I big del centrodestra in Sardegna “uniti” e nervosi. Il testa a testa nei sondaggi. La corsa di Soru
Domenica si vota nella regione e sarà uno stress test nella maggioranza. Ieri Meloni, Tajani e Salvini hanno scattato la foto di famiglia con il candidato Truzzu. Ma sono inseguiti dalle questioni interne, dal terzo mandato alla politica estera. La candidata del centrosinistra decide di chiudere la campagna senza i leader nazionali

La foto di famiglia è salva: alla fine, da destra verso sinistra, Truzzu, Salvini, Meloni, Tajani, le note de “Il cielo è sempre più blu”, le bandiere sventolanti e via di corsa a prendere l’area per tornare a Roma. La cartolina, si diceva, è venuta anche questa volta. “Adesso poi fate voi” ha detto la premier rivolta ai 3500 raccolti alla fiera di Cagliari per il comizio finale del destra-centro in favore del candidato governatore Paolo Truzzu. “Fate voi a chi dare il voto. Noi siamo qua, uniti, per scelta negli ultimi trent’anni e anche per i prossimi cinque e magari anche di più Di là avete la sinistra divisa e una candidata che alla domanda perche' avrebbero dovuto votare per lei ha risposto: Per l’antifascismo. Un vasto programma, senza dubbio, insomma, fate voi”.
Un voto secco
Qui Sardegna, domenica si vota per la Regione. Meloni, Tajani, Salvini, sul palco uniti per l’ennesima finzione, divisi su molto, dal terzo mandato per gli amministratori alla politica estera che è certamente più grave. Polemiche che non arrivano sul palco della Fiera di Cagliari ma accompagnano anche la giornata di ieri. Del resto, quando Ursula von der Leyen, candidata per la seconda alla guida della Commissione europea scandisce parole nette sul futuro dell’Europa e delle alleanze per la prossima legislatura: “Dobbiamo proteggere la nostra democrazia e i nostri valori, dobbiamo difenderci dall'euroscetticismo e dagli amici di Putin, dentro e fuori l’Europa”. Ora, si dà il caso che il principale amico di Putin dentro l’Europa sia Orban che è anche il principale amico di Meloni. E che tra gli euroscettici e “quasi” amico di Putin debba essere annoverato Salvini che è vicepremier di Meloni. Pensate un po’ al “povero” Tajani, unico vero europeista e liberale della coalizione e uomo forte del Partito popolare europeo.
C’è la foto di famiglia sul palco ma nel retropalco Fratelli d’Italia definisce “inutili” le uscite di Salvini perchè l’unica cosa che conta sono le azioni del governo. Parlano i fatti, “le esternazioni del leader leghista fanno quasi tenerezza”.
La scelta di Todde
Almeno l’avversaria, la candidata presidente della parte opposta, Alessandra Todde, ha preferito essere coerente e conseguente: cara Elly (Schlein), caro Giuseppe (Conte) - ha fatto capire - scusate tanto ma io chiudo la campagna elettorale da sola. Me la vedo io, da sarda tra i sardi. E forse è meglio così. Ieri Schlein era al mercato di Cagliari e le hanno fatto un brutto scherzo: una cittadina, vedremo quanto spontaneamente o meno, l’ha attaccata “vergogna, io prendo 500 euro al mese dopo aver lavorato 25 anni, vada a lavorare anche lei”. La clip dell’incontro è stata molto socializzata.
Poi c’è l’outsider, il terzo incomodo, Renato Soru, l’imprenditore e fondatore del Pd che ha stracciato la tessera perchè gli hanno negato le primarie, con cui alla fine in un modo o nell’altro il nuovo governatore da lunedì mattina (in Sardegna è un turno secco senza soglia) dovrà fare i conti per governare l’isola dopo la gestione Solinas che non ha lasciato un gran ricordo. I sondaggi danno un testa a testa tra centrodestra e centrosinistra. Ancora molto alta l’astensione e Soru, supportato da varie liste e anche dai centristi di Iv e Azione, stabilmente nella doppia cifra.
Lo stress test
Tutti sanno che il voto sardo è uno stress test per la maggioranza e la politica nazionale. Ha un prezzo alto e sia Meloni che Schlein si giocano molto di più che il governo dell’isola. La premier la tenuta della maggioranza e la fine conclamata di una straordinaria luna di miele che va avanti ormai da settembre 2022. La segretaria del Pd si gioca la segreteria. Tutto sommato hanno molto meno da perdere Forza Italia e Lega a destra (anzi, Salvini ha dovuto rinunciare a Solinas per Truzzu ed è stato un boccone amaro) e i 5Stelle dall’altra parte. L’isola non è mai stata una vero bacino di voti per il Movimento (tranne la fase iniziale), anche lì c’è stato un litigio tra Todde e il senatore Licheri (puntava anche lui alla candidatura) e se fallisce l’esperimento del “campo largo”, addio per sempre all’alleanza. Possiamo anche aggiungere che se Solinas non lascia in eredità risultati significativi, anche Paolo Truzzu, sindaco di Cagliari, non ha un grande pedigree da sfoggiare.
Nella classifica generale sul gradimento dei sindaci è agli ultimi posti e la campagna elettorale non ha cambiato molto le cose. La temperatura generale all’interno della coalizione non sembra poter giovare.
