I cento addii al Movimento: se ne vanno gli eletti nell'uninominale
Trizzino lascia i Cinquestelle, ma il suo non è un addio qualunque. Quanti e chi sono i transfughi verso il Gruppo misto e le destre
In qualche modo, la geografia parlamentare di questa settimana è stata quasi tranquilla. Due passaggi di gruppo al Senato, uno alla Camera. Un tempo sarebbe stata la rivoluzione, oggi è quasi calma piatta. A Palazzo Madama, sotto il titolino “Gruppi parlamentari, variazioni nella composizione” dell’allegato B al resoconto dell’unica seduta svolta, quella di mercoledì, prima di dare appuntamento a martedì della prossima settimana, ci sono solo due movimenti: “Il senatore Eugenio Comincini, con lettera in data 22 marzo 2021, ha comunicato di cessare di far parte del Gruppo Italia Viva - P.S.I. e di aderire al Gruppo parlamentare Partito democratico. Il Presidente del Gruppo Partito democratico ha accettato tale adesione”. E poi: “La senatrice Tiziana Drago, con lettera in data 18 marzo 2021, ha comunicato di cessare di far parte del Gruppo Misto e di aderire al Gruppo parlamentare Fratelli d'Italia. Il Presidente del Gruppo Fratelli d'Italia ha accettato tale adesione”.
A Montecitorio, invece c’è stato un solo addio
In attesa dell’ufficializzazione dell’ennesimo addio di un esponente del Pd al Parlamento per fare altro: dopo Maurizio Martina alla Fao, Pier Carlo Padoan al vertice di Unicredit e Marco Minniti alla Fondazione Med-Or di Leonardo dedicata in particolare ai rapporti fra l’Italia e i Paesi dell’area mediterranea e del vicino Oriente (peraltro c’è anche la Fondazione Leonardo presieduta benissimo, in tandem con il direttore generale Raffaella Luglini, da Luciano Violante, che viene da quel partito e che è stato senza confronti il miglior presidente della Camera, tecnicamente, umanamente e politicamente), a lasciare la Camera è il deputato che era subentrato proprio a Martina: il bergamasco Giovanni Sanga, che lascia per incompatibilità con la presidenza della Sacbo, la società dell’aeroporto di Orio al Serio, colosso dei voli. Al posto di Sanga entrerà la prima dei non eletti nel Pd, l’ex assessora della giunta di Giorgio Gori a Bergamo, Leila Ciagà.
Ma, in attesa della formalizzazione di tutto questo, è toccato invece direttamente al presidente della Camera Roberto Fico comunicare l’ennesimo addio di un suo compagno di gruppo l’altro giorno, sotto l’ormai inevitabile titolino: “Modifica nella composizione di gruppi parlamentari”, un appuntamento fisso: “Comunico che, con lettera pervenuta in data odierna, il deputato Giorgio Trizzino, già iscritto al gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle, ha dichiarato di aderire al gruppo Misto, cui risulta pertanto iscritto”.
L'addio di Trizzino non è un addio qualunque
Trizzino, medico e igienista siciliano eletto nel collegio uninominale di Palermo-Libertà è il centesimo parlamentare a lasciare il MoVimento nei tre anni passati dal trionfo alle elezioni della primavera 2018.
E non è un addio qualunque, perché Trizzino, ex democristiano siciliano molto amico della famiglia Mattarella e che ha un rapporto di stima con il presidente della Repubblica, oltre che con l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, è sempre stato fra i “governisti” del MoVimento, lontano dai puri e duri e dalle scelte dialettiche di carta vetrata non apprezzate sul Colle e non solo, tanto che quando il presidente della commissione antimafia Nicola Morra fece l’infelice uscita su Jole Santelli malata di cancro e ciononostante votata dai calabresi come presidente della Regione, fu proprio Trizzino a firmare l’attacco più duro al suo ex compagno di partito: “Temo che in questi giorni in Calabria circoli liberamente un ceppo di covid-19 mutato che colpisce specificamente soggetti delle Istituzioni e li spinge a dire cavolate. Isoliamolo al più presto prima che faccia altri danni”.
E non è un caso che, nel culmine della crisi del Conte bis, fu lo stesso Beppe Grillo a rilanciare integralmente una lettera di Trizzino che auspicava il governo di tutti. In quel momento, ovviamente, il premier di questo esecutivo sarebbe stato Conte, poi la storia ha portato a Draghi.
