Balneari, tanto rumore per nulla. Nessuna gara: il governo studia nuove proroghe
In 48 ore sembra cambiato nuovamente tutto. Una bozza di lavoro, divulgata dal Sole 24 ore e non smentita da palazzo Chigi, parla di nuove proroghe fino al 2027 e fino al 2029. Dipende dalla quota di spiaggia libera. Regione per regione. Intanto il caos aumenta
Versilia - Due fotogrammi, per dare l’idea. Fotogramma numero 1. Ieri, ora di pranzo, noto stabilimento balneare a Forte dei Marmi, una coppia di americani che ben conoscono la Versilia e la frequentano da anni chiedono a bassa voce: “Cosa succede ora con i beach club? Ci saranno finalmente mercato e concorrenza?”. Se ne parla, si spiega che “questa volta non ci possono essere vie di fuga”, che stavolta “la Bolkestein sarà applicata anche se…”. Anche se gira, non smentita, sul Sole 24 ore e ripresa da qualche altro quotidiano, una bozza con quella che sarebbe la soluzione che ha in testa il governo: nuove proroghe, nei fatti un braccio di ferro con l’Europa.
Fotogramma numero 2. Una decina di chilometri più in là, Marina di Carrara, stessa spiaggia, stesso mare anche se assai meno esclusivo e rinomato, una coppia di turisti - lei italiana, li svizzero, mangiano al ristorante di uno dei lidi e poi scendono in spiaggia dove piantano il loro ombrellone e stendono un paio di stuoie. Il bagnino arriva lesto: “Non potete stare”. E loro: “E chi lo ha detto, le concessioni sono ormai scadute…”. Tra i presenti qualcuno ha solidarizzato con la coppia di turisti, altri con bagnino e concessionario del bagno. La coppia è rimasta lì con il suo ombrellone fino a sera. E se ci fosse il passa parola? Se si presentassero lungo i 3400 km di spiagge italiane e negli oltre settemila stabilimenti balneari attivi dieci, venti, cinquanta coppie di bagnanti amati di ombrellone? Effetto emulazione, ci manca solo quello.
Il Piano B, nonostante Bruxelles
Potremmo raccontarne altre di queste scene. Ogni regione ha il suo campionario. In questi giorni, in Versilia, il destino dei “beach club” è il pane quotidiano. La serrata di venerdì è servita per fare parlare di sè perchè i turisti non hanno subìto disagi per il ritardo di due ore - alle 9.30 invece che alle 7.30 - con cui sono stati aperti gli ombrellini. E però se ne parla. Soprattutto in chiave politica: “Salvini e Meloni dopo aver illuso per anni adesso devono ammettere che dovranno dare seguito ala Bolkestein…” notavano tra venerdì e sabato le opposizioni.
Poi però in queste ore sta circolando la bozza di un piano B: nuove proroghe e nuovi rinvii, niente gare per altri anni. E Bruxelles? Se ne farà una ragione. Cioè andremo allo scontro. Il Piano del governo - la delega è rimasta alla premier Meloni - è stato anticipato dal Sole 24 ore e non è stato smentito da nessuno. La bozza del piano da sottoporre alla Commissione Ue a settembre prevede la proroga delle concessioni fino a fine 2025, poi - in seguito a una ennesima revisione della mappatura delle coste da adottare con decreto del presidente del Consiglio entro il 30 aprile 2025 - nelle regioni in cui le spiagge libere risultano inferiori al 25% le concessioni sarebbero prorogate fino al 31 dicembre 2027. In quelle in cui la quota delle spiagge libere è superiore al 25% la proroga si estenderebbe fino al 31 dicembre 2029. Solo alla scadenza di queste date, le vecchie concessioni sarebbero messe a gara. Secondo la linea del governo, le attuali concessioni sono da considerarsi valide fino al 31 dicembre 2024, con la facoltà dei Comuni di rinviare di un anno in presenza di contenziosi o altre ragioni oggettive che impediscano di procedere con i bandi.
Nuove proroghe fino al 2029?
