L’aut-aut di Meloni. Forza Italia con un piede fuori dal governo. “A costo di non farlo nascere”

Bastano 5 senatori e non c’è più maggioranza. Ieri è stato diffuso il secondo file audio di Berlusconi. Dopo lo scambio di lettere “dolcissime” con Putin, la versione filiputinista e anti Zelensky della guerra in Ucraina. Forza Italia nel caos. Tajani oggi a Bruxelles per tranquillizzare l’Europa. E stamattina dovrebbero iniziare le consultazioni al Quirinale

Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni (Ansa)
Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni (Ansa)

Alle 8 di sera, dopo 48 ore di rumorosissimo silenzio, Giorgia Meloni mette Forza Italia con un piede fuori dal governo. Che deve ancora nascere. Lo fa un’ora dopo che il cerimoniale del Quirinale ha diffuso gli orari di convocazione delle varie delegazioni: le consultazioni per la nascita del nuovo governo iniziano stamani alle 10 e andranno avanti fino a venerdì mattina quando proprio il centrodestra che salirà unito concluderà il ciclo delle consultazioni. Già nel pomeriggio, magari attendendo la conclusione del Consiglio europeo dove Mario Draghi cercherà di chiudere il mandato portando a casa il pacchetto di misure sul gas, il presidente della Repubblica  Sergio Mattarella potrebbe dare l’incarico a Giorgia Meloni che direttamente nella giornata di sabato potrebbe salire al Colle con la lista dei ministri e in serata giurare. Al massimo domenica mattina.  Lunedì e martedì la fiducia alle Camera. Un timing serrato. Che deve però fare i conti con la variabile Silvio Berlusconi che per proteggere l’unicità di Forza Italia, la sua casa, il suo regno, rischia - o forse ha deciso - di distruggere la coalizione. E quindi il governo che deve nascere la cui maggioranza si regge, è bene dirlo subito, su 5 senatori.

L’aut-aut di Meloni    

Così dopo due giorni e due diversi file audio - il secondo diffuso ieri alle 17, a ventiquattro ore dal primo - di totale e piena solidarietà a Putin e di “giustificazione” dell’invasione in Ucraina, la quasi premier decide di dare l’aut-aut a Forza Italia: “Intendo guidare un governo con una linea di politica estera chiara e inequivocabile. Non saremo mai l’anello debole dell’Occidente. L’Italia è a pieno titolo, e a testa alta, parte dell'Europa e dell'Alleanza atlantica. Chi non fosse d'accordo con questo caposaldo non potrà far parte del governo, a costo di non fare il governo” . Tornare a votare: ipotesi ventilata finora “solo” dal suo braccio destro Francesco Lollobrigida a cui un altro “colonnello” di Forza Italia Gianfranco Miccichè aveva però risposto lanciando Forza Italia all’appoggio esterno del governo Meloni. Ieri lo ha detto lei, lo ha scritto, per non lasciare dubbi.

"L'Italia con noi al governo non sarà mai la nazione inaffidabile tanto cara a molti nostri detrattori. Rilancerà la sua credibilità e difenderà così i suoi interessi. Su questo chiederò chiarezza a tutti i ministri di un eventuale governo. La prima regola di un governo politico che ha un forte mandato dagli italiani è rispettare il programma che i cittadini hanno votato”. Poche righe e  chiarissime. Chi la conosce bene dice che Giorgia Meloni ha un “limite” caratteriale per fare politica: non è cinica. Sempre che questo sia un limite - non è detto - lo supplisce però con un’altra sua caratteristica: lucida, fredda, una “giocatrice d’azzardo”. Due caratteristiche che possono in effetti convivere.

Tajani a Bruxelles

Il partito di Berlusconi è spaccato in due: una parte, piccola,  che fa capo a Licia Ronzulli, Marta Fascina, Miccichè e un pugno di altri fedelissimi, tiene il punto e non vuole finire satellite di “quella là” che sarebbe Giorgia Meloni; un’altra parte, guidata dal numero 2 Antonio Tajani è pragmatica, istituzionale, molto imbarazzata e dice “partimo, dobbiamo dare un governo al Paese”. Salvini, almeno fino a pochi giorni fa in asse totale con Licia Ronzulli, è nel mezzo e cerca di mediare. Parlando molto con lo stesso Berlusconi. Comunque Tajani stamani arriva a Bruxelles dove, a margine del Consiglio Ue, si riunisce il Pattito popolare europeo di cui fa parte Forza Italia. E’ una missione fondamentale: Tajani deve rassicurare sulla linea in politica estera dopo le esternazioni filoputiniane di Berlusconi; dirà che Forza Italia ha sempre votato  in linea con l’Europa e la Nato. Mai un tentennamento, nè in Europa nè in Italia. “Mica come certa sinistra e i 5 Stelle…”. Basta controllare i tabulati delle votazioni.  Il paradosso è che l’Europa guardava a Forza Italia come alla garanzia contro le derive sovraniste e nazionaliste di Lega e Fratelli d’Italia. “Sopire e troncare, troncare e sopire” questo il mandato europeo di Tajani tuttora candidato a fare il ministro degli Esteri ma “bocciato” da Meloni ancora prima di entrare.

