Conte pretende la testa dei renziani: fuori dalle liste in Liguria. Il Pd accetta, Orlando trema
Il lupo perde il pelo ma non il vizio, non c’è due senza tre… benedetti i vecchi adagi. Bisognerebbe tenerli più in considerazione. Lo ha fatto per le regionali Molise, lo ha fatto per le comunali a Bari (in entrambi i casi a pochi giorni dalle urne provando così a falsare la competizione elettorale) lo ha rifatto ieri per le regionali in Liguria. Ormai è un metodo rodato: Giuseppe Conte aspetta sempre gli ultimi momenti utili per far saltare il banco e drammatizzare così le sue decisioni che però, va detto, godono sempre della complicità di chi gliele consente. In questo caso il Pd.
In Molise successe a due settimane dal voto, a Bari 48 ore prima delle primarie, in Liguria a 24 ore dal deposito delle liste. In questo caso a 24 ore da un altro clamoroso strappo, quello sulla Rai: anche qui Conte ha stracciato un accordo firmato tre mesi fa che diceva di stare fuori dalla spartizione dei posti nel cda di viale Mazzini in attesa di una vera riforma che metta una volta per tutte la Rai fuori dal controllo della politica così come prevede il Freedom information Act approvato dal Parlamento europeo in marzo e a cui anche l’Italia deve adeguarsi entro aprile 2025.
L’apparentamento
Il contesto è necessario per spiegare cosa è successo. Venerdì mattina Giuseppe Conte ha comunicato ai vertici del Nazareno che non ci devono essere renziani in lista. Attenzione: nella lista civica apparentata con quella di Andrea Orlando e senza simbolo. Si chiama Patto civico riformista e dentro ci sono Azione, repubblicani, Italia viva, + Europa, socialisti. Il gruppo dei centristi insomma. L’apparentamento era stato firmato da Orlando il 25 settembre. Tutto fatto e deciso, insomma. Certo, Italia viva ha dovuto rinunciare al proprio simbolo (sostituito da Popolari europeisti riformatori) e ha dovuto fare anche un altro pesante passo indietro: uscire dalla giunta del sindaco Bucci. Due diktat grillini appoggiati da Sansa, Sinistra e Verdi, il radicalismo più estremo con molte connessioni all’estrema destra (politca estera e giustizia). Le quattro pagine dell’apparentamento sono disponibili e un’interessante lettura.
Tra giovedì sera e venerdì mattina, dopo la rumorosa frattura sulla Rai (la pugnalata anche questa volta a Elly Schlein che ogni volta si fida), Conte ha deciso di alzare ancora di più il prezzo e ha comunicato - non è chiaro se direttamente alla segretaria o ad altri - che in quella lista non ci dovevano stare neppure i nomi di coloro che militano in Italia viva, parlano di sindaci, avvocati, ex presidenti dell’Arci, società civile di livello. A quel punto i vertici del Nazareno - è il Pd il perno e il motore dell’alleanza - si sono fatti carico di chiedere alla coordinatrice del partito Raffaella Paita di togliere dalla lista Riformisti uniti i nomi riconducibili a Italia viva.
M5s: “O noi o loro”
Quasi una forma di razzismo e fanatismo politico che tiene insieme 5 Stelle, Sinistra e Verdi e l’altro campione locale che si chiama Ferruccio Sansa. “Abbiano sempre detto o noi o loro”; “per noi l’accordo era di tenere fuori i renziani perchè Iv era in giunta con Bucci candidato della destra, espressione del tomismo…” dicevano ieri ma anche giovedì alla Camera, dopo la spaccatura sulla Rai s’era capito che era cambiato qualcosa. O meglio: s’era capito 5 Stelle e Sinistra, che si sono spartiti i due posti nel cda Rai che altrimenti toccati al Pd più a un altro delle opposozioni, avrebbero alzato il prezzo, drammatizzato la situazione anche per togliere l’attenzione da una oggettiva occupazione di poltrone nonostante l’impegno firmato. E cosa di meglio che far saltare la lista dei renziani? Così, verso le quattro di ieri pomeriggio è toccato alla coordinatrice di Iv Raffaella Paita mettere fine al penoso balletto. Ad annunciare lo strappo, la coordinatrice di Iv Raffaella Paita. “Abbiamo fatto di tutto per raggiungere l'obiettivo di una presenza riformista nel centrosinistra. Gli accordi con il candidato Orlando e con gli altri partiti hanno portato alla creazione della lista 'Riformisti uniti', apparentata con lo stesso Orlando come si può vedere dai documenti. La lista c’è ed è addirittura già apparentata” h spiegato ieri. Ma “nelle ultime ore - su pressione dei Cinque Stelle- ci è stato chiesto di eliminare l’apparentamento o cancellare dalla lista i nomi di alcuni nostri rappresentanti. E per noi non è politicamente serio. Siamo disponibili a fare gli accordi con il centrosinistra ma non a tutti i costi”. A questo punto libertà di voto per gli elettori di Italia Viva.
