“Andiamo su Tik Tok!”. Lega e azzurri sbarcano sui social alla (disperata) ricerca del voto dei giovani
Un bacino di 4 milioni di voti attira i due partiti del centro destra in crisi di consensi e con tante "grane" da risolvere
C’è poco da fare. Gli ultimi sondaggi – specie quelli di Alessandra Ghisleri, che guida Euromedia Research ed è una che ci ‘azzecca’ parecchio, specie quando deve ‘analizzare’ il centrodestra e le sue componenti (sono quattro) – sono un disastro, per la Lega di Matteo Salvini – ma anche per FI e, dunque, per Silvio Berlusconi, tanto che gli ‘uccelli del malaugurio’ (interessati), dai terzopolisti’ ai 5Stelle, già garriscono di gioia: parlano, entrambi, di ‘sorpasso’ (il Terzo Polo su Forza Italia, i 5Stelle sulla Lega, etc.).
Sotto il 15% è già un bel problema, per Salvini (e sotto l’8% sarebbe un dramma, per Forza Italia), ma sotto il 12% (la Lega) e il 7% (FI) assume i contorni di una vera e propria tragedia biblica.
Matteo Salvini, dunque, si rigira tra le mani gli ultimi sondaggi che danno la Lega al 12,5% e Fratelli d’Italia al doppio. Berlusconi idem. Ecco perché i due competitor interni di Giorgia Meloni hanno pensato bene di cercare di ‘porre rimedio’ a una situazione che, di giorno in giorno, si va facendo vieppiù difficile, se non proprio imbarazzante con una strategia – mediatica e comunicativa, soprattutto – ‘strong’, specie sui social (da quelli ‘consueti’: Twitter, Facebook, Instagram) e in particolare su quelli per ‘giovani’, (Tik Tok, Twitch) al fine di acchiapparne i voti.
Prima di tutto, però, c’è la Politica. I tentativi di Salvini&Berlusconi di ‘smarcarsi’ da Meloni: è competition serrata nel centrodestra
Certo, innanzitutto c’è la Politica. Ecco perché, l’altro giorno, Salvini ha fatto una bella ‘improvvisata’ delle sue, un blitz a Lampedusa. Ossia rispolverare il tema sul quale si sente più sicuro e che considera suo monopolio (anche per questo ha bocciato la proposta di ‘blocco navale’ avanzata da Giorgia Meloni). Insomma, ecco Salvini atterrare a Lampedusa, per la seconda volta in pochi giorni, riproponendosi sempre uguale a sé stesso e parlando ancora di immigrati: “Tornerò a proteggere i confini, questo hotspot non è degno di un Paese civile”. Ma il Capitano, come ama farsi chiamare anche se ormai sono sempre di meno coloro che lo considerano tale, sa bene che sia dentro sia fuori dal suo partito c’è chi progetta di sottrargli la leadership, subito dopo il voto del 25 settembre. Mentre Berlusconi lancia le sue ‘pillole’ quotidiane (stile “Meno tasse per tutti” delle care, vecchie, campagne elettorali, quando FI stava, però, al 30% dei voti), continua a creder di poter ‘dare le carte’ lui, ancora una volta, e sogna un irraggiungibile 20% che, a queste elezioni, non vedrà con il binocolo.
“Oggi in Spagna e domani in Italia”. Weber (PPE) viene a far visita a Berlusconi (e Cesa…)
Ma – oltre a lanciare proposte che costano miliardi (La flat tax e ‘quota 40’ Salvini, sconti, esoneri e ‘tana libera tutti’ per Berlusconi) e ad annunciare continui ‘scostamenti di bilancio’ che, a differenza loro, la Meloni sa fin troppo bene che ‘non’ si potranno fare (“Ce lo chiede l’Europa” e, soprattutto, glielo ha chiesto, di brutto, Draghi…) – la strategia del Cavaliere è un pelo più raffinata. Insomma, almeno più arguta.