Dunque una prima proroga secca di un anno (da gennaio a dicembre 2025). Nel frattempo si rimetterebbe mano alla mappatura, come chiesto da Bruxelles, sia con i dati disaggregati su base regionale sia con i dati qualitativi, definendo quindi se le spiagge considerate libere sono realmente accessibili e se sono d'appeal per potenziali nuovi concessionari. La proroga delle concessioni sarebbe estesa al 31 dicembre 2027 nelle regioni in cui le spiagge libere risulteranno inferiori al 25%; e fino al 31 dicembre 2029 nelle regioni in cui la percentuale di superficie libera risulterà superiore al 25%. Nel caso in cui il Dpcm con la mappatura non dovesse vedere la luce entro il termine previsto, i Comuni dovrebbero comunque iniziare le gare entro il 31 agosto 2025 e, per consentire l'espletamento della procedura, resterebbe in piedi solo la proroga "tecnica" fino al 31 dicembre 2025.
Quanto alla prelazione e agli indennizzi, gli attuali titolari di concessione potranno esercitare un diritto di prelazione: in caso di mancanza di altre offerte, la concessione verrebbe prolungata di 7 anni; nel caso in cui ci siano invece più candidati, i Comuni dovrebbero avviare le gare ma gli attuali concessionari potrebbero esercitare una seconda prelazione, accettando le stesse condizioni dell’offerta risultata vincente. Nel caso di perdita della concessione in seguito alla gara, i vecchi titolari avrebbero comunque diritto a un indennizzo da determinare con una perizia asseverata. Nel frattempo, si ragiona su un possibile aumento dei canoni concessori nell'ordine del 10%: si parla di quindici milioni di euro in più ogni anno in aggiunta ai 115 milioni l’anno che è l’incasso attuale dagli oltre settemila stabilimenti balneari attivi in Italia.
Lo scontro con l’Europa
Nessuno ieri ha smentito questa ipotesi di lavoro. Di sicuro sarebbe l’ennesimo “regalo” fatto alla categoria in barba a regolamenti europei e i principi di un sano mercato. Di sicuro i balneari hanno annullato le altre due date in agosto in cui avrebbero dovuto scioperare (privare i clienti di alcuni servizi base).
Dopo diciotto anni di rinvii e proroghe, la direttiva Bolkestein (2006) che impone la regole del mercato in tutta Europa e anche in Italia alla voce (tra le altre) concessioni demaniali sembra destinata a fare il suo corso anche in Italia. Ma se venerdì scorso, giorno della prima e forse unica “serrata”, aveva usato l’indicativo che si usa per le cose sicure, tre giorni dopo dobbiamo usare ancora una volta il condizionale.
“Geni del male”
Ieri si è fatto sentiere il segretario di +Europa Riccardo Magi, da sempre in prima linea nelle battaglie per la libera concorrenza, ben prima che diventasse un obbligo di legge imposto dal Pnrr. “Sono dei geni. Dei geni del male. Se sono vere le indiscrezioni di stampa per cui il piano malefico di Giorgia Meloni per aggirare la normativa Bolkestein mette sul tavolo nuove proroghe sulla base di eterne e nuove mappature, si tratta di una vera e propria beffa agli italiani, al diritto europeo, all’erario e all’ambiente. Sarebbe una prepotenza tipicamente italica rispetto a tutti gli altri paesi europei che hanno applicato la legge, l’ennesimo favore a una corporazione che sta tenendo in ostaggio il demanio pubblico”. + Europa presenterà un emendamento nel disegno di legge sulla concorrenza che deve (lo stabilisce il Pnrr) essere approvato entro il 2024. Un ddl che, al di là, del nome non regolarizza quasi nulla delle tate partite aperte su questo fronte, tassisti e balneari in primis. “Chiederemo - spiega Magi - di mettere subito a gara le concessioni balneari: serve chiarezza, servono liberalizzazioni e serve tutelare le poche spiagge libere rimaste in italia dai trucchetti di Meloni per metterle sul mercato e aggirare le norme europee. Servirebbe aumentare la percentuale di spiagge libere invece che queste mosse disperate per sperare di svangare la legislatura senza fare le gare e presentarsi poi alle elezioni politiche potendo rivendicare il grande risultato di averle sventate”.
