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[L'intervista] L'allarme di Medici Senza Frontiere: "L'Aquarius non ce la farà ad arrivare in Spagna"

Dialogo con Marco Bertotto, esponente di MSf: “Si parte dalla fine, dal soccorso in mare e la soluzione individuata e impedire il salvataggio per disincentivare le partenze. Ma se non si affrontano le cause delle migrazioni come si può pensare di deviare questi flussi bloccando la traversata in mare?”

Guido Ruotolodi Guido Ruotolo, editorialista   
[L'intervista] L'allarme di Medici Senza Frontiere: 'L'Aquarius non ce la farà ad arrivare in Spagna'

Alle sei del pomeriggio da Madrid non era arrivata ancora nessuna comunicazione ufficiale al Comandante dell’Aquarius, la nave della Ong Sos Mediterranèe con a bordo 629 migranti assistiti dai volontari di Medici senza frontiere. È proprio per garantire in sicurezza l’approdo in un porto sicuro, e quindi il salvataggio dei migranti, che Marco Bertotto, di Medici senza frontiere-Italia, preferisce concentrarsi sugli aspetti tecnici della vicenda, tralasciando le valutazioni politiche.

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«Sull’odissea dell’Aquarius si è innestata una polemica politica. Che si è consumata sulla pelle di 629 migranti, donne, uomini e bambini che dovevano essere salvati e sbarcati quanto prima in un porto sicuro».

E invece dovrà attraversare il Mediterraneo per attraccare a Valencia. e intanto arrivano notizie preoccupanti: un migrante avrebbe tentato di buttarsi in acqua.
«Non voglio entrare nel merito delle polemiche di queste ore. Ricordo solo che per noi il soccorso in mare si conclude quando i migranti vengono sbarcati in un porto sicuro. E quindi è evidente che proprio per motivi di sicurezza è importante che i migranti raggiungano il prima possibile un porto sicuro. E voglio ricordare che tra il 629 passeggeri vi è un gruppo che è stato salvato in mare. Si trovava in acqua e sono stati salvati».

Ma è vero che per arrivare nel porto di Valencia occorrono diversi giorni di navigazione?
«E sono sicuramente troppi. Per il futuro noi non possiamo accettare di intraprendere traversate di diversi giorni per raggiungere Amburgo o Valencia. E non solo per i problemi che si creerebbero per i nostri passeggeri ma perché gli assetti navali lascerebbero sguarnite per giorni e giorni le aree di soccorso, quelle di nostro intervento: l’anno scorso protestammo quando ci fecero sbarcare i migranti a Cagliari, Brindisi o Napoli. Vorremmo capire cosa ci riserva il futuro. Dopo Valencia cosa dobbiamo aspettarci?».

I dati resi pubblici sul sito del Viminale confermano che non ci troviamo in una situazione di emergenza sbarchi. Dal primo gennaio all’11 giugno sono sbarcati 14.330 migranti contro i 61.799 del 2017.
«Noi ci occupiamo di soccorso in mare. Noi salviamo vite umane, e questo nessuno dovrebbe dimenticarlo. Il mio appello accorato alle istituzioni è quello di sperimentare un sistema che ci consenta di coprire le aree di soccorso assegnate in condizioni di normalità».

Un anno fa, il codice di condotta tra le Ong e il ministro dell’Interno Marco Minniti. Quale è il bilancio?
«Al di là del codice, da un anno il sistema delle Ong è al centro di una offensiva di delegittimazione. Siamo noi i responsabili di tutto quello che non funziona. Siamo noi il problema e, dunque, il vero problema, e cioè un sistema di salvataggio funzionante, continua a non essere risolto».

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«Ognuno di questi temi è un pezzo del sistema che non funziona. E invece di trovare una soluzione condivisa che si fa? Si parte dalla fine, dal soccorso in mare e la soluzione individuata e impedire il salvataggio per disincentivare le partenze. Ma se non si affrontano le cause delle migrazioni come si può pensare di deviare questi flussi bloccando la traversata in mare?».

Siamo ai primi giorni del ministro dell’Interno Matteo Salvini in carica. Un giudizio?
«Siamo preoccupati».

Guido Ruotolodi Guido Ruotolo, editorialista   
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