Adorato, detestato, combattuto: cosa ci resta dell'uomo Berlusconi dopo l'addio
Dal Vaticano e dai funerali, segnali sobri per andare oltre sentimenti e risentimenti verso un leader politico inedito. Cosa c'era dentro tanta eccezionalità
Soltanto un uomo, bisognoso come tutti della misericordia di Dio. E’ questa, nel chiaroscuro della vita presente, la proposta della Chiesa per una lettura sobria, libera dalla fiera delle parole riversate sulla figura di Silvio Berlusconi oltre sentimenti e risentimenti suscitati negli italiani per cui, anche in morte, permane fortemente divisivo. Viene dai vertici della Chiesa un invito discreto per superare la trappola del dividersi in logiche identitarie di parte. Danneggia l’Italia l’attardarsi nella diatriba infinita per difenderlo o accusarlo. Un tifo da stadio intorno a questo leader certamente singolare, forse unico nella storia repubblicana, non giova a nessuno. Merita invece una riflessione disarmata e ponderata anche in ambito cattolico dove si riesce a far convivere con facilità – o talvolta faciloneria – addirittura gli opposti.
Quanto ha pesato la formazione dai salesiani
Di Berlusconi piuttosto di rado si menziona la sua educazione giovanile cattolica che lui non ha sbandierato ma neppure mai rinnegato. Fa parte della grande schiera di ex allievi di istituti e oratori salesiani. Anche tra i politici italiani ce ne sono parecchi operanti nei diversi schieramenti. Un grande superiore generale dei Salesiani parlando una volta del sistema educativo salesiano spiegò che l’educazione è un’opera di cesello per la mente e la coscienza dei giovani in vista di una vita di responsabilità, competenza e solidarietà fatta in allegria. L’educatore è simile a colui che confeziona ciambelle. Non tutte riescono con il buco, ossia perfettamente. “Berlusconi è come una di quelle ciambelle non riuscite con il buco ossia con quelle caratteristiche educative previste”.
In ogni cosa ha messo un certo suo personalissimo stile. Perciò – sembrano suggerire il Vaticano e i vescovi italiani in questi giorni di lutto, - meglio smitizzare il Cavaliere e considerarlo nella sua umanità impastata – come per tutti - di bene e di male, senza ipocrisie o proiezioni su di lui di sogni e aspettative che resteranno impossibili. I media faticano a dare una misura umana dell’evento, volendo anticipare ad ogni costo il tribunale della Storia. Papa Francesco prima e poi l’arcivescovo di Milano Mario Delpini, celebrante nel Duomo uno straordinario funerale affollatissimo, pare abbiano suggerito una via equilibrata e realista per avviare per l’oggi una riflessione senza voler fare un frettoloso bilancio definitivo. Specialmente in casi che abbrutiscono la storia, nella visione cristiana ci si pone da un punto di vista della fine, quando per tutti anche potenti, passa la scena di questo mondo. E Dio appare il vero Signore della storia, diverso nel suo giudizio dal giudizio umano.
Tutti contro tutti ma a perderci è solo chi sta messo peggio
Alla luce delle cose ultime anche i duelli politici che non servano a liberare poveri e fragili quanto piuttosto consolidare i privilegi di minoranze fortunate, appaiono presuntuosi. Forse vale anche in questo caso il famoso interrogativo di Francesco: “Chi sono io per giudicare?”. Che non è un lavarsi le mani ma rinviare ad altri contesti l’avvio di un discernimento per maturare un giudizio storico senza continuare a farsi del male mossi da insanabili contrasti ideologici. “Un protagonista della vita politica italiana che ha ricoperto pubbliche responsabilità con tempra energica" viene definito Berlusconi nel telegramma di 6 righe inviato dal cardinale Pietro Parolin segretario di Stato a nome di Francesco, alla figlia Maria Elvira Berlusconi (meglio conosciuta come Marina). Definizione plastica e rispettosa. Papa Francesco, "informato del decesso dell'amato padre", assicura la sua vicinanza alla famiglia e la "sentita partecipazione al lutto". Invoca quindi da Dio "la pace eterna per lui e la consolazione del cuore per quanti ne piangono la dipartita". "Mi unisco al cordoglio - si legge infine nel telegramma - con un fervido ricordo nella preghiera".
