Dalla luna di miele alla grana Cospito: cento giorni in chiaroscuro del governo di Giorgia Meloni
Un bilancio della prima boa superata dalla premier e dal suo esecutivo. Perché e da dove ha origine la definizione "cento giorni"?

Come sono andati i primi ‘cento giorni’ del governo Meloni? La prima cosa da dire è che la definizione, in sé, o è nefasta o troppo ambiziosa. I primi ‘cento giorni’ passati alla Storia furono anche gli ultimi, quelli dell’Imperatore Napoleone Bonaparte che, dalla fuga dall’esilio sull’isola d’Elba all’esilio definitivo a Sant’Elena illuse – per ‘cento giorni’, appunto – i suoi compatrioti che avrebbe potuto rovesciare le sorti della guerra e della Patria, ma perse a Waterloo. I primi ‘cento giorni’ programmatici, invece, furono quelli che il presidente degli Usa, Roosevelt, illustrò ai suoi concittadini – stremati dalla lunga Grande depressione – per risollevare le sorti dell’economia americana. Cento giorni zeppi di provvedimenti economici e sociali che si trasfusero nel New Deal e che impressero davvero una svolta al sistema, agonizzante, dell’Impero americano. E’ da allora che, di volta in volta, si contano i primi ‘cento giorni’ di un nuovo governo, specie nelle democrazie anglosassoni e, poi, dal secondo dopoguerra, occidentali e liberali. Solo che se i ‘cento giorni’ di Roosevelt furono coronati da immediato e clamoroso successo, non sempre ciò avviene con i suoi (tardi) epigoni. Ecco perché, in fondo, inchiodare ogni nuovo governo ai suoi primi ‘cento giorni’ di attività è sempre una forzatura. Ma tant’è, la convenzione giornalistica ha sempre retto, nel corso dei decenni, arrivando fino a noi, e dunque la useremo anche per ‘giudicare’ il governo Meloni e analizzare cosa ha fatto finora.
Le molte trasferte europee di queste settimane
Innanzitutto va detto che, nelle due settimane a cavallo dei cento giorni – che, per la precisione, sono scaduti lo scorso 30 gennaio – l’agenda del presidente del Consiglio segna appuntamenti più all’estero che in Italia: il 23 gennaio è stata in Algeria, il 29 in Libia, nel mezzo un paio di riunioni da remoto del G7 per l’escalation della guerra in Ucraina, Infine, l’altro ieri ha ricevuto il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, a palazzo Chigi per oltre due ore, mentre nel prossimo fine settimana ci saranno due tappe clou di visite all’estero come Berlino e Stoccolma e, la settimana successiva (9-10 febbraio), il Consiglio straordinario europeo. «Cruciale vertice su due temi come economia e migranti», ha sottolineato la premier nel briefing stampa dopo l’incontro con Michel. Un solo Consiglio dei ministri, invece, negli ultimi dieci giorni, lunedì, con l’urgenza di prendere in mano il caso Cospito e trasferire l’anarchico al 41 bis e che da 105 giorni è in sciopero della fame in una struttura in grado di fornire l’assistenza medica.
L’impressione, visto dall’esterno, è che la Meloni preferisce rifugiarsi sui temi di politica estera, visto che quella interna vede continui inciampi, soprattutto per via delle fughe in avanti degli alleati di maggioranza: giustizia, balneari, autonomia, stipendi più alti agli insegnanti del Nord e pene più alte per gli atti osceni in luogo pubblico. Su ogni tema è un fiorire di disegni di legge che un secondo dopo essere stati depositati subiscono lo stop – informale - di palazzo Chigi.
I cinque punti rivendicati nell’agenda di Giorgia
Nonostante l’agenda zeppa di dossier esteri, Giorgia Meloni ha dovuto, come i suoi predecessori, tirare la riga sui suoi primi cento giorni. Ci ha dedicato un’intera puntata social degli “Appunti di Giorgia” domenica scorsa ed è lì che ha voluto indicare cinque “cose fatte”. Nell’ordine: il patto per la terza età; il ddl sulla giustizia; il progetto Stazioni sicure; gli incontri in Algeria e Libia per fare dell’Italia l’hub energetico d’Europa; il contrasto all’immigrazione irregolare.