Ieri, infatti, si è fatto ‘endorsare’ dal PPE, con Manfred Weber venuto apposta, a Roma, per incontrare il suo numero due, Antonio Tajani, e, già che c’era, pure il numero uno (sic) dell’Udc (Lorenzo Cesa), non foss’altro perché entrambi (FI e Udc) militano nella ‘casa comune’ del PPE, e poi ieri, ovviamente, anche Berlusconi, che parla di centrodestra ‘rigorosamente europeista’, che a Meloni va bene, ma spiegaglielo a Salvini.
Non certo, cioè, nel gruppo ‘Identità e Nazione’ della Lega, dove sta pure il FN di Marine Le Pen, e neppure nei ‘Conservatori e Riformisti’ dove, invece, sta la Meloni con FdI, più polacchi, cechi, etc., che del gruppo europeo è pure la presidente.
Strategia, quella del PPE, che sarebbe così ardita – e ‘raffinatissima’ – da prevedere, persino, l’isolamento proprio della Lega di Salvini per ‘annettersi’ i terzopolisti di Calenda, che militano in Renew Eu, grazie a Gozi (e, cioè, a Renzi), mentre con FdI i rapporti del PPE sono ‘stabili’ e, anche, assai interessati, nella speranza che, “oggi in Italia e domani in Spagna” (slogan che, solo rovesciato, peraltro, negli anni Trenta indicava il tentativo di ‘riscossa’ degli antifascisti contro i regimi nazi-fascisti, quando uno dice i ‘corsi e ricorsi’ della Storia…), dove pure si vota e dove il PPE spera di incassare la vittoria del PP spagnolo, magari anche se ‘alleato’ ai ‘pericolosi’ destrorsi di Vox, partito gemellato proprio a FdI, nella speranza di riguadagnare posti dentro la Ue, che oggi ha, ma che presto potrebbe perdere. Anche perché, per il nuovo Parlamento e per la nuova Commissione, entro due massimo si vota Per dire, Draghi sponsorizzato proprio dal futuro di centrodestra – potrebbe ambire a guidarla o, in ogni caso, a prendervi un posto di responsabilità.
La ‘Bestia’ nera della Lega, ora, è il M5s, così Salvini sbarca su Tik tok e pensa al Viminale
Tutt’altro paio di maniche, invece, per la Lega. Il Movimento 5 Stelle, in lieve ma constante crescita, gli sta alle calcagna mentre il partito resta fermo, immobile sulle gambe, e nei voti. Sui social tradizionali ha perso consenso da quando “La Bestia” non ha più il suo creatore Luca Morisi a gestirla e, pur avendo molti più fan e follower di Giorgia Meloni, i like sono la metà.
Così Salvini, allo scoccare della mezzanotte, appare ogni sera su Tik tok alla ricerca di un nuovo pubblico, più giovane, da acchiappare con messaggi elementari: “Stiamo facendo quantificare dai tecnici del Mef quanto costa rendere gratuiti i libri di testo per le scuole medie e superiori”. E poi ancora: “Continuo a ragionare sulla reintroduzione della leva obbligatoria, è utile insegnare ai ragazzi a salvare vite, a curare i boschi e gli animali”. Infine, niente più numero chiuso per accedere alla facoltà di medicina. Il mood è chiaro: planare all’impazzata sui temi per recuperare consenso trovandosi in difficoltà davanti a una campagna elettorale, targata Fratelli d’Italia, ficcante, tra l’istituzionale e il populismo, ma che sta portando a Meloni ottimi risultati.