Dal pulpito, poche parole pesate per lui
Non sfugge l’attenzione a considerare la tempra energica dell’uomo senza darne una valutazione morale nel momento del lutto. Davvero sorprendente è stata la breve omelia dell’arcivescovo di Milano Mario Delpini in occasione dei funerali di Stato. Forse qualcuno si aspettava un panegirico e invece l’arcivescovo ha volato alto colpendo l’immaginario razionale: 6 minuti per concentrare l’attenzione dei presenti – 2300 figure dell’élite istituzionale, politica, sociale, imprenditoriale in Duomo e 10. 000 cittadini ordinari in una Piazza movimentata da nuclei di tifosi milanisti appassionati con bandiere del club - sul senso del vivere e del morire comune a tutti come esperienza originaria, anche se poi tale esperienza avviene in condizioni diversissime: per gran parte dei mortali in condizioni di miseria e di ingiustizia. L’omelia è stata una folgore breve e intensissima sul vivere, sull’amore, la felicità comuni a ciascun uomo, Berlusconi compreso. Un vivere – riflette Delpini - che è desiderare una vita piena: «Vivere e desiderare che la vita sia buona, bella per sé e per le persone care. Vivere e intendere la vita come una occasione per mettere a frutto i talenti ricevuti. Vivere e accettare le sfide della vita. Vivere e attraversare i momenti difficili della vita, non lasciarsi abbattere dalle sconfitte e credere che c’è sempre una speranza di vittoria, di riscatto, di vita. Vivere e non sottrarsi alle sfide, ai contrasti, agli insulti, alle critiche, e continuare a sorridere, a sfidare, a contrastare, a ridere degli insulti. Vivere e sentire le forze esaurirsi, vivere e soffrire il declino e continuare a sorridere, a provare, a tentare una via per vivere ancora».
Il desiderio di essere amato
E così è anche per l’amare e per il desiderare di essere amati: «Amare e cercare l’amore, come una promessa di vita, come una storia complicata, come una fedeltà compromessa. Amare e percorrere le vie della dedizione. Ecco che cosa si può dire dell’uomo: un desiderio di amore, che trova in Dio il suo giudizio e il suo compimento». E l’uomo, ogni uomo, è anche un desiderio di felicità, ha suggerito ancora l’arcivescovo: «Essere contento senza troppi pensieri e senza troppe inquietudini. Essere contento degli amici di una vita, delle imprese che danno soddisfazione, delle cose buone, dei momenti belli, degli applausi della gente, degli elogi dei sostenitori. Essere contento e sentire l’insinuarsi di una minaccia oscura che ricopre di grigiore le cose che rendono contenti. Essere contento e sentirsi smarriti di fronte all’irrimediabile esaurirsi della gioia». Poi ha continuato in chiaro riferimento allo scomparso, nelle sue diverse vesti: «Quando un uomo è un uomo d’affari, allora cerca di fare affari. Ha quindi clienti e concorrenti. Ha momenti di successo e momenti di insuccesso. Si arrischia in imprese spericolate. Guarda ai numeri e non ai criteri. Deve fare affari. Non può fidarsi troppo degli altri e sa che gli altri non si fidano troppo di lui. È un uomo d’affari e deve fare affari. Quando un uomo è un uomo politico, allora cerca di vincere.
I nemici e gli amici, e la confusione in mezzo
Ha sostenitori e oppositori. C’è chi lo esalta e chi non può sopportarlo. Un uomo politico è sempre un uomo di parte. Quando un uomo è un personaggio, allora è sempre in scena. Ha ammiratori e detrattori, chi lo applaude e chi lo detesta... Silvio Berlusconi è stato certo un uomo politico, è stato certo un uomo d’affari, è stato certo un personaggio alla ribalta della notorietà. Ma in questo momento di congedo e di preghiera, che cosa possiamo dire di Silvio Berlusconi? È stato un uomo: un desiderio di vita, un desiderio di amore, un desiderio di gioia. E ora celebriamo il mistero del compimento. È un uomo e ora incontra Dio”. L’arcivescovo si fa voce anche del Presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi e in suo nome porge le condoglianze. Anticipate già subito dopo la notizia del decesso in un messaggio di Zuppi a Marina, figlia primogenita di Berlusconi. Sottolineando un aspetto prevalente del defunto leader: impegno e passione. "Imprenditore in diversi settori della vita sociale, culturale e finanziaria del Paese, è stato negli ultimi trent’anni protagonista della vita politica nazionale". Sarebbe un benefico miracolo se una figura contestata in morte come in vita desse occasione di filtrare scelte e indirizzi politici a partire dalle cose ultime. Dal silenzio della fine potrebbe sortirne una sapienza per ora sconosciuta alle militanze politiche di brevi orizzonti.