La ‘terna’ della Meloni cela un nome solo, quello di Rocca. Problemi del M5s sul candidato Pd in Lombardia
Il centrodestra ha scelto il suo candidato in Lazio, dove si va verso una sfida ‘sanitaria’. Regionali, gli schieramenti ai blocchi di partenza
Finalmente Giorgia Meloni tira fuori i nomi per il prossimo candidato del centrodestra in Lazio. Ne cita tre, ma in realtà quello ‘vero’ è uno solo. “Fratelli d'Italia, come primo partito della coalizione (nel Lazio, ndr), - spiega la premier a margine della sua visita alla comunità ebraica - dovrebbe dare l'indicazione del candidato presidente ma per me in questa fase è importante la valorizzazione della condivisione anche di questa scelta. E' la ragione per cui ho proposto una rosa di nomi e cioè l'attuale vicepresidente Fabio Rampelli, profondo conoscitore della Regione e della Capitale; il nostro europarlamentare Procaccini e Francesco Rocca, presidente attualmente della Croce rossa internazionale.
Stiamo finendo le interlocuzioni, spero che nelle prossime ore avremo un nome". La terna, però, è poco più di un escamotage per far contenti gli alleati. La consegna di una lista nelle mani di Salvini e Berlusconi è funzionale a evitare polemiche interne, a evitare di dare l’impressione di imporre un nome solo. La candidatura più forte era, in realtà, quella di Fabio Rampelli, che ha una storia politica conosciuta e riconosciuta nella Capitale e in regione, Lui ci credeva e ci sperava. Ma il suo nome non ha convinto né la premier né sua sorella Arianna, moglie del ministro Francesco Lollobrigida, che ha in mano da mesi il dossier: di Rampelli si temeva il rafforzamento, in caso di vittoria, dato che è sempre stato sospettato di voler dare vita a una sua ‘corrente’, dentro FdI, cosa che di fatto ha sempre avuto. Escludere a priori un nome così storico, per FdI e in Lazio, però, non si poteva. Ecco allora la terna. Composta da un suo fedelissimo, Nicola Procaccini, e da un nome della società civile, Francesco Rocca, il vero candidato della Meloni, presidente della Croce Rossa Italiana e della Federazione Internazionale della Croce Rossa, cariche dalle quali si è dimesso proprio ieri.
Lega e Fdi abbozzano: si va avanti su Rocca
Lega e FI sanno che la scelta spetta a FdI, quindi non hanno fatto particolari storie, come a dire: risolvete i vostri problemi interni. Inoltre, Rocca è forte di un sondaggio che lo vede vincente di 2,5 punti sull’unico candidato finora certo, quello del centrosinistra (orbo dei 5Stelle) Alessio D’Amato che si fermerebbe al 38% contro il 40.5% di Rocca (sondaggio Winpoll del 12/13 febbraio). Il distacco non è enorme ma la sfida sarà di carattere ‘sanitario’: l’assessore che ha gestito il Covid nella giunta Zingaretti contro il commissario alla Croce Rossa. Il profilo internazionale e la competenza riconosciuta, in campo sanitario, di Rocca – questa l’idea di FdI – sarebbero i soli in grado di scardinare le carte di D’Amato, molto competente su queste materie, allargando il voto oltre il bacino del centrodestra. Salvini e Berlusconi fanno buon viso a cattivo gioco. Non sono convintissimi su Rocca, in verità. Salvini ha già imposto la ricandidatura di Fontana in Lombardia e si gioca tutto su quello. Voleva solo che il nome arrivasse subito e teme “l’effetto Michetti”, lo sconosciuto tributarista che la Meloni volle imporre a candidato sindaco di Roma e che perse rovinosamente contro Gualtieri. Berlusconi, che proprio una ‘rosa’ di nomi aveva chiesto, si riserva di esprimere le sue valutazioni, ma se un pezzo del suo partito in Lazio (Maurizio Gasparri) voleva un nome ‘politico’, è anche vero che Rocca ha lavorato gomito a gomito con Maria Teresa Letta, in Cri, sorella del fedelissimo Gianni, da poco mancata. Rocca gode di un profilo trasversale, è un avvocato stimato, ha fatto tanto volontariato ed era stato preso in considerazione anche per diventare ministro alla Salute ma aveva rifiutato perché appena rieletto proprio a guida della Cri internazionale mentre il suo mandato alla guida della Cri italiana sta per scadere tra pochi mesi.
Rocca si dimette dalla Cri, pronto a candidarsi
Ieri, l’annuncio della candidatura, ufficiosa a ora: "Ho deciso di presentare le mie dimissioni dalla carica di Presidente nazionale della Croce Rossa Italiana perché ho scelto di mettermi a disposizione del territorio. Come esperto di sanità pubblica, penso di poter portare un valore aggiunto: ho accettato una nuova sfida in cui credo fortemente" ha scritto Rocca in una lettera ai volontari pubblicata sul sito della Cri.