La leader di Fratelli d’Italia non gli lascia libero il campo populista e, nello stesso tempo, cerca di introdursi nel campo moderato dove lui non ha alcuna possibilità di entrare, anche perché non ha cambiato il suo format degli ultimi quasi 10 anni: comizio più selfie, selfie più comizio, piazza dopo piazza e ancora piazza. Solo che, tutto ciò ,si è aggiunto Tik Tok. I più avveduti dei suoi gli dicono: “Matteo, ogni tanto fermati”, ma niente da fare. Matteo va avanti come un treno. Nella sua testa c’è sempre Lampedusa, gli immigrati, ‘ma anche’ i ‘drogati’ etc. etc. etc.
E, ovviamente, c’è sempre il Viminale. Sogna di tornare ministro dell’Interno, ma se il risultato elettorale dovesse essere deludente le porte del Viminale potrebbe essere sbarrate. Per non dire della – sorda, palese – irritazione, nei suoi confronti (e pure, va detto, verso Berlusconi) del Quirinale, dove le ‘uscite’ di Salvini e Berlusconi – spesso irrispettose, scollacciate, sopra le righe – se le sono segnate tutte e pure legate al dito.
Se la Lega va male scatterà la ‘resa dei conti’? Giorgetti-Zaia ‘non hanno il fisico’, Fedriga sì
Ma il non conquistare quell’incarico sarebbe il vero smacco, per Salvini, e lo indebolirebbe fortemente, anche dentro i suoi, nel partito. Né Luca Zaia né Giancarlo Giorgetti vogliono o sono capaci di compiere una vera e propria ‘scalata’ dentro la Lega (“Gli manca il fisico, per l’arrampicata…”, malignano i salviniani doc), ma certamente un 11 o 12%, come forse teme lo stesso Salvini, porterebbe inevitabilmente a uno scontro dentro la Lega. Per questo il leader tenta il recupero e vorrebbe arrivare almeno al 14%.
In caso di ‘resa dei conti’ c’è chi, all’interno della Lega, fa il nome di Massimiliano Fedriga, giovane, brillante, ma anche accorto, governatore del Friuli Venezia Giulia, fresco di autobiografia appena pubblicata ("Una storia semplice. La Lega, il Friuli Venezia Giulia, la mia famiglia"), ma questa carta è più una suggestione che qualcosa di veramente concreto. Almeno a oggi, ma tra 25 giorni tutto potrebbe volgere al peggio.
Per evitare una discussione interna e per blindarsi, piuttosto, Salvini si giocherà molto bene la partita dei ministri e dei sottosegretari. Chi sta studiando con lui la strategia elettorale e post-elettorale spiega che ci sarà posto per tutti. Al contrario invece di quanto fatto nelle liste dove, per esempio in Veneto, ha candidato persone molto vicine a lui togliendo spazio ai giorgettiani e ai fedelissimi di Zaia.
Oltretutto, mettere in lista i fedelissimi ha avuto anche questo scopo: evitare che, in caso di ‘cappotto’ (in negativo), possano esserci eletti leghisti che migrino in Parlamento in soccorso della vincitrice Giorgia. La quale, lanciatissima, parlando con i suoi ripete spesso: “Speriamo che Lega e Forza Italia reggano bene. Nella coalizone dobbiamo essere tutti forti altrimenti, non riusciamo ad andare a Palazzo Chigi”.
Il vero cruccio della Meloni, versione ‘madre’ e il ‘totoministri’ che, dentro FdI, già impazza
E qui passiamo all’altro corno del dilemma. Partiamo dalla ‘Cabala’, il caro, vecchio, “Non è vero, ma ci credo!” di Totò e fratelli De Filippo. In questo scorcio di millennio, dal 2001 in poi, solo due persone, Silvio Berlusconi e Romano Prodi, hanno guidato un esecutivo dopo aver condotto (e vinto) una campagna elettorale. A entrambi è andata, per ragioni diverse, malissimo, o subito (Prodi) o solo dopo un po’ (Berlusconi).