Ma la Meloni ha voluto parlare, nel tracciare un bilancio – ovviamente molto soddisfacente, dal suo punto di vista – dei suoi primi cento giorni, molto di economia, sapendo che è il cuore dei pensieri degli italiani. “L'Italia è in una situazione più solida di quanto alcuni vogliono far credere” nella nuova puntata della sua rubrica social “Gli appunti di Giorgia”.
"Lo spread negli ultimi anni è stato considerato il grande metro di giudizio per valutare lo stato dell'economia italiana - ha proseguito -. Negli ultimi cento giorni è sceso da 236 a 175 punti base. La Borsa ha registrato un aumento del 20%, la Banca d'Italia stima che nel secondo semestre 2023 l'economia italiana sarà in netta ripresa e che quella ripresa si stabilizzerà nel 2024 e nel 2025. E che l'inflazione tornerà a livelli accettabili". In particolare, "il prezzo del gas, dopo l'iniziativa europea del tetto, su cui l'Italia ha avuto un ruolo fondamentale, sta continuando a scendere, e penso che nelle prossime settimane finalmente vedremo i risultati di questo lavoro lunghissimo. Con un po' di intelligenza, con risorse spese nel modo giusto, l'Italia può diventare la porta di approvvigionamento energetico dell'Europa: vuol dire non solo una centralità diversa in Europa, ma anche posti di lavoro, tecnologia, innovazione, rimettere l'Italia dove deve stare, al centro del Mediterraneo".
Il videomessaggio è stato pubblicato appunto alla vigilia dei cento giorni dal giuramento del nuovo esecutivo: "Il bilancio di questo lavoro, che è una maratona e non sono 100 metri, lo voglio tirare alla fine di questo percorso. Io posso dire che sono ottimista" spiega la presidente del Consiglio. Tra gli altri temi affrontati, la riforma della giustizia su cui sta lavorando il ministro Carlo Nordio. Per Meloni dovrà "garantire tempi certi e massimo delle garanzie per chi è sotto processo e sotto indagine, ma anche il massimo delle garanzie che quando vieni condannato sconti la pena". Rispetto alle politiche migratorie, annuncia alcune visite nelle capitali europee, prima della prossima riunione del Consiglio Ue, “per sostenere la posizione dell'Italia e convincere le principali nazioni ad aiutarci sulla rotta del Mediterraneo centrale a fare dei passi in avanti. Qualcuno ne è stato fatto, altri ne vanno fatti".
Spazio anche per il tema sicurezza nei risultati dei cento giorni: “Sono contenta che il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, abbia avviato al Viminale un progetto significativo, ”Stazioni sicure", con una mobilitazione molto importante di forze dell'ordine con controlli a tappeto nelle principali stazioni italiane. Si è partiti da Milano, Roma, Napoli, con un dispiegamento di migliaia di uomini che ovviamente sono chiamati a controllare quello che accade. Perché non è normale che si debba aver paura di prendere il treno quando è buio, o che i turisti debbano avere come prima immagine della città il degrado che si vive nella stazione. Questo progetto che è appena iniziato il 16 gennaio, vede risultati significativi”.
Meloni ha infine espresso rammarico rispetto al fatto che il disegno di legge sul patto per la terza età “non abbia avuto la giusta attenzione. Prevede la possibilità per gli anziani in difficoltà di rafforzare l'assistenza domiciliare, con percorsi personalizzati. Vogliamo evitare, quando è possibile, che un anziano finisca in una struttura sanitaria di assistenza. Ci sono molti casi in cui è possibile farlo con le risorse e l'attenzione necessaria, e vogliamo che ogni persona sia seguita come quella persona deve essere seguita”.