Tremila euro di media al mese
Sulla stessa posizione Angelo Bonelli, portavoce di Europa verde. “Questa è la destra che tutela i privilegi e che ha barato sulla lunghezza della costa italiana aumentandola di 3 mila km portandola da 8 mila a 11 mila. Giorgia Meloni avrebbe potuto applicare la norma Draghi, che era un punto di mediazione, ma non l'ha fatto. Del resto cosa possiamo aspettarci da un governo che vive nel conflitto d'interessi, se pensiamo che la ministra per il Turismo Santanchè è stata la proprietaria del Twiga?”. Bonelli è un raccoglitore di numeri e dati. “L’incidenza media del canone sul fatturato di uno stabilimento non supera l’1,2-1,3% e, in molti casi, arriva appena allo 0,3-0,4 per cento. Valga per tutti il caso proprio del Twiga di Flavio Briatore, uno dei bagni più esclusivi di Forte dei Marmi, che paga allo Stato, per stessa ammissione dell'imprenditore, poche migliaia di euro di canone annuo a fronte di un 'fatturato 2023 di 9,5 milioni di euro”. La Corte dei conti è stata chiarissima nel suo giudizio. “I canoni attualmente imposti non risultano, in genere, proporzionati ai fatturati conseguiti dai concessionari attraverso l'utilizzo dei beni demaniali dati in concessione, con la conseguenza che gli stessi beni non appaiono, allo stato attuale, adeguatamente valorizzati”.
Nell’angolo? Solo una finta
Sia Salvini che Meloni nei giorni scorsi, mercoledì e giovedì, hanno spiegato che stavano “negoziando con l’Europa”. Negli anni, pur di non perdere consenso nella categoria dei balneari, il segretario della Lega e la leader di Fratelli d’Italia hanno promesso che avrebbero “superato”, “archiviato”, “cancellato” la Bolkestein. Adesso invece hanno ammesso che “la Bolkestein va applicata altrimenti arrivano multe milionarie” e che “la messa gara delle concessioni balneari è inevitabile”. La “negoziazione” di cui hanno parlato Salvini e Fitto mercoledì riguarderebbe due aspetti della faccenda: il diritto di prelazione per le aziende, per lo più familiari, che gestiscono i bagni; gli indennizzi, cioè riconoscere gli investimenti fatti negli anni negli stessi lidi. Piscine, bar, cabine che sono mobili ma nel frattempo sono diventate casette affittate di anni in anno a prezzi da capogiro con tende e ombrelloni. “A settembre, alla riapertura, sarà fatta chiarezza e saranno date regole certe” ha promesso Palazzo Chigi.
Difficile calcolare indennizzi e avviamento
Il punto è che i balneari, per lo più aziende a conduzione familiare che gestiscono i bagni - cioè territorio dello Stato - non vogliono le gare. Non c’è dubbio che la trattativa debba seguire i criteri della prelazione e dell’indennizzo. Così come non ci sono dubbi sull’obiettivo finale della Bolkestein: aprire al mercato, garantire la concorrenza e allo Stato “un gettito corrispondente al valore del bene”. Il problema è che è difficile calcolare indennizzi e avviamento ad aziende che, in quanto familiari, spesso e volentieri hanno bilanci un po’ approssimativi. Per usare un termine elegante. Alla base di quale libro contabile vengono stimati indennizzi e ammortamenti? Sui fatturati medi degli ultimi vent’anni? Nella maggior parte dei casi sarebbero troppo bassi rispetto al valore effettivo e quindi non stanno bene agli stessi balneari.
Ai tempi del Covid i balneari erano infuriati perchè il loro indennizzi erano pari a 300-500 euro. “Una miseria” reclamarono in coro. “Il 20% di quanto avete dichiarato” fu la risposta. Adesso siamo un po’ nella stessa situazione. Venerdì 9 agosto, giorno della serrata, la categoria sembrava un po’ nell’angolo. Quarantotto ore dopo si scopre l’esistenza di una nuova ipotesi di lavoro: ancora proroghe, ancora in barba alla concorrenza. Il contentino è l’aumento del 10% del canone. Una cifra ridicola. Mentre il rischio caos è sempre più alto.