In parallelo a Tajani, Giorgio Mulè, sottosegretario alla Difesa nel governo Draghi, da ieri vicepresidente della Camera, calca gli studi televisivi per spiegare che “Forza Italia su mandato del presidente Berlusconi ha sempre votato in linea con la Ue e la Nato. Non confondiamo la linea ufficiale con frasi di quattro minuti estrapolate da un discorso di 45 minuti…”.

Berlusconi amaro

Poi in serata, ieri arriva anche il comunicato di Berlusconi. Perentorio nel rivendicare che  “in 28 anni di vita politica la scelta atlantica, l’europeismo, il riferimento costante all’Occidente come sistema di valori e di alleanze fra Paesi liberi e democratici sono stati alla base del mio impegno di leader politico e di uomo di governo. Nessuno può permettersi di mettere in discussione questo”. Amaro quando denuncia “la pessima abitudine di trasformare la discussione politica in pettegolezzo, utilizzando frasi rubate registrate di nascosto, e appunti fotografati con il teleobbiettivo, con un metodo non solo sleale ma intimidatorio. Un metodo soprattutto che porta a stravolgere e addirittura a rovesciare il mio pensiero”. Dunque cosa intendeva dire il Cavaliere quando ha ricordato “la lettera dolcissima” di Putin che lo innovare “uno dei suoi cinque amici” inviata a fine settembre con tanto di vodka mentre Mosca lanciava bombe sui civili in Ucraina? O quando si è fatto portavoce della più bieca versione putiniana sui motivi della guerra?  “Mi stavo interrogando, come dovrebbero fare tutti, sulle cause del comportamento russo ed auspicare una soluzione diplomatica il più rapida possibile, con l’intervento forte e congiunto degli Stati Uniti e della Repubblica cinese. Tutto questo non sono atti in contraddizione con la solidarietà occidentale e il sostegno al popolo ucraino.Del resto alla pace non si potrà giungere se i diritti dell’Ucraina non saranno adeguatamente tutelati”.

La storia ovviamente non finisce qua. La maggioranza è divisa e sfilacciata. Un pessimo inizio per un governo “forte e coeso” con un “chiaro mandato politico”.  

Il secondo file audio

Fino a metà pomeriggio ieri la situazione è sembrata congelata. O meglio: un’ imbarazzata indifferenza rispetto alle esternazioni di Silvio Berlusconi rilasciate mercoledì nel “privato” dell’incontro con i deputati e derubricate, gioco forza, a “frasi inopportune e sbagliate ma non qualificanti della linea in politica estera del governo Meloni,  atlantista e anti Putin senza ambiguità”. Fino a quel momento Giorgia Meloni si è morsa la lingua e si è imposta il silenzio coltivando, diciamo così, “l’umana pietà e comprensione”. “Abbiamo a che fare con un anziano leader che ha perso la sua centralità e fa di tutto per tentare di mostrarsi ancora il padrone di casa di una coalizione che invece ha cambiato leader perchè così hanno deciso gli elettori” è il ragionamento condiviso in queste ore nel quartier generale di Fratelli d’Italia al sesto piano del palazzo dei gruppi alla Camera.

Ma alle 17 l’agenzia La Presse, che già aveva rilasciato il file audio galeotto del giorno prima, ha fatto il bis. E ha pubblicato un altro audio, altre frasi dette sempre dal Cavaliere nella riunione di mercoledì con i deputati. Dopo essersi raccomandato della riservatezza (“mi raccomando eh”), il presidente di Forza Italia ha espresso alcun giudizi assai pesanti su Zalensky. “Non vedo proprio come quei due, Putin e Zelesnky, possano mettersi seduti allo stesso tavolo…”.  La guerra in Ucraina, nel racconto di Berlusconi, avrebbe un’origine ben diversa rispetto alla narrazione corrente e che merita di essere riportata per intero.