Un bilancio dei cinque punti in chiaro/scuro
Analizzando i cinque punti citati dalla Meloni, però, è ovvio che il ‘vero’ bilancio è chiaroscuro. Il Patto per la Terza età, uno dei più nobili, deve ancora trovare una copertura finanziaria. Il disegno di legge sulla giustizia è un contenitore di cui si conosce la forma, che è poi è quella dettata dal Pnrr: abbattere i tempi dei processi penali del 40% e del 25% quello dei civili, recuperare quel 2% di pil (circa 38-39 miliardi) che perdiamo ogni anno per la scarsa affidabilità del nostro sistema giustizia soprattutto nel civile.
Un gap antico, su cui qualcosa è stato fatto, ma molto resta da fare, ma per ora la discussione si è concentrata soprattutto sulle intercettazioni e lì si è fermata. Una cosa è stata fatta: corretto un buco lasciato dalla riforma Cartabia – obbligo di querela per tutti i reati – che rischiava di bloccare indagini e lasciare liberi pericolosi sospettati. Il progetto stazioni sicure, terzo punto tra i cinque indicati, è un classico ‘usato-sicuro’ sempre valido ma che sposta l’insicurezza dai riflettori.
“Italia hub energetico per l’Europa grazie alla sua posizione nel Mediterraneo”, il quarto punto della cinquina, è un percorso iniziato da Draghi sotto la regia dell’Eni di Claudio Descalzi che Meloni sta correttamente portando avanti. Infine, sul contrasto all’immigrazione clandestina, va detto che la Meloni ha fatto notevoli – e giusti – passi indietro: dal “blocco navale”, per anni cavallo di battaglia di Fdi, alla“necessità della condivisione e di un progetto europeo” passando dal grande freddo diplomatico con Francia e Ue che ora i viaggi meloniani provano a scongelare.
I paralleli tra governo Meloni e quello Draghi
Vero è anche però che il governo Meloni si sta mostrando fortemente europeista. E quando la scorsa estate in molti imploravano Mario Draghi a non dimettersi da presidente del Consiglio per far sì che il suo governo arrivasse (almeno) fino alla scadenza naturale della legislatura parlamentare (marzo 2023) la motivazione che si adduceva era, in sintesi, la seguente: con il voto anticipato a fine settembre non ci sarebbe stato il tempo tecnico per mettere a punto una manovra che mantenesse in ordine i conti, che non facesse entrare il nostro Paese nell’esercizio provvisorio e che contribuisse a portare a termine tutti gli obiettivi del Pnrr.. Insomma, quella della Meloni sembrava una missione impossibile: sicuramente avrebbe fallito. Alla prova dei fatti, non è vero.
I primi 100 giorni dell’esecutivo guidato dalla leader di Fratelli d'Italia hanno messo in evidenza il fatto che, se c'è una maggioranza compatta e la volontà politica di realizzare in così breve tempo tutti i provvedimenti economici che si erano prefissati nell’autunno immediatamente post-elettorale, allora i progetti si possono mettere in atto. Prendiamo la Legge di Bilancio: il centrodestra di governo ci ha lavorato per poco più di un mese partendo dalla Nota di Aggiornamento al Def scritta da Draghi. Promossa da Commissione Europea, Quirinale e Ragioneria dello Stato, il risultato è stato una manovra ‘pulita' e approvata a tempi di record, evitando così lo spettro dell'esercizio provvisorio.
Ma anche per quanto riguarda il Piano nazionale di ripresa e resilienza, il bicchiere è mezzo pieno. A fine dicembre scorso, infatti, sono stati incassati i provvedimenti rimanenti per completare l'iter di riforme che il governo italiano si era impegnato a completare per sbloccare la seconda tranche del 2022 del Pnrr. Tra l’altro, su questo tema c'è da considerare che soltanto 25 obiettivi del Pnrr per la fascia giugno-dicembre erano completi al momento della caduta del governo Draghi e che i traguardi da raggiungere in termini di riforme avrebbero potuto arrivare a 40 su 55, contando anche le riforme di Draghi. Pnrr e tetto europeo al gas sono stati dei successi.