Diceva la lettera aperta di Trizzino ai “parlamentari di maggioranza e di opposizione” rilanciata per intero da Grillo: "Stiliamo insieme un patto tra tutti i partiti e lavoriamo per la ricerca di un obiettivo condiviso che altro non può essere che la ricerca del bene comune per il Paese. Lavoriamo uniti e cambiamo la nostra prospettiva di ricerca di quello che può essere utile al singolo individuo e raccogliamo l'esortazione che ci indirizza il Presidente Mattarella di diventare costruttori mettendo al primo posto il bene comune dell'Italia".
Era il 13 gennaio, non molto tempo fa, e quindi è chiaro che l’uscita di Trizzino non è di quelle indolori per il MoVimento, non è uno dei cento. Così come non lo fu l’addio di Lorenzo Fioramonti, che nel governo Conte bis era il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca, è professore ordinario di economia politica e che venne eletto pure lui nell’uninominale a Roma-Torre Angela. Insomma, non sono più solo i peones a lasciare il MoVimento, spontaneamente o espulsi.
Proprio nell’ultima seduta a Palazzo Madama la presidente dell’assemblea Maria Elisabetta Alberti Casellati ha reso noto che sono state convalidate le elezioni dei senatori eletti nei collegi uninominali. Ed anche qui, è impressionante vedere come siano sempre più gli addii al MoVimento da parte degli eletti nei collegi, presentati come fiori all’occhiello in campagna elettorale.
Due, purtroppo, sono stati addii per la morte del senatore (Maria Virginia Bogo Deledda nel collegio di Sassari-Nord Sardegna e il geologo Franco Ortolani, professore universitario e maggior studioso al mondo della Terra dei fuochi nel collegio di Napoli – San Carlo all’Arena). Collegi entrambi persi dal MoVimento alle suppletive, esattamente come quello alla Camera di Cagliari-Burcei, dove era stato eletto il velista Andrea Mura, poi dimessosi dal Parlamento dopo le polemiche su una sua frase e sulla possibilità di onorare il mandato parlamentare anche in mezzo al mare.
Ma, anche solo per limitarsi ai senatori appena convalidati, è impressionante vedere il numero degli ex pentastellati eletti in collegi uninominali che hanno abbandonato la compagnia per uscita spontanea dal MoVimento o espulsione. Anche big, a partire dall’ex ministro per il Sud del primo governo Conte, Barbara Lezzi, eletta nel collegio uninominale salentino di Nardò, e dal già citato Nicola Morra, eletto nel collegio di Cosenza.
E poi, sempre fra i “fiori all’occhiello” Saverio De Bonis, eletto nel collegio uninominale di Potenza e andato fra gli italiani all’estero del MAIE a rinforzare gli Europeisti, cioè i responsabili tabacciani poi rilevatisi ininfluenti per la sopravvivenza del governo Conte; Margherita Corrado, archeologa eletta a Crotone, ora nel Misto; Gelsomina Vono, eletta nel collegio di Catanzaro e ora in Italia Viva; Ugo Grassi, professore ordinario di diritto civile all’università di Napoli, eletto nell’uninominale ad Avellino e ora passato alla Lega; Virginia La Mura, eletta nel collegio uninominale di Torre del Greco e ora al Misto; Vilma Moronese, eletta nel collegio di Caserta e ora al Misto pure lei; Paola Nugnes, eletta nel collegio di Napoli-Fuorigrotta e ora in Liberi e Uguali in quota Rifondazione Comunista; Francesco Urraro, presidente dell’ordine degli avvocati di Nola, eletto nel collegio uninominale di Portici, e ora alla Lega; Mattia Crucioli, avvocato eletto nel collegio di Genova-Unità urbanistica San Fruttuoso e ora nel Misto, sfumatura L’Alternativa c’è; Luigi Di Marzio, docente universitario in Molise, eletto nel collegio di Campobasso e ora al Misto; Gianni Marilotti, scrittore eletto nel collegio di Cagliari e ora fra gli Europeisti; Tiziana Drago, eletta nel collegio uninominale di Acireale e ora in Fratelli d’Italia e Francesco Mollame, oggi al Misto, eletto nel collegio di Marsala.
E questo solo per limitarsi agli appena convalidati al Senato, ma alla Camera la storia è uguale. Insomma, gli identikit sono comuni: eletti nell’uninominale, al Sud, provenienti dalla società civile. C’era una volta il MoVimento del 2018.