Da Bruxelles Meloni sigla la tregua con gli alleati e rilancia "zero emendamenti" per velocizzare la manovra. Ma le trappole potrebbero ripresentarsi
Tra qualche settimana, ad esempio, il Parlamento dovrà ratificare il Mes, il meccanismo che regola il Fondo Salvi Stati. Un passaggio complicato per la maggioranza che è divisa sul dossier
A metà pomeriggio Giorgia Meloni si presenta davanti ai cronisti, per il consueto punto di stampa. È a Bruxelles per il Consiglio europeo, ma ha dovuto seguire passo passo quello che succede a Roma sulla manovra finanziaria. Radio Montecitorio parla di «maggioranza in tilt». Gli fa eco su un’altra frequenza Radio Senato: «Stato di tensione ai massimi livelli nella maggioranza». La verità sta nel mezzo: le frizioni ci sono a ogni legge di bilancio, a maggior ragione a meno di un anno dalle elezioni europee.
Da ore gli alleati Matteo Salvini e Antonio Tajani manifestano il disappunto per alcune misure, presenti nella legge di bilancio. I leghisti hanno chiesto di eliminare la norma che nel 2024 sostituisce quota 103 con quota 104, aumentando di un anno l’età per accedere a questa forma di pensione anticipata. Gli azzurri di Tajani chiedono una marcia indietro sull’aumento dal 21 al 26% della cedolare secca sugli affitti. E poi di nuovo il Carroccio boccia la norma che rafforza la possibilità di pignorare i conti correnti degli evasori.
«E pensare - sussurra un ministro meloniano - che ci eravamo lasciati il 16 ottobre in consiglio dei ministri che nessuno avrebbe dovuto presentare emendamenti». Non è così. La war room di Palazzo Chigi segnala infatti che più di qualcosa non va. Che Forza Italia e Lega stanno alzando il livello delle richieste. E se continua di questo passo tutto potrebbe dilungarsi.
Ricevute queste notizie Meloni è costretta ad occuparsi delle vicende di casa nostra. È infastidita che ogni qualvolta esca dai confini dell’Italia gli alleati alzino il tiro. «Non è stata prevista alcuna norma che consente di prelevare i soldi dai conti correnti, non è prevista nella legge di bilancio» risponde piccata a chi le fa sapere che le truppe di Salvini si sono messe di traverso. E ancora: «Non ho problemi con Salvini, Tajani e Mediaset».
Meloni dissimula, non vuole sentire parlare di frizioni, se la prende con un cronista di Repubblica che ha evidenziato il fastidio della premier nei confronti dell’alleato Salvini: «Posso approfittare per dirle che l'articolo che lei ha scritto stamattina era un tantino inventato. Io non ho fatto nessuna sfuriata a Salvini ieri, non so lei da dove abbia preso questa notizia, mi dispiace…». «Da fonti vicine a lei» controreplica il giornalista. «Eh no, fonti a me vicine difficilmente possono dire una cosa che non è successa. Quindi io lo voglio dire perché non capisco se certi articoli vengono scritti per crearli, i problemi, o per raccontarli. E non mi sembra giusto» insiste l'inquilina di Palazzo Chigi.
Un siparietto che ha tradito un certo nervosismo da parte della premier. Che non si aspettava di essere attaccata nelle ore in cui partecipava a un delicato vertice europeo. Perché vorrebbe accelerare sulla manovra finanziaria, consapevole che la coperta è corta e che sia difficile soddisfare tutti i desiderata degli alleati di governo. Non a caso Palazzo Chigi aveva fatto uno sforzo considerevole per tenere i conti in ordine, così da inviare un messaggio distensivo ai mercati e alle agenzie di rating che guardano con attenzione al debito italiano.
La tregua, però, c’è stata. Non è dato sapere quanto durerà. Raccontano fonti qualificate di un giro telefonate tra Meloni e i due vicepremier per far rientrare il caso. «Non ci sono - insiste la premier - allo stato attuale problemi particolari da superare, nelle prossime ore, weekend permettendo, sarà inviata al Parlamento. Il nostro obiettivo è di dare un segnale di compattezza anche approvandola in tempi rapidi».
Zero emendamenti è la soluzione evocata a più riprese da Giorgia Meloni. E anche ieri nel corso del punto ha fatto sapere che «è una buona idea perché l’elemento che qualifica la capacità della maggioranza di fare il suo lavoro è la tempistica con cui decide. Se diamo un segnale che lavoriamo velocemente, rispettando i tempi di una Repubblica parlamentare, facciamo una cosa fatta bene». Bisognerà capire se gli alleati rispetteranno il patto siglato al telefono. Al netto delle dichiarazioni di rito, Meloni non sembra fidarsi del vicepremier leghista.
In questi mesi la premier ha costruito un’asse preferenziale con Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia e figura moderata del mondo leghista, che a sua volta ha un rapporto altalenante con il Capitano leghista. Insomma, dalle parti di Fratelli d’Italia e della war room di Palazzo Chigi si aspettano un’altra trappola con una serie di emendamenti a firma Carroccio. L’insofferenza di Salvini riguarda la forte preoccupazione di perdere quote di consenso in vista delle europee. D’altro canto, basta mettere in fila gli insuccessi solo nell’ultimissima manovra di bilancio: non c’è traccia della flat tax e lo stesso si può dire in materia di pensioni, dove di fatto non è stato stravolto l’impianto della legge Fornero.
Non a caso, proprio l’ex ministro Fornero si è lasciata scappare che il testo messo insieme dal centrodestra è addirittura più rigoroso del suo. E se nelle ultime ore proprio grazie al suo pressing Salvini vede scomparire Quota 104 e riapparire quota 103, seppur in una forma rivisita, il vicepremier di via Bellerio vede comunque il bicchiere mezzo vuoto. Con quale risultato si presenta davanti agli elettori? «Matteo non si ferma davanti al primo ostacolo» sussurra un leghista di primissimo piano.
Anche Forza Italia potrebbe continuare l’azione di disturbo. Di sicuro vigilerà le mosse del governo sulla casa e sulla cedolare secca e, perché no, cercherà di portare una bandiera da potere sventolare in campagna elettorale. Il partito guidato da Antonio Tajani soffre nella parte dell’azionista di minoranza.
Le elezioni europee rappresentano un tornante delicato, a maggior ragione con una soglia di sbarramento al 4%. Non a caso Tajani ha iniziato una campagna acquisti nel segno del passato, prima il ritorno di Letizia Moratti, ieri quello di Gabriele Albertini, e nei prossimi giorni potrebbe esserci l’annuncio di un’altra figura come Paolo Romani, già capogruppo degli azzurri al Senato. Non è dato sapere se tutto questo sarà utile ad accrescere i consensi. Certo è che prima di ogni cosa le truppe di Tajani cercheranno di difendere in Parlamento le storiche battaglie di Forza Italia.
Insomma, la campagna elettorale è lunga e le difficoltà da ora in avanti aumenteranno. Fra qualche settimana, ad esempio, il Parlamento dovrà ratificare il Mes, il meccanismo che regola il Fondo Salvi Stati. Un passaggio complicato per la maggioranza che è divisa sul dossier: Lega aspramente contrario, Forza Italia favorevole, e Fratelli d’Italia nel mezzo. E Meloni proprio ieri ha risposto così sulla questione: «Non sta a me deciderlo, lo dirà il Parlamento». Quanto durerà la tregua?