Certo, una volta oltrepassato questa prima simbolica tappa temporale, sono naturalmente ancora tantissime le iniziative da intraprendere – a partire da un'ulteriore calmierazione delle bollette – e le sfide da affrontare sulle riforme fiscali, del lavoro, delle infrastrutture, della giustizia e della Costituzione. Tuttavia, davanti restano ancora – se non quattro anni e nove mesi pieni di lavoro, cioè fino alla fine della legislatura – ancora molti anni. E, crede la Meloni, le elezioni regionali in Lombardia e Lazio, a metà febbraio, saranno già un bel primo test politico per consolidare la maggioranza di governo.
Le retromarce, gli errori e la prospettiva futura
Ciò non toglie tutti i problemi e gli errori, come le retromarce su pos e benzina, i riallineamenti sui vaccini, gli ammorbidimenti sui rave e il testacoda sull'immigrazione. Incertezze, inciampi, gaffe di un esecutivo agli esordi, si sommano a imbarazzanti fughe in avanti parlamentari (dal bonus per i matrimoni in Chiesa, alle proposte antiabortiste). Agli atti restano, appunto, tre mesi di successi come di contraddizioni e correzioni. Insomma, se la politica estera è il vero fiore all’occhiello del governo Meloni (mano tesa ai Popolari come alla governance Ue, viaggi ‘energetici’ in Algeria e altrove, accreditamento nei vertici internazionali, dalla Cop 20 al G20, posizione netta e filo-atlantista sull’Ucraina, etc.), la scelta di non infiammare lo spread e di non andare allo scontro con la Ue sui conti pubblici costringe Meloni a scontentare ceti di riferimento.
Smantellare il Reddito di cittadinanza e alzare il tetto al contante sono le promesse mantenute. Per il resto, il governo porta a casa un po' di flat tax in favore delle partite Iva, un balletto sulle pensioni, la riscrittura del bonus 18enni,. E la retromarcia, imposta dall’Ue, sull’obbligo del Pos. Ma non si può andare allo scontro con l'Ue, mentre la Bce aumenta i tassi. E la scelta "di realtà" è restare nella scia di Mario Draghi anche sulla politica energetica. Così fa Meloni: proroga gli aiuti a famiglie e imprese, tratta per il gas con Algeria e Libia, trivella nell'Adriatico, installa a Piombino un rigassificatore osteggiato da FdI.
Ma il primo vero incidente è quando il prezzo della benzina sale, per effetto della decisione di non rinnovare gli sconti sulle accise. Il primo riflesso del governo è puntare il dito sulla speculazione, ma gli alleati protestano, i sondaggisti intravedono una flessione di FdI sotto la soglia - altissima - del 30%. Si tenta di correggere il tiro, senza però riuscire a sventare uno sciopero dei benzinai. Il pasticcio delle accise balza in cima ai primi cento giorni di Meloni.
Relegando sullo sfondo i vertici internazionali, la condanna "dell'ignominia" delle leggi razziali e la commozione nell'incontro con la comunità ebraica, la carezza di Papa Francesco alla figlia Ginevra. E pure il lavorìo per affermare una contro-egemonia culturale della destra. E così, tra uno scontro sulla giustizia che guasta perfino i sacrosanti festeggiamenti per la cattura del superlatitante Matteo Messina Denaro, in mezzo alle tensioni sull'Autonomia e sugli stipendi degli insegnanti, già si intravedono gli ostacoli futuri. La ratifica sul Mes, difficile da far digerire. La trattativa sui balneari, che sul rinvio delle gare si dovranno deludere. La necessità di contraddirsi ancora, in nome della responsabilità di governare. Cento giorni davvero passati in chiaro scuro.