Giorgia Meloni, però, vuole sfidare ogni ‘cabala’. In buona sostanza, anche grazie ai sondaggi (tutti), che vedono FdI e il centrodestra al 46-48% dei voti, si ‘sente’ già premier. Per ‘auto-consacrarsi’ ecco un’intervista al settimanale Chi, diretto – ormai dal 2006, una ‘monarchia’ – dal ‘re’ del gossip, Alfonso Signorini. ‘Chi’, al pari della trasmissione ‘Amici’ (reti Mediaset) di Maria De Filippi, a quello serve: a ‘consacrare’ un leader e, pure, a renderlo simpatico al Popolo. Ci sono passati, su Chi, davvero tutti: Berlusconi, ovviamente, ma pure Renzi, Salvini, etc. etc. etc.
Ma cosa dice, la Meloni, a Chi? “I sondaggi ci danno al 24%: siamo più in alto di tutti perché i più seri. Se mi sento pronta a diventare la prima donna premier in Italia? Mi sono sentita spesso inadeguata e, a volte, tutto mi sembra più grande di me. Ma sono un soldato, io, una combattente. Combatto e sono sicura che la gente ci seguirà”.
Fin qua, si potrebbe dire, ‘tutto bene’. Poi, però, ‘Io sono Giorgia’, titolo della sua (vendutissima) autobiografia, un vero unicuum di boom editoriale per un libro scritto da un ‘politico’ – i quali, di solito, sono noiosi e vendono poco - parla di come le cambierebbe la vita se diventerà premier: “Non rinuncerò a nulla di ciò che riguarda mia figlia Ginevra, che ha 6 anni – racconta – “Le donne si organizzano sempre. Basta guardare Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Ue, che ha sette figli, o Roberta Metsola, presidente del Parlamento Ue, che cresce quattro maschi”.
Meloni dice anche che “ci sono due modi per esercitare il potere: con l’esempio o con la paura. Io ho preferito il primo. Se ti chiedo di fare una cosa per me vuol dire che l’ho fatta già 20 volte”.
La presidente di Fratelli d’Italia, in giornata, però, fuoriesce dal ‘privato’ e torna al lato ‘pubblico’. Il presidenzialismo “darà stabilità politica all’Italia: dobbiamo tornare ad essere una Nazione forte, autorevole, credibile nello scenario internazionale. Il 25 settembre avremo l’occasione di scrivere una pagina nuova”, scrive su Facebook, rilanciando le parole di Marcello Pera, candidato per FdI, sulla necessità delle riforme, presidenzialismo in testa.
La Meloni ha ‘paracadutato’ Pera in un collegio uninominale della Sardegna, per la scarsissima gioia dei sardi - che ancora gli rimproverano una vecchia polemica con Cossiga - e pure in collegio plurinominale, ma in Campania e le sue parole ci portano, a affrontare un tema un po’ più ‘serio’. Il toto-ministri che, tra i colonnelli di FdI, impazza.
Si parla, con insistenza, di Carlo Nordio alla Giustizia, Giovanni Donzelli ai Rapporti con il Parlamento, Raffaele Fitto agli Affari Ue, Adolfo Urso alle Attività produttive, Guido Crosetto – uno dei fondatori di FdI e consigliere della Meloni - alla Difesa. Invece, il ‘povero’ Giulio Tremonti non andrebbe al Mef, pare riservato l’attuale membro del board della Bce, Panetta (nome ‘caldeggiato’ sia da Draghi che al Colle), ma ai Beni culturali. Uno smacco, per Tremonti. ‘Cascherebbe’ assai meglio Pera, pre-destinato, ca va sans dire, alle Riforme istituzionali.
