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[La polemica] Quei 12 cadaveri abbandonati in mare alla deriva. L’Italia di Salvini è disumana

Tiene il punto Salvini, non vuole cedere, non ha intenzione di fare passi indietro. La vicenda dell’Aquarius, la nave della Ong “Sos Mediterranée” a cui il governo (Conte) Salvini-Di Maio ha impedito di attraccare in un porto italiano, è diventata un simbolo. Costi quel che costi

Guido Ruotolodi Guido Ruotolo, editorialista   
[La polemica] Quei 12 cadaveri abbandonati in mare alla deriva. L’Italia di Salvini è disumana

Dodici corpi senza vita li hanno lasciati in acqua. I marinai americani della “Trenton”, Sesta flotta Us Navy, non li hanno recuperati perché la nave non ha celle frigorifere a bordo. Terribili, angoscianti quegli attimi in cui la vita e la morte hanno deciso chi salvare e chi no. Quarantuno sono stati i sopravvissuti salvati dai marinai americani, e 12 le vittime, i  corpi senza vita lasciati al loro destino. Tra i quindicimila e i ventimila sono i morti e dispersi negli ultimi cinque anni. Il Mediterraneo è un immenso cimitero. Ma è giusto che i parenti delle vittime non abbiano un luogo dove piangere, ricordare i loro cari? “Pietà l’è morta”, recitava  uno dei più conosciuti canti della Resistenza. Mai così attuale anche oggi.

Cinico, duro, crudele il ministro dell’Interno Matteo Salvini? O un politico che sta consolidando il suo consenso perché in sintonia con la “pancia” del Paese? Come è stato possibile che all’improvviso il disagio si è trasformato in collera?

Tiene il punto Salvini, non vuole cedere, non ha intenzione di fare passi indietro. La vicenda dell’Aquarius, la nave della Ong “Sos Mediterranée” a cui il governo (Conte) Salvini-Di Maio ha impedito di attraccare in un porto italiano, è diventata un simbolo. Costi quel che costi. Maltempo? Possibilità di fare scendere i migranti in Sardegna? La replica di Salvini è stata una coltellata al cuore: «L’Aquarius non può decidere dove iniziare e dove far finire la crociera».

Nessun rispetto dei vivi e dei morti. I migranti non devono venire in Italia. Basta. Per trent’anni abbiamo ospitato i “clandestini”. E in tanti non ce l’hanno fatta in questi ultimi cinque, sei anni perché il Mediterraneo - “la strada più mortale del mondo”, per l‘Unhcr, l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati - li ha inghiottiti. I passeggeri dell’Aquarius, per il ministro Salvini, arriveranno a Valencia sabato, «senza intoppi».

Le immagini della “Trenton”, con quei 12 cadaveri lasciati andare alla deriva è una scena crudele, inumana. E l’Odissea dei 41 sopravvissuti al naufragio di martedì scorso è ancora agli inizi. Perché gli americani dovranno trovare un “porto sicuro” dove lasciare i migranti salvati e di certo l’Italia di Matteo Salvini e Luigi Di Maio non sarà solidale e accogliente. Chi parte lasciando il proprio Paese perché scappa dalla guerra, dalle fame, dalla violenza mette in conto di poter morire. È disperato ed è disposto a rischiare la vita pur di provare a cambiare il proprio destino.Sono moderni eroi che come gli antichi schiavi si ribellano a un destino segnato. 

Ma per noi sono oramai diventati nemici, numeri, corpi senza vita, migranti da espellere. È impressionante ricordare che solo fino a pochi mesi fa, questo nostro Paese era stato solidale, aveva garantito un tetto e cibo a chi scappava da un presente infernale alla ricerca di un futuro diverso e migliore. 

Ci sono stati tanti comuni virtuosi che li hanno accolti, è che in certi casi hanno consentito di seppellire nei loro cimiteri i migranti annegati e portati a terra. Alcuni di questi loculi hanno i nomi e le date di nascita e morte dei defunti.
Ma nel nostro Paese ci sono almeno settecento vittime che non hanno ancora avuto una sepoltura. Aspettano nelle celle frigorifere degli obitori, delle sale mortuarie, delle università. Perché non costruire un mausoleo delle vittime del mare? Dove raccogliere i resti dei migranti annegati? Per ricordare, aspettando che la solidarietà e l’accoglienza tornino ad essere un segno distintivo del nostro Paese.

Guido Ruotolodi Guido Ruotolo, editorialista   
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