[L'intervista] Tre attentati dell''ndrangheta in un mese contro il noto resort. La risposta dell'imprenditore è esemplare
Ai tre atti incendiari l'imprenditore risponde con il "Patto della Legalità per la Sibaritide". Il titolare del Minerva Club Resort, a Sibari, in Calabria non si piega
Non molla. Eppure sarebbe facile, quasi comprensibile. Tre incendi di origine dolosa in 15 giorni. Ma Luigi Sauve non molla. Anzi, rilancia. Lo fa dando vita al "Patto della Legalità per la Sibaritide". L’imprenditore è il titolare del Minerva Club Resort, a Sibari, in Calabria. Dopo 37 anni di attività, l’impresa di Sauve è diventata la terza struttura turistica più grande d'Italia e offre lavoro in una zona con un'altissima percentuale di disoccupati. La Calabria, infatti, in tutta la sua interezza, è una terra fiaccata dall’assenza di lavoro, che si innesta in un contesto in cui la ‘ndrangheta la fa da padrona. Il Minerva Club Resort era un’isola felice. Tra la fine del 2018 e i primi giorni del 2019, però, quella storia positiva diventa una storia infernale. Il primo episodio si è verificato nella notte tra il 28 e 29 dicembre quando ignoti hanno dato fuoco a una sala dove era prevista una cerimonia, a seguire il 5 gennaio è stata data alle fiamme l'auto di un collaboratore della struttura, per arrivare all'incendio il 9 gennaio della lavanderia del villaggio turistico che ha impegnato i vigili del fuoco per quasi 10 ore.
Che spiegazione si è dato a questa situazione?
“Non mi do una spiegazione. Non abbiamo avuto alcun tipo di avvisaglia, né prima, né dopo. Io, peraltro, sono su questo territorio da 37 anni, non da ieri… Se mi fossi comportato male con qualcuno, con qualche fornitore, per esempio, mi avrebbero colpito molti anni fa: non riesco quindi a spiegarmi questa recrudescenza, potrebbe essere qualcosa di nuovo sul territorio, che però non so individuare”
Negli ultimi tempi è sorta qualche attività concorrenziale alla sua che possa aver innescato questo meccanismo?
“Penso di no perché qui abbiamo sempre pensato che più iniziative imprenditoriali e ricettive sorgono, più il territorio viene conosciuto anche a livello internazionale, e più gente viene. Più potremmo mettere da parte la criminalità e avere maggiore attenzione da parte del governo centrale.
E’ la prima volta che la sua attività entra così nel mirino?
“Sono accadute piccole cose: un’estate hanno dato fuoco alla macchina di un ospite, per esempio. Anche quelle non sono state anticipate da alcun messaggio e abbiamo sempre denunciato alle forze dell’ordine. Per questo quello che è avvenuto in quest’ultimo periodo ci preoccupa. Io ero fuori sede quando sono accaduti gli eventi, ma dopo l’ultimo, vista la particolare gravità, sono rientrato di corsa”.
Si sente, su quei territori, il peso della criminalità organizzata?
“Si sente. Ma abbiamo sempre denunciato ogni cosa, anche la più piccola”.
E’ in grado di stimare una cifra sui danni subiti con gli ultimi episodi?
“Difficile da dire, perché la lavanderia, che è stato l’ultimo episodio, è sotto sequestro quindi noi non siamo riusciti a entrare, quindi non abbiamo idea della situazione, soprattutto per quanto concerne le attrezzature, perché sappiamo che il materiale come la biancheria è andato in fumo. Per quanto riguarda il ristorante, parliamo di una cifra tra i 300 e i 400 mila euro”.
Qual è la situazione attuale? Lei e le persone a lei vicine sono sottoposte a tutela?
“Non è stata disposta una tutela nei miei confronti o nei confronti della mia famiglia. C’è stato un controllo dei carabinieri locali, con cui c’è un rapporto storico, che però non hanno i mezzi ovviamente per una vigilanza stabile”
Si sente in pericolo?
“Per l’anomalia degli eventi non posso dire di essere totalmente tranquillo. Ho però la presunzione di pensare che non sia un attacco nei miei confronti, ma un attacco nei confronti di un territorio, che è facile da bersagliare in quanto siamo piuttosto isolati e abbandonati”
E’ così che si sente?
“La cosa di cui mi rammarico non è che i soliti ignoti o i soliti noti facciano qualcosa. Ci rammarichiamo che le Istituzioni siano assenti. Lo dico sottovoce: vorrei chiamarmi 'Pizzeria Sorbilllo': lìper 9 dipendenti si è mosso il mondo, mentre qui per 500 dipendenti siamo stati ignorati”.
E’ una questione calabrese?
“Della Calabria, nel bene o nel male, non interessa a nessuno. Questa è la problematica atavica del territorio, che nessuno, né nel governo centrale, né localmente, vuole sviluppare”
Eppure le potenzialità ci sarebbero…
“Questo è un territorio in cui si potrebbe investire in maniera importante: potrebbe essere un’alternativa a Spagna e Portogallo per le persone di terza età di centro e nord Europa. Abbiamo un clima fantastico, un territorio eccellente, il mare… Qui tutto è eccezionale, sia sotto il punto di vista naturalistico, che culturale ed enogastronomico. Basterebbe solo il Parco del Pollino che va da un mare all’altro per ‘fare la guerra’. Nell’arco di 30 chilometri si può passare dalla Magna Graecia al bizantinismo, fino al periodo normanno. In cinquanta minuti dalla porta del mio albergo che è a zero metri sul livello del mare, si arriva a 1600 metri di altitudine”.
Ha ricevuto segnali dal mondo istituzionale?
“E’ venuto con grande tempismo e in maniera molto affettuosa il presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, Nicola Morra, e so che la deputata Enza Bruno Bossio ha presentato una interpellanza parlamentare, che sta facendo il suo corso”.
Nessuno del Governo?
“Nessuno”.
Alla luce di tutto ciò, pensa di lasciare la Calabria?
“Assolutamente no. Non l’ho mai pensato, anche e la situazione è complicata, soprattutto se non dovesimo sistemare le cose entro la stagione estiva. Ma qui lavorano 500 persone e io devo a loro di rimanere qui e di continuare a dare lavoro su questo territorio. Significherebbe abbandonare un’attività che ho creato io, 37 anni di lavoro. Sarebbe una vigliaccata”.