Berlusconi torna centrale, pensa a un nuovo partito e sogna il Quirinale
Le notizie degli ultimi mesi sui litigi fra i magistrati del fu Pool di Milano, le stesse polemiche sul libro di Ilda Boccassini e il “caso Palamara” hanno portato moltissimi a rileggere la storia recente d’Italia con altri occhi

In poche settimane Silvio Berlusconi è tornato centrale nella narrazione della politica italiana e il sogno del Quirinale, che fino a qualche mese fa sembrava utopia pura, è diventato qualcosa non di probabile, ma quantomeno di possibile.
Ecco cosa succede dalle parti del Cavaliere: le notizie degli ultimi mesi sui litigi fra i magistrati del fu Pool di Milano, le stesse polemiche sul libro di Ilda Boccassini e il “caso Palamara” con il “j’accuse” dall’interno del Sistema, hanno portato moltissimi, anche fra i parlamentari di centrosinistra moderato, a rileggere la storia recente d’Italia con altri occhi rispetto a quelli che hanno accompagnato il ventennio di governo berlusconiano.
E questa pre-condizione per rileggere la storia giudiziaria di Berlusconi ha portato a una diversa analisi anche della cronaca politica odierna.
La pandemia
In più la pandemia – che è stata lo spartiacque fra il prima e il dopo e che ha affossato sovranismo e sovranisti totalmente fuori tempo – ha completamente rimescolato gli schemi della vecchia politica e del post 1992 dove il bipolarismo muscolare aveva dominato. Tanto che la nuova unità di misura per valutare i politici è diventato il loro approccio al Covid e a tutto ciò che questo ha comportato nelle nostre vite.
E proprio Berlusconi è diventato centrale in questa storia, con un approccio sempre molto rigorista – anche per paura personale dovuta all’età e successivamente al contagio, nonostante le straordinarie precauzioni prese nel buen retiro in Costa Azzurra - senza lasciarsi andare a cadute tipo i video “aprire, aprire, aprire” dei suoi alleati poi prontamente rimossi con la drammatizzazione della pandemia.
La "nuova credibilità"
E proprio in questa fase, anche con interviste molto serie e sensate sull’attenzione e sulla non sottovalutazione del Coronavirus, il leader di Forza Italia si è guadagnato una nuova credibilità, anche in settori inattesi del Parlamento, al di là di ogni aspettativa o vicinanza. Ad esempio, si è cementato un forte rapporto personale con Roberto Speranza, ministro della Salute, con cui si è sentito spesso nei mesi più drammatici della pandemia. E, allo stesso modo, non ha mai avuto toni barricaderi anche durante il governo Conte bis.
Il contributo al governo Draghi
Poi, se Matteo Renzi è stato la mamma e la levatrice del governo di Mario Draghi e Sergio Mattarella è stato il papà, certamente Silvio Berlusconi ne è stato almeno la zia, con la scena del suo arrivo alle consultazioni alla Camera, il “tu” sfoderato con il presidente del Consiglio e i ringraziamenti pubblici di SuperMario: “Grazie di essere venuto”.
E, da allora, la strada della responsabilità e della serietà di Berlusconi è andata in discesa: mai una dichiarazione fuori posto, contro il Green Pass o a cercare il consenso delle piazze e dei social urlanti; mai una parola di troppo; addirittura la frase, seppur poi smentita, su Salvini e Meloni che non avrebbero mai potuto guidare il governo (“ma non scherziamo”) e una dichiarazione fortissima nel momento in cui i No Pass minacciavano di bloccare i porti, a partire da quello di Trieste: “Gli eroi sono quelli che bloccavano la partenza dei treni per Auschwitz, non quelli che bloccano i porti per il Green Pass”.
Il caso Trieste
E proprio Trieste è l’unico capoluogo di provincia dove si votava in cui il centrodestra ha vinto ed ha vinto con un sindaco uscente azzurro come Roberto Di Piazza, moderato e che negli ultimi giorni ha preso posizione a fianco del presidente del Porto Zeno D’Agostino contro i portuali No Pass e a maggior ragione contro tutto il movimento No Vax che ha elevato i portuali triestini a loro idoli.
E, anche ragionando su entrambi i turni delle elezioni amministrative, ed allargando il discorso a comunali, regionali e suppletive nei collegi di Siena e di Roma-Primavalle, anche l’altro vincitore di centrodestra è un azzurro: il capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati Roberto Occhiuto che ha trionfato in Calabria con uno straordinario risultato della lista del suo partito, della civica intitolata comunque agli azzurri e anche di Coraggio Italia, il partito di Giovanni Toti e del sindaco di Venezia Luigi Brugnaro che punta proprio a presidiare il centro moderato e non massimalista ed ha esordito col botto quasi al 6 per cento.