Un viaggio durato un decennio, "che ha cambiato la mia vita", come scrive Rocca nella sua lettera, e che si conclude con "una promessa solenne: in questo nuovo capitolo della mia vita, non userò la Croce Rossa per fini elettorali nè permetterò che qualcuno lo faccia. Rimarrò sempre, invece, un volontario Cri che aderirà fermamente ai suoi Principi, portandoli con me nelle Istituzioni".
Nel Lazio sarà, dunque, come si diceva, sarà un derby che si giocherà tutto nel campo della sanità. La decisione di una convergenza su Rocca non è – ripetiamo - ufficiale ma è dato per super favorito e l'impressione è rafforzata dalle parole usate nella sua lettera di commiato dalla presidenza della Croce Rossa. L'opzione Rocca lascia l'amaro in bocca ad alcuni esponenti di FdI, soprattutto a quell'aerea che spingeva per un candidato politico e, in particolare, che voleva puntare su Rampelli.
Rocca è però un nome ben visto dagli alleati della Lega: "I cittadini di Roma e Lazio saranno in ottime mani", ha commentato Matteo Salvini. Insomma, l'avvocato, nel mondo della sanità da diversi anni, è pronto per iniziare così una nuova avventura, in prima linea in politica.
Nel centrosinistra non mancano le divisioni
Nel centrosinistra, intanto, non si ricompongono le divisioni. Oggi però si sono fatti passi in avanti anche nello schieramento di D'Amato. "Ci sarà una lista rosso-verde alle prossime elezioni regionali, dentro il centrosinistra", ha annunciato il co-portavoce di Europa Verde, deputato di Alleanza verdi-sinistra, Angelo Bonelli. L'esponente di Europa Verde ha quindi redarguito il leader M5s: "Per quanto ci riguarda, la posizione di Conte non è assolutamente comprensibile sul piano politico", ha sottolineato. Il Movimento 5 stelle, infatti, nel Lazio, naufragato il campo largo, va da solo con il solo appoggio del Coordinamento 2050, gli ex Leu al lavoro per una lista progressista con Sinistra italiana Lazio e, dunque, con Nicola Fratoianni.
Si cerca però ancora il candidato di pentastellati e sinistra radicale. Dopo i boatos su giornaliste come Luisella Costamagna e Bianca Berlinguer, il nome di Sabrina Ferilli, tutte smentite da Conte, il borsino delle ipotesi sembrerebbe avere vagliato anche il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico. Conte si guarda intorno e cerca consenso. Forse anche questa la natura dell'incontro con la senatrice Ilaria Cucchi. Di certo nessun accordo è possibile, per i 5Stelle, con D’Amato, che è stato già ‘prescelto’ dal Terzo Polo. Calenda e Renzi, infatti, lo hanno candidato come loro front runner prima ancora del Pd che, invece, sul suo nome nutriva dubbi. Di certo, la divisione tra centrosinistra e M5s non farà bene al defunto, ormai, campo progressista, di fronte a un centrodestra che si presenta unito.
Anche su Majorino Conte ora avanza dubbi…
Anche il nome del candidato del M5s in Lombardia non è stato ancora definito ma è imminente e potrebbe essere condiviso con altre forze politiche: "adesso che abbiamo definito e votato il programma, all'ordine del giorno ci sarà anche la questione del candidato" e su questo " ci confronteremo", ha detto Conte. In realtà, l’accordo sul nome del candidato del centrosinistra, Pierfrancesco Majorino, che sembrava, giorni fa, cosa fatta, per i 5Stelle, è tornato in alto mare. Conte non è convinto all’idea di dover cedere il passo al Pd, che ha già formalizzato la sua candidatura. Forse si limiterà a chiedere un candidato vice-presidente di area M5s (come ad esempio Stefano Patuanelli), forse anche in Lombardia potrebbe rompere l’alleanza.
Lombardia, il candidato da battere è Fontana, ma si fa largo la Moratti con la sua lista civica
In Lombardia, il candidato da battere è, ovvio, il governatore uscente, Attilio Fontana, che si ripresenta per un secondo mandato appoggiato da Lega, FI e FdI. Nella lista di FdI, si candiderà il direttore di Libero, Vittorio Feltri, che già si era candidato, risultando eletto ma per poi dimettersi per ragioni di salute, alle comunali di Milano.
Ma i problemi, specie in casa Lega, non mancano. Il Comitato del Nord – la corrente non scissionista ma molto critica verso la gestione del partito da parte di Matteo Salvini – continua a fare proseliti. Sono ormai già quattro i suoi aderenti, con l’ultimo in ordine temporale, Massimiliano detto ‘Max’ Bastoni, storica colonna leghista lumbard. Al momento assicurano che resteranno ‘fedeli’, oltre che alla Lega, che però li ha già prontamente espulsi, anche al candidato Fontana, ma c’è chi dice che si muovano in modalità borderline verso la candidatura centrista di Letizia Moratti.
