge in due tempi: al primo round va in scena il trilaterale, poi Salvini e Calderoli - sono più o meno le quattro - vanno via giustificati da impegni parlamentari (Calderoli deve presiedere l’aula) e inizia il secondo round tra l'ex premier e la Meloni, che dura circa un'ora. Che le cose non siano andate lisce si capisce subito, quando la delegazione leghista lascia solitaria villa San Martino, dopo il caffè. La Lega fa sapere laconicamente che il segretario “è molto soddisfatto” dell'incontro. Passa un'altra ora, sono le 17, quando esce Silvio Berlusconi per assicurare i giornalisti che il centrodestra è unito: “E' evidente che se si disunisse perderemmo le elezioni, solo un pazzo potrebbe pensare di mandare all'aria questa coalizione. Aggiorneremo il programma, ne avremo uno unico, la coalizione va avanti spedita. Solo un pazzo potrebbe pensare di mandare all'aria questa coalizione…” Un concetto ribadito anche qualche ora prima durante una telefonata al gruppo di Fi in Lombardia per gettare acqua sul fuoco dopo le polemiche nate stavolta all'interno del partito per il caso Salini in Lombardia con forti tensioni tra l'ala filogovernativa guidata da Maria Stella Gelmini e la neo coordinatrice regionale di Fi, Licia Ronzulli.
Ci sono le parole, poche, ma rassicuranti di Salvini. Quelle più preoccupate di Berlusconi. Ma non arriva però fino a quel momento un comunicato ufficiale dell’incontro. Strano, molto strano: in genere è il comunicato con le tre firme e la base da cui ripartire.
L’altro comunicato
Mistero presto risolto. Alle 17 e 52 arriva infatti la nota. Ma è firmata solo da Giorgia Meloni. E’ una doccia gelata per tutti. Probabilmente nella colazione a tre e nel faccia-a-faccia col Cavaliere non si era espressa in modo così chiaro. Infatti è Berlusconi il più irritato dalle parole e dai toni usati dalla leader di Fdi che ormai vola in beata solitudine con il 21 e il 22% del consenso, a circa uno-due punti dal Pd. La Lega oscilla tra il 15 e il 16. Forza Italia tra il 7 e l’8%.
“È sicuramente positivo essersi incontrati, ma l'unità della coalizione non basta declamarla, occorre costruirla nei fatti” avverte il partito di Meloni che si fa sentire sulle amministrative, in particolare le regionali in Sicilia: “Su 26 città capoluogo sono solo 5, ma purtroppo importanti, le città in cui il centrodestra andrà diviso al primo turno, ma restano ancora diversi nodi aperti. A partire dalla non ancora ufficializzata ricandidatura del presidente uscente Musumeci in Sicilia, su cui la personale dichiarata disponibilità di Berlusconi si è fermata di fronte alla richiesta di Salvini di ritardare l'annuncio del candidato…”. Cioè Berlusconi sarebbe d’accordo a confermare Musumeci (punto irrinunciabile per Meloni) ma Salvini chiede ancora tempo.
Poco prima anche Berlusconi dichiarando alle telecamere aveva parlato di amministrative, addebitando però il mancato accordo nelle cinque città a beghe locali: “In 21 città abbiamo trovato l'accordo, solo in 5 non è stata trovata l'intesa ma per pure contrapposizione locali”.
“Voglio il patto antiinciucio”
Meloni affronta due temi distinti nel comunicato che, a scanso di equivoci, rivendica essere “ad esclusiva firma di Fratelli d’Italia”. Dopo la prima parte “elettorale”, ne segue una dedicata alla legge elettorale e alle alleanze. Meloni è da sempre categorica: guai a chi tocca il maggioritario seppure nella forma ibrida del Rosatellum perchè solo la coalizione consente al centrodestra di vincere e a lei di diventare Presidente del consiglio. Non solo: Meloni è perfettamente consapevole, per quanto a parole rivendichi autosufficienza, che senza la forza centrista e popolare di Forza Italia nè lei nè Salvini potranno mai guidare l’Italia. Troppo forte l’impatto del populismo e del sovranismo che entrambi i due leader hanno cucito addosso. Ora, Salvini appoggia, a modo suo, un governo fortemente atlantista ed europeista e, sempre a modo suo, è certamente più avanti di Meloni nella ricostruzione di un’immagine di leader europeo. Meloni, seppure volando sul favore dei sondaggi, sa bene che il suo rischio è quello di restare una perdente di succeso. Una Marine Lepen italiana. Per questo ad entrambi è necessario il biglietto da visita di Forza Italia e di Silvio Berlusconi.
Ecco quindi che Meloni approfitta della colazione ad Arcore per mettere sul tavolo la questione della legge elettorale e delle alleanze. “Se è positiva la comune contrarietà ad una legge proporzionale (cosa invece affatto acquisita nel corpaccione di Forza Italia, ndr) per le politiche, restano ancora fumose le regole d'ingaggio sulle modalità con cui formare liste e programmi comuni”. Meloni annusa l’aria, ascolta il Transatlantico e capisce che proporzionale e alleanza Ursula (un grande coalizione come quella attuale) non sono ipotesi così peregrine anche per le politiche del 2023. Da temo chiede un patto anti-inciucio ma non arriva. E quindi preferisce chiarire: “Fratelli d’Italia, nel confermare la sua indisponibilità a qualsiasi futura alleanza con il Partito democratico e/o Cinquestelle, confida nella stessa chiarezza da parte degli alleati, convinta che occorra essere uniti non solo nella forma ma anche nelle scelte, nei progetti e nei programmi”.
Meloni ha preferito non commentare a voce o fare dichiarazioni live. Non c’è dubbio che la nota finale vale più di ogni altro statement o dichiarazione a margine.
Patto violato?
C’è chi dice che ci fosse l’accordo di evitare note singole per non rinfocolare polemiche e che Fdi avrebbe violato il patto. Non a caso a Meloni, per la Lega, non replica Salvini ma il leghista palermitano Nino Minardo: “I dubbi su Musumeci - contrattacca - non sono di Salvini o della Lega, ma semmai della netta maggioranza dei siciliani stando all'ultimo sondaggio”.
Alla fine, ciliegina su una torta sempre più immangiabile, da Arcore trapela la dura reazione del Cavaliere che si dice “sorpreso e irritato” per la nota di Fratelli d'Italia. Al Cavaliere non sarebbe andata giù la scelta di avergli attribuito pubblicamente quell'apertura, seppure personale, sulla ricandidatura di Musumeci. Da via della Scrofa replicano sorpresi: è stato proprio Berlusconi - raccontano - a farci vedere una sua nota in cui era confermata la sua apertura a Musumeci. Giusto per mettere una trave tra l’asse Berlusconi-Salvini che Meloni osserva preoccupata