L'appello alla rimonta di Letta da Genova è un flop, cosa succede in caso di sconfitta
Orlando per la linea pro M5S o Bonaccini con lo sguardo rivolto al centro le ipotesi. La timida accoglienza allo storico cinema Sivori getta un'ombra sul futuro del segretario che al "modello Genova" preferisce il "modello Pnrr"
Enrico Letta ha scelto Genova – dove i due collegi cittadini nella scorsa legislatura sono stati vinti dal MoVimento Cinque Stelle e ancor oggi sono dati più o meno “contendibili” dai sondaggi, anche se il centrodestra ha calato due nomi pesantissimi come l’ex presidente della Regione Sandro Biasotti e Ilaria Cavo, assessora alla Cultura e coordinatrice di tutti i suoi omologhi italiani, apprezzata anche dal ministro della Cultura, Dario Franceschini, fuoriclasse della giunta di Giovanni Toti, una che studia tutto ciò di cui si occupa e che sembra destinata anche a un incarico di governo - per lanciare il suo appello alla rimonta.
“Possiamo farcela” strillavano le locandine dei giornali con l’intervista di Letta alla vigila dell’arrivo del segretario del Partito Democratico a Genova, presentando l’”operazione remuntada”, tesa a recuperare quattro punti nel proporzionale e a puntare su 63 collegi dove il centrosinistra può vincere.
Ma a far perdere un po’ di presa alle parole del segretario è la stessa scelta dei suoi proconsoli liguri – a partire dalla segretaria regionale Valentina Ghio, sindaca di Sestri Levante e candidata al secondo posto della lista Pd ligure per la Camera, subito dopo il ministro del Lavoro, Andrea Orlando – di non affrontare una piazza, come