L’ex assessore alla Sanità della giunta Fontana, oltre che ex sindaco di Milano, ha già presentato nome e simbolo della sua lista civica (“Letizia Moratti presidente”), zeppa di ex esponenti degli azzurri, ma anche di ex leghisti, di rito maroniano, per ora, ma forse pure e presto anche di rito bossiano. Inoltre, la Moratti è già stata ‘benedetta’ come il candidato ufficiale del Terzo Polo che, in Lombardia, per scelta unanime di Calenda e Renzi, ha deciso di appoggiarla, rompendo ogni legame con il Pd, cui ha proposto, anzi, in modo assai provocatorio, di appoggiarla, ricevendone un netto, ovvio, rifiuto.
Il dem Majorino cerca l’alleanza con i 5Stelle
E proprio nel Pd e nel centrosinistra è scoppiato un baillamme non di poco conto. Dopo un lungo riflettere e dividersi, il centrosinistra ha optato per non fare le primarie e per presentare un candidato unitario tra Pd, Verdi-Sinistra e +Europa, l’europarlamentare Pierfrancesco Majorino.Una candidatura, però, debole, dato che Majorino è molto caratterizzato a sinistra in una regione storicamente moderata e, fino all’altro ieri, era senza l’appoggio dei 5Stelle oltre che di Az-Iv. Poi, proprio ieri, ecco arrivare, invece, la svolta.
Il via libera del leader del M5s, Conte, sembrava arrivato. Pd e M5s hanno trovato la quadra sui contenuti (infrastrutture, sanità, ambiente, lavoro, agricoltura) dopo giorni di trattative serrate che hanno riguardato gli inceneritori, le nomine di primarie e direttori sanitari, alcune infrastrutture. Il coordinatore regionale del M5s, Dario Violi, e Majorino, hanno limato fino all’ultimo l’accordo che ha riguardato, ovviamente, anche il dosaggio di liste e candidati. E’ arrivato anche la convalida, sulla piattaforma on-line degli iscritti ai 5Stelle, dell’accordo. Sembrava un proforma, ma l’alleanza giallorossa ieri è tornata in alto mare.
Un accordo, quello giallorosso, cui volevano aderire, stavolta tutte insieme, le forze di Avs (Alleanza Verdi-Sinistra), che hanno spinto molto per l’accordo Pd-M5s, e delle liste civiche. Il problema, ora, è recuperare – obiettivo che il Pd si prefigge – l’alleanza con +Europa che, invece, proprio a causa dell’accordo con i 5s, rischia di rompersi. Benedetto Della Vedova è stato chiaro dall’inizio: “se ci sono i 5stelle non ci siamo noi”. Ma gli esponenti regionali del partito stanno cercando di fargli cambiare idea. E anche Majorino ci prova: “Mi auguro che tutti, anche +Europa, capiscano che la sfida, in Lombardia, è aperta, Della Vedova è intellettualmente onesto”. Si vedrà come andrà a finire, anche se – almeno a stare alle sensazioni – il centrosinistra, storicamente debole in regione, anche se forte a Milano, rischia di arrivare terzo, alle Regionali, dietro il centrodestra e anche dietro la Moratti.
Il quadro generale. Date e posta in gioco
Le elezioni, in Lazio e Lombardia, si terranno domenica 12 e lunedì 13 febbraio 2023. Non saranno propriamente elezioni di mid-term (per quelle bisognerà aspettare le Europee del 2024) ma di certo saranno un test politico di tutto rilievo. Il primo, dopo le elezioni politiche del 25 settembre 2022 e in due regioni chiave, strategiche. Ecco perché le attenzioni dei partiti sono, in molti casi, rivolte a quell’appuntamento.
E le elezioni regionali non saranno un test di rilevanza politica solo per registrare, e testare, il gradimento del governo e della maggioranza di centrodestra, ma anche per l’opposizione, ad oggi divisa e frastagliata in diversi rivoli. Almeno in Parlamento, come ha testimoniato il voto, effettuato, in entrambe le Camere, sulle mozioni parlamentari che accompagnano il decreto cornice per l’invio di nuovi aiuti militari all’Ucraina. Voto in cui Pd e Terzo Polo si sono espressi per rinnovare l’impegno di aiuti a Kiev, mentre M5s e Avs (Verdi e Sinistra) si sono opposti, votando contro e dunque spaccando il fronte delle opposizioni in modo assai plastico.
Infine, le elezioni regionali si terranno a solo una settimana di distanza dalle primarie ‘aperte’ del Pd in cui il maggior partito della sinistra (a dire il vero, ormai, il secondo, dato che è scavalcato, da settimane, nei sondaggi, dal partito di Conte) sceglierà il suo prossimo segretario (19 febbraio). In buona sostanza, il Pd rischia seriamente di eleggere il suo prossimo leader a ridosso di due, sonore, sconfitte elettorali e, dunque, di ritrovarsi con un segretario neo-eletto dal ‘bagno’ delle primarie ma politicamente depotenziato.