L’appello di Orlando
Il candidato del centrosinistra Andrea Orlando, che non risulta aver speso mezza parola in difesa di un patto da lui stesso firmato, è infatti corso subito a fare un video appello all’unità: “Questo è l'appello che arriva dal basso, lo voglio girare al campo largo, ai suoi dirigenti che in questo momento hanno momenti di tensione, di frizione”. Io, dice Orlando, “sono convinto che sia necessario che l’argine, l’unico argine possibile alla destra in questo momento, cioè l’insieme delle forze politiche e sociali che si oppongono alla politica del governo, possa realizzare il massimo della propria unità”. A chi parla Orlando: ai 5 Stelle perchè la smettano di imporre diktat? Agli elettori di Iv e altri di votare per lui nonostante i loro candidati, in Liguria ma anche altrove, abbiano cucita addosso una sorta di stella di David imposta da 5 Stelle e Sinistra? Domande che si portano dietro la domanda madre fin dalle politiche del ’22: chi comanda nel centrosinistra, il Pd o i 5 Stelle?
Il risultato è che Italia Viva non parteciperà alle elezioni in Liguria e che Matteo Renzi resta fuori dalla coalizione di centrosinistra per Andrea Orlando. Giuseppe Conte può sbandierare quella “chiarezza” che il Movimento non ha mai smesso di sollecitare: “O noi o loro”.
Malumori tra i dem
La notizia infatti non ha preso proprio tutti alla sprovvista, soprattutto dopo la spaccatura sulla Rai. “Iv sta con noi anche per le regionali in Emilia e in Umbria, governiamo insieme a Napoli” facevano notare ieri i dem che seguono la campagna ligure e che fanno parte dell’atra più riformista. E’ chiaro che nel Pd i bersaniani, gli ex di Articolo 1, stanno brindando. Anche per loro Renzi non ha più diritto di cittadinanza. E dire che furono loro i primi a fare la scissione dal Pd. Loro che non hanno mai digerito la sua segreteria e il suo 40% alle Europee. “Noi abbiamo fatto il possibile. Ci hanno detto di togliere il simbolo e lo hanno abbiamo fatto. Ci hanno fatto storie sulla presenza fisica in giunta a Genova e lo abbiamo accettato. Alla fine ci hanno detto di togliere i nostri dalla lista. C’era l'ex-presidente dell'Arci di La Spezia, mica un nazista dell’Illinois! E' finita che quelli che votano Trump mettono il veto sull'ex-presidente dell’Arci…" è lo sfogo di un dirigente di Italia viva.
Il bello è che per qualche ora è passata la versione che era stata Italia viva a far saltare il banco. In un venerdì pomeriggio ancora quasi estivo, nel deserto delle camere - il giovedì pomeriggio seguono - ha fatto comodo farlo - un mainstream sbagliato: “Ecco qua, il solito Renzi inaffidabile che fa saltare il banco a tempo orma scaduto…”.
In serata ci ha pensato Francesco Silvestri, capogruppo M5s alla Camera, a rivendicare: “La non presenza di Renzi era una condizione per il nostro sostegno a Orlando. Non è un mistero, la nostra coalizione era non avere il simbolo e neppure esponenti di chi, fino a ieri, era in giunta con il candidato del centrodestra Marco Bucci”. A quel punto anche i dem hanno dovuto correggere il tiro e hanno iniziato ad attaccare “la miopia politica dei 5 Stelle che non hanno capito che siamo entrati in una nuova fase, che bisogna guardare avanti e non continuare gli occhi sullo specchietto retrovisore”.
Guerini: “Basta diktat”
Il sospetto, anche tra i dem, è che Conte alle prese con grosse difficoltà interne, tenga alta la bandiera del grillismo e della sua presunta purezza proprio per tenersi il Movimento e blindarlo rispetto a Grillo. “Le regole d'ingaggio erano ormai chiare, forse i Cinquestelle non le hanno capite, abbiamo firmato un patto” diceva ieri una fonte dem. “Se anche avessimo tolto dalla lista Arianna Viscogliosi (che è stata in maggioranza con Bucci, ndr) - riflette una fonte di Iv - avrebbero subito dopo trovato un’altra scusa per alzare il prezzo. La verità è che i Cinque stelle e non solo non ci hanno mai voluto in nessuna forma”.
L’altra verità è che ora non si mette bene per Orlando. La segretaria Schlein non si è fatta sentire. Probabilmente sono in corso trattative: entro le 12 c’è la possibilità di recuperare questo clamoroso autogol grillino. Anche per questo Renzi ha taciuto. Parlerà oggi pomeriggio alla direzione di Italia Viva convocata a Roma. Ha parlato, invece, Lorenzo Guerini, leader dei riformisti del Pd. Poche e sante parole: “Non entro nella questione delle singole regioni. Ma le alleanze si costruiscono con voglia di unità e con chiarezza delle posizioni, dentro uno spirito di solidarietà. Non credo che coi veti si faccia o si possa fare grande strada”. I destinatari del messaggio sono Giuseppe Conte ma anche Fratoianni, Bonelli e la vecchia Ditta tornata nel Pd. Il solito vecchio schema: ok alle alleanze ma poi comandano loro.