Posti separati
Ma torniamo a ieri mattina. Il giorno dopo il polverone sollevato da Salvini, che ha chiesto di attendere che si esprimano i giudici di Mosca sulla morte di Alexei Navalny, alla premier e al segretario leghista non mancano certo le occasioni per un confronto sui nodi più spinosi. Compreso il terzo mandato che sarà votato oggi in Commissione al Senato. La Lega non ha ritirato l’emendamento al decreto Elezioni in cui chiede la rimozione del limite al terzo mandato dei governatori. Fratelli d’Italia e Forza Italia sono contrari. Molto probabilmente oggi il voto commissione fotograferà la divisione.
A palazzo Chigi Meloni e Salvini (Tajani è già in Sardegna) partecipano al Consiglio dei ministri, poi salgono sullo stesso volo di linea Ita che arriva in Sardegna nel primo pomeriggio. A bordo del velivolo i due siedono in posizioni distanti e non hanno molto tempo per un confronto diretto, che comunque avranno nel retropalco di Cagliari dove sono visti chiacchierare da molti presenti. In pubblico entrambi esibiscono compattezza. Salvini parla di un rapporto di “amicizia”, Meloni di “comunità”, “famiglia affiatata”, alleati che stanno insieme per “scelta da trent’anni”, ciascuno con le proprie “specificità”, ma c’è la capacità di essere “veloci” e di trovare la “sintesi”. Entrambi criticano le ricostruzioni giornalistiche sulle divisioni. “Certi giornaloni scrivono che ogni giorno litighiamo, il governo cade, sta per cadere. La verità è che lo sanno anche loro che il governo durerà cinque anni” dice la premier. “Mi dispiace per i signori della sinistra e per giornali della sinistra. Pace all'anima loro, andiamo d'amore e d'accordo e lavoriamo insieme per vincere le elezioni in Sardegna, Basilicata, Abruzzo, in tutta Italia e anche in Europa” dice Tajani che sarà il leader nazionale che fa l’intervento più specifico per la Sardegna (al di là dell’elogio pubblico finale alla brigata Sassari), i suoi problemi e le sua necessità, dal lavoro alle infrastrutture, al nodo dell’insularità.
Poca Sardegna, molto comizio
Cosa che fa molto meno Meloni nel suo intervento a tutto campo in cui rivendica i risultati ottenuti dal governo e le scelte fatte: l'aver eliminato il reddito di cittadinanza e il superbonus costato 140 miliardi di euro per rifare castelli e seconde casa, altro che case popolari, “neanche lo sceriffo di Nottingham. Invece noi siamo stati Robin Hood e abbiamo cercato di distribuire e dare ai più poveri, a chi ha meno”. Qualcuno in sala, tra il pubblico, obietta che gli extra profitti delle banche non sono stati toccati. Ma non è questo il momento.
Meloni torna sulla “madre” delle riforme, che spera di lasciare “in eredità” al Paese, ovvero il premierato. “Non sottovalutate quello che accadrà, una riforma del genere è un problema serio per chi, senza avere voti, ha dato le carte in questi decenni. Faranno di tutto per fermarla, ma poi saranno gli italiani a decidere da chi farsi rappresentare: ce lo direte voi e sono certa che l'Italia saprà scegliere da che parte stare”. Scherzando ha aggiunto anche, “se riusciamo a fare una riforma del genere posso smettere di fare questo lavoro”. Coro di no dalla platea, “finche ci sarete voi io continuo a fare questi sacrifici, lo faccio per voi”. Applausi, cori. Meloni poi rivendica la scelta di Truzzu. “Ho sentito dire che Paolo Truzzu è stato candidato perchè è un amichetto della Meloni. Allora sappiate che dalle nostre parti non funziona che passa l’amichetto anche se non è capace. Ho scelto Truzzu non perchè ci andavo in discoteca ma perchè fa politica da vent’anni e io voglio gente che sappia di cosa sta parlando”. Coraggiosa la premier, soprattutto alla luce dei sondaggi che lei conosce molto bene. Coraggiosa e nervosa, infatti. Non mancano gli attacchi alle opposizioni e al “campo largo” per il quale i sardi “non meritano di fare le cavie”. Arriva la solita denuncia per il “fango” ricevuto che “dimostra il nervosismo di partiti senza più un'identità , che sono estremisti, rabbiosi, senza un’idea”.
L’inizio della lunga campagna per le Europee
Possiamo dire che quello della premier più che il comizio finale della campagna sarda è stato il primo comizio della lunga campagna di primavera. Perchè il voto sardo condizionerà molto il dopo. Una sconfitta per il centrodestra sarebbe un pesante smacco per la premier, l’inizio della fine della lunga luna di miele. Salvini, che ha dovuto umiliarsi e cedere il candidato, presenterebbe il conto. Meglio non pensarci. Tra oggi e domani Meloni ha in programma il viaggio Kiev per mettere a tacere i dubbi che anche Bruxelles comincia ad avere sull’umore italiano. Sabato la prima riunione del G7 con Biden che chiederà nuove durissime sanzioni per Mosca. Mentre Putin dice ai microfoni che “l’Italia è sempre stato un paese amico e accogliente”. A Cagliari, ieri, mentre Salvini è già sul palco -è stato il primo intervento - Giorgia Meloni ha trovato più utile confrontarsi con la Cgil che ha esposto uno striscione in nome della sicurezza sul lavoro e contro le morti sul lavoro. La premier li incontra e chiede di “non dividersi sulla sicurezza”. Lunedì in consiglio dei ministri sarà varato un nuovo pacchetto di regole per fronteggiare una piaga che conta una media di tre morti al giorno. Lunedì, quando la Sardegna avrà scelto il suo governatore. O governatrice.