Autonomia, nuova bocciatura. A un passo dai referendum. Le opposizioni annusano la spallata
Ieri la Corte di Cassazione ha dichiarato ammissibili i referendum per abolire la Calderoli. Entro il 20 febbraio di il verdetto finale della Consulta. Il governo, diviso su questo tema, trema: “Il cammino del governo non è legato alle riforme”. E vuole evitare il voto popolare. Il piano allora è puntare sul quorum: fare in modo che gli italiani non vadano a votare. Le opposizioni invece si gustano “una meravigliosa primavera referendaria”.
Minimizzare. Anzi, “sopire e troncare” come avrebbe detto il Conte Zio dei Promessi Sposi. “Lascia che si sfoghino con le dichiarazioni poi con calma vedere cosa fare. Ora lasciamo fare” è stato l’ordine di palazzo Chigi appena la Corte di Cassazione ha dato il via libera ai referendum abrogativi della legge Calderoli sull’autonomia differenziata. E’ un dispositivo di circa trenta pagine e, nel suo insieme, è una doccia gelata sul governo. E più si sforzano di dire “ce l’aspettavamo”, era “attesa”, “nessun timore del verdetto popolare” cioè di perdere il referendum, e più in realtà crescono tensione e nervosismo per un test che il governo non avrebbe alcuna intenzione di fare e per cui sa che deve iniziare a lavorare da adesso sul quorum: non raggiungerlo per azzerare tutto. Ma per fare questo occorre metterci la faccia, farne una questione personale, un po’ come fece Matteo Renzi insomma. Errore che Giorgia Meloni non ha alcuna intenzione di ripetere.Ma come si può giustificare con l’alleato Salvini che invece chiede di metterci non solo la faccia ma anche il corpo perché per la Lega l’Autonomia è la ragione stessa della legislatura? Rischia di franare Salvini, molto debole, la Lega, rischia il governo.
Le tensioni in maggioranza
Il ragionamento che prevale, secondo fonti di maggioranza “è che il Nord, favorevole all'Autonomia, diserterà le urne; mentre il Meridione, che non vede di buon occhio la riforma, è storicamente astensionista, ed è difficile pensare ci sia una mobilitazione tale da centrare il 51% dei sì, che, parametrato su base nazionale, vorrebbe dire che l'80% del Sud Italia dovrebbe andare a votare. Il Pd, la sinistra, mobiliteranno i loro, ma certo non basterà. Pensare che possano spuntarla, considerando la variabile del Nord favorevole e del Sud astensionista da sempre, è come credere che l’acqua vada controcorrente…”.
Al netto dell’argomento astensione, il secondo tema più dibattuto nel post sentenza Cassazione è che il destino delle riforme non è legato a quello del governo. Vale per il premierato difeso a spada tratta dalla presidente del Consiglio, ma vale anche per l'autonomia. "Meloni andrà avanti fino a fine legislatura a prescindere, nessuno ha mai detto che sarebbe andata a casa se le riforme istituzionali dovessero subire una battuta d'arresto. Non si farà disarcionare da giochi di palazzo, andrà a casa solo se saranno gli italiani a chiederlo, con il voto, ma non certo con quello che passa dal referendum: quello serve solo a lasciar decidere gli italiani se vogliono o meno una riforma. E noi li ascolteremo, ma tenendo la barra dritta sul governo del Paese”.
La Lega non molla
Dall’altra parte però c’è uno come il governatore del Veneto Zaia, paladino dell’Autonomia tanto quanto Calderoli, che chiarisce subito: “Noi tireremo diritto, ad ogni costo”, referedum, sentenze, l’Autonomia deve essere fatta “perchè unisce il Paese e non è vero che lo divide”. Il ministro Calderoli, sul palco di Atreju la festa politica di Fratelli d’Italia, non ha fatto mistero di puntare sul quorum. “Mi tocco le palle perché io intendo andare avanti” con la riforma bandiera della Lega. “Le sinistre devono comunque aspettare il 20 gennaio per cantare vittoria, solo allora la Corte Costituzionale dirà l’ultima parola sull’ammissibilità dei referendum. E a giudicare dalla prima pronuncia della Consulta…insomma vedremo. Ciò detto, anche l’ammissibilità non significa aver vinto o perso. Bisogna raggiungere il quorum e avere più del 50% che esprimono sì, ma quando si esprime il popolo - ha concluso il ministro - il popolo ha sempre ragione”. Sarà un 2025 segnato da questa partita, una partita logorante per la maggioranza e dove il Pd non fa mistero di voler tentare una spallata. Chi sperava in un 2025 senza campagne elettorali e senza il clima avvelenato che si portano dietro, deve riporre nel cassetto questo auspicio. Anche perchè in questa sfida Forza Italia dovrà schierarsi, dire da che parte sta. Tajani non potrà mandare avanti i governatori come ha fatto finora. Situazione complicata.