L'importanza di Berlusconi
Insomma, nel momento in cui la strategia di Salvini e Meloni - tutta tesa sulle estreme e a vellicare i No Pass che non hanno portato alcun voto, ma anzi ne hanno fatti perdere – mostra la corda e al massimo fa pensare che possano essere dei “Marine Le Pen italiani”, cioè splendidi perdenti che prendono anche tanti voti, ma non vincono e non vinceranno mai da soli, perché le elezioni si vincono da sempre al centro, Berlusconi torna centrale.
Soprattutto la Lega salviniana e Fratelli d’Italia si pestano i piedi reciprocamente andando a insistere sullo stesso elettorato che però dà una somma algebrica sempre a zero: se uno guadagna i voti dell’altro, quei voti sono sempre gli stessi, è come pestare l’acqua nel mortaio.
E il fallimento drammatico di Bernardo scelto da Matteo a Milano e quello altrettanto rovinoso di Michetti scelto da Giorgia a Roma sono la certificazione di errori di strategia e di valutazione che non fanno presagire nulla di buono per il futuro, soprattutto perché vengono dopo che i due candidati di Berlusconi, potenzialmente vincenti o comunque competitivi come Gabriele Albertini sotto la Madonnina e Guido Bertolaso per il Campidoglio sono stati bocciati proprio dallo scarso entusiasmo dell’ala sovranista della coalizione.
La sconfitta della Lega a Varese
Ma c’è di peggio: ed è per la Lega la sconfitta di Varese, dove la Lega è nata e dove Salvini è stato quattro volte, e per Fratelli d’Italia quella di Latina, che è il feudo più di destra di tutto il Lazio e forse anche di tutta Italia. E dove l’effetto della Lega salviniana dell’ex sottosegretario Durigon è stato negativo anziché positivo. Poi, certo, è vero che c’erano i due sindaci uscenti, sia a Varese che a Latina di centrosinistra, ma insomma è come quando la Roma ha perso lo scudetto in casa contro il Lecce.
E a teorizzare il futuro e la traduzione politica di tutto questo è Gigi Grillo, navigatore e osservatore attentissimo della politica di centrodestra: ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio proprio con Berlusconi, l’uomo che con il suo voto al Senato permise la nascita del primo governo del Cavaliere nel 1994, lui democristiano eletto con i centristi di Martinazzoli e Segni e poi con Forza Italia e con il Nuovo Centrodestra: “C’è un vuoto enorme oggi nella politica italiana – spiega Grillo - c’è uno spazio grande da ricoprire , un compito a cui sono chiamati i moderati. E usando un linguaggio che si usava nel passato si può dire che manca in Italia oggi il partito dei moderati che dovrebbe saldarsi e fare squadra con il nuovo corso inaugurato dalle democristiane Merkel e Ursula von der Leyen in Europa e che ha messo in campo il Next Generation EU , uno strumento che segna un passaggio storico vero, una maggiore integrazione in Europa: avremmo gli Eurobond per tanti anni invocati da chi ha sempre creduto in una Europa che recupera lo spirito e lo slancio del trattato di Roma del 1955”.
Il nuovo partito dei moderati
E il passaggio successivo è proprio il nuovo partito dei moderati che Gigi Grillo ha proposto al Cavaliere, che ha sempre ascoltato le sue analisi, compresa quella che portò alla pace con Bankitalia e al “patto dello Sciacchetrà”: “Berlusconi che, con la sua discesa in campo nel 1994, ha battuto la gioiosa macchina da guerra del PCI– PDS di Occhetto, oggi potrebbe tornare ad essere protagonista proponendosi come fondatore del PPE in Italia. Dovrebbe mettere in soffitta Forza Italia per esaurimento del suo scopo statutario e dar vita ad una iniziativa strategica che sia capace di aggregare i vari partiti di centro, i movimenti che si richiamano a leader locali, a fondazioni culturali nate nel mondo cattolico, tenendo a battesimo il PPE italiano aderendo così alla linea politica della Merkel e di Ursula von der Leyen. Del resto è il PPE che governa oggi in Europa ed è il PPE il partito più importante nel Parlamento Europeo. Per Berlusconi non dovrebbe essere difficile riproporre in chiave europea lo schema della Casa della Libertà con cui vinse nel 2001 le elezioni politiche. Il nuovo partito dovrebbe avere alle spalle un pensiero forte , rifarsi alle migliori tradizioni dei cattolici democratici, dei liberali, dei repubblicani, degli europeisti convinti e dovrebbe dotarsi di uno statuto che sia in grado di imporre regole e metodi democratici nella selezione del gruppo dirigente superando la logica del partito del leader e presentarsi alle elezioni politiche del 2023 facendo ricorso alle primarie nella scelta dei candidati per la Camera ed il Senato”. Gigi Grillo conclude il suo ragionamento sorridendo: “In politica quando c’è un vuoto, qualcuno prima o poi lo riempie”. La partita è a chi lo riempie prima.