Guardate - ha detto il Cavaliere - le cose sono andate così. Nel 2014 a Minsk, in Bielorussia, si firma un accordo di pace e non belligeranza tra l'Ucraina e le due neocostituite repubbliche del Donbass.  L’Ucraina butta al diavolo questo trattato un anno dopo e comincia ad attaccare le frontiere delle due repubbliche che subiscono vittime tra i militari e civili che arrivano, mi si dice, a 5-6-7mila morti. Arriva Zelensky, triplica gli attacchi alle due repubbliche. Disperate, le due repubbliche mandano una delegazione a Mosca e finalmente riescono a parlare con Putin. Dicono: ‘Vladimir non sappiamo che fare, difendici tu’. Lui  è contrario a qualsiasi iniziativa, resiste, subisce una pressione forte da tutta la Russia. E allora si decide a inventare una operazione speciale: le truppe dovevano entrare in Ucraina, in una settimana raggiungere Kiev, deporre il governo in carica e mettere un governo già scelto dalla minoranza ucraina di persone per bene e di buon senso, un'altra settimana per tornare indietro. È entrato in Ucraina e si è invece trovato di fronte a una situazione imprevista e imprevedibile di resistenza da parte degli ucraini, che hanno cominciato dal terzo giorno a ricevere soldi e armi dall'Occidente. E la guerra, invece di essere una operazione di due settimane, è diventata una guerra di duecento e rotti anni. Quindi, questa è la situazione della guerra in Ucraina”.  E’ il più scontato racconto sentito in questi mesi dai filoputinani.

“Tacere, andare avanti, curare il dossier Forza Italia” 

Fino alle 20 Giorgia Meloni decide di tacere. “Andiamo avanti senza colpo ferire, si tratta di episodi di disturbo da parte di un anziano leader che non accetta di diventare il numero 2, anzi è già il numero 3” è il messaggio veicolato dal quartier generale di Fratelli d’Italia dove la quasi-premier passa la maggior parte della sue giornate.

Sul tavolo della presidente di Fratelli d’Italia da 48 ore però c’è un dossier in più. Sopra c’è scritto “Forza Italia”. Meloni non ha timore di chiamare le cose col proprio nome. Il rischio è infatti avere un esecutivo che nasce azzoppato. L’elezione di La Russa, diventato presidente del Senato con i voti segreti delle opposizioni (circa venti), ne è stata la dimostrazione plastica. E da giovedì scorso la situazione nella coalizione è molto peggiorata. Meloni non ha ceduto alle richieste del Cavaliere, ha detto no a Ronzulli nella squadra di governo (la considera una nemica, una che “passerebbe le giornate a segare le gambe all’azione dell’esecutivo”).

Ha detto No a Casellati alla Giustizia (ieri Berlusconi ha incontrato Nordio, il candidato di Meloni, e tra i due pare sia anche scattato un buon feeling). Ha detto No anche ad Alessandro Cattaneo, considerato l’alter ego di Ronzulli. Per tutta risposta Ronzulli e Cattaneo sono diventati capogruppo. Il messaggio è chiaro: tu, Giorgia, non vuoi i miei uomini al governo? E io ti faccio la guerra in Parlamento.

Un governo giù in crisi

Il governo partirà ma con un handicap chiamato Forza Italia. Basta che al Senato 5 senatori azzurri lascino il gruppo e la maggioranza non c’è più.  Il rischio forte è che con queste tensioni qualcuno, più d’uno, se ne vada nel Terzo Polo di Calenda e Renzi. E che magari lo faccia già in queste ore, prima del voto di fiducia che potrebbe arrivare martedì. A quel punto sarebbe già crisi di governo. Ancora prima di iniziare.

Scenario infausto che magari, al Cavaliere ferito, azzoppato e umiliato in quella che considera la sua casa, il centrodestra, potrebbe anche non dispiacere. “Siamo sicuri - si chiede un big di Fratelli d’Italia - che la consegna dei file audio ai giornalisti non sia una strategia mirata proprio a far saltare tutto?”. Di sicuro Berlusconi non ha attaccato i giornalisti ma ha denunciato un metodo: i fotografi che rubano foto a appunti personali (al Senato); qualche manina interna che allunga i file audio ai giornalisti.

Tre indizi sono una prova: giovedì scorso il foglio di appunti casualmente girato e mostrato alle telecamere; martedì il primo file audio; mercoledì il secondo file audio. La prova è che qualcuno sta segando le gambe a Giorgia Meloni prima che giuri come premier. La leader di Fratelli d’Italia ha tutto molto chiaro e sta stringendo accordi con i centristi della coalizione (Noi Moderati, Lupi infatti avrà un ministero) per convincerli a fare gruppo a parte e diventare il naturale approdo di chi volesse lasciare Forza Italia evitando così una fuga verso il Terzo Polo. Oggi alle 10 iniziano le consultazioni al Quirinale. Sotto i peggiori auspici.