Trenta pagine
Conviene però adesso vedere le trenta pagine dell’Ufficio centrale per il referendum della Suprema corte che ha dichiarato “conformi a legge le richieste di referendum relative” alla cancellazione di quanto previsto dalla "legge n. 86 del 2024 sull'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione”. In sintesi il testo Calderoli.
Per i giudici di piazza Cavour il referendum può arrivare al vaglio degli elettori anche dopo la pronuncia della Corte Costituzionale del 3 dicembre scorso che ha accolto parzialmente i ricorsi di 4 Regioni definendo “illegittimi” sette profili della legge e sottolineando che non si possono devolvere intere materie ma solo specifiche funzioni e neanche in tutti gli ambiti. “Il regionalismo corrisponde a un'esigenza insopprimibile della nostra società, come si è gradualmente strutturata anche grazie alla Costituzione” hanno scritto i giudici della Consulta “spetta solo al Parlamento il compito di comporre la complessità del pluralismo istituzionale”. Nonostante questo intervento che nei fatti rinviando al Parlamento è destinato a svuotare la legge Calderoli, la Cassazione ha giudicato che la norma resta in piedi seppur svuotata e quindi i referendum sono legittimi. In conseguenza l'Ufficio centrale della Suprema corte ha dichiarato “non conforme a legge” la richiesta relativa all'abrogazione parziale della stessa legge così come richiesto dai consigli regionali. La parola definitiva spetta ora di nuovo alla Corte Costituzionale che dovrà pronunciarsi sull’ammissibilità entro il 20 gennaio (motivazioni entro il 10 febbraio).
La Consulta dovrà valutare anche gli altri cinque quesiti che hanno ottenuto l'ok della Cassazione. Tra questi quello che chiede il dimezzamento da “10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana” e per quelli abrogativi o parzialmente abrogativi in tema di Job act, contratti a termine e appalti.
L’idea della spallata
Tra le opposizioni si fa strada l’idea di capitalizzare questa occasione. Per tutti i motivi che abbiano detto sopra, è ovvio che la maggioranza rischia di logorarsi in questa battaglia e la partita del quorum può peggiorare la situazione interna costringendo Forza Italia, che ha il suo bacino di voti al sud ed è contraria alla legge Calderoli, ad alzare la testa molto più di quanto il fedele Tajani possa garantire.
La segretaria del Pd, Elly Schlein, chiede dal governo di “fermarsi” e di “abrogare questo testo, per recuperare credibilità dopo lo strafalcione ha fatto presentando una riforma che la Consulta ha smontato”. Per il leader M5s Giuseppe Conte, un altro signore del consenso al sud, dalla Cassazione arriva “un altro colpo a questo scellerato progetto" mentre per il leader della Cgil, Maurizio Landini, “con il via libera ai sei quesiti referendari si apre una grande opportunità per il Paese: finalmente, attraverso il voto, potremo tutti insieme partecipare e decidere di abrogare leggi sbagliate e ingiuste”.
Il segretario di Più Europa, Riccardo Magi, tra i promotori referendari, afferma che “se la Corte Costituzionale ne confermerà l'ammissibilità, ci aspetta una splendida primavera referendaria: sarà una grande occasione di mobilitazione per avviare una necessaria riforma della legge sulla cittadinanza attesa da tanti anni e per fermare una pessima riforma varata dal governo Meloni”. Una nuova campagna elettorale, appunto, mentre l’economia non va bene, gli stipendi soffrono e il quadro geopolitico internazionale è pieno di incognite. Da qui le opposizioni coltivano il pensiero “stupendo” che, direbbe Patty Bravo, nasce un poco strisciando e che si chiama spallata.