Al netto del fatto che, sia i colonnelli di FdI sia la Meloni, farebbero bene a smetterla col ‘giochino’ del ‘toto-ministri’, un’altra di quelle cose che, da quando Mondo è Mondo, fa imbestialire il Colle, e al netto pure dell’altro dato (di fatto) che FdI di ministri, in un governo che sarà, per forza di cose, di ‘coalizione’, ne sta chiedendo davvero troppi, paradossalmente, il vero ‘cruccio’ della Meloni è proprio che sa benissimo che la cannibalizzazione a cui FdI rischia di sottoporre i partiti alleati potrebbe essere assai implacabile, addirittura in grado di decimarli. E’ questo il motivo per cui la leader della destra sta conducendo una campagna elettorale che cerca di parlare a tutti, trasversale e aperturista, in grado di attirare consensi esterni al centrodestra, invece di provocare una redistribuzione interna.
Salvini spera, naturalmente, che questa strategia meloniana riesca, in modo da non essere lui, o meglio il suo partito, la vittima del successo annunciato di Fratelli d'Italia. “Ognuno di noi tesse la propria tela, in queste ultime settimane di campagna elettorale – dice il capo lumbard ai suoi – e il 26 mattina ci metteremo tutti insieme intorno a un tavolo e valuteremo serenamente che cosa è accaduto nelle urne e che cosa c’è da fare”. Con il rischio, però, che la Lega si trasformi, a partire dalla mattinata post-elettorale in una valle (padana) di lacrime o in un campo di battaglia.
FdI sfonda tra i giovani, Lega e FI per nulla…
Non a caso, mentre FdI e la Meloni, forti del loro 25% e rotti, ‘sfondano’, nel pubblico giovanile – atteso a una ‘prima volta’ molto importante, come vedremo: quasi 4 milioni i giovani che votano per la prima volta e, soprattutto, che votano non solo per la Camera dei Deputati, storicamente ‘riservata’ a loro, ma anche per il Senato – Salvini e Berlusconi hanno bisogno di mettere a segno dei colpi ad effetto. Specie dopo la doccia fredda dovuta ai nuovi dati targati sia Radar-SWG che Ghisleri come di diversi altri istituti.
Gli ultimi dati ‘sfornati’ dalla Ghisleri…
In effetti, a stare all’ultima rilevazione della Ghisleri (dati raccolti tra 29 e 30 agosto), Fratelli d'Italia doppia la Lega e Azione supera FI. FdI sarebbe al 24,6% (+1,1 rispetto all'ultima rilevazione, effettuata il 22 luglio), raddoppiando così i consensi rispetto al Carroccio che si fermerebbe al 12,5% (-1,5). Al secondo posto il Pd, che avrebbe il 23,1% (+0,3). Azione-Italia Viva arriverebbe al 7,4% (-0,8%) in corsia di sorpasso su FI, attestata sul 7% (-0,7). Mentre il Movimento Cinque Stelle crescerebbe del 3,1% (sempre sulla rilevazione del 22 luglio), salendo al 12,3%. Il sondaggio accredita poi Italexit di Gianluigi Paragone del 2,8% (+0,1), a un passo dal 3%, la ‘soglia di sopravvivenza’ per tutti.
Infine, l'alleanza Verdi-SI è sul 3,1% (-0,1). A Noi Moderati di Lupi-Toti-Cesa-Brugnaro è attribuito il 2% (+1), a +Europa di Bonino-Della Vedova l'1,5% (stabile), a Impegno Civico di Di Maio l'1% (-0,5). Insomma, le buone notizie arrivano ‘solo’ per la Meloni: infatti, se l’area di centrodestra, otterrebbe così il 46,1% dei consensi contro il 28,7% del centrosinistra, il che vorrebbe dire una vittoria schiacciante, indubitabile, trasformando i voti in seggi, grazie all’effetto ‘moltiplicatore’ del Rosatellum, le notizie, per Lega e FI, sono, appunto, pessime.
Va anche detto, però, che si dice ancora indeciso il 35,4% degli elettori intervistati, percentuale che cala solo dell'1,4% rispetto a quaranta giorni fa. Chi non sa ancora se andrà a votare è il 23,8% degli indecisi, chi non sa quale forza politica votare costituisce invece il 76,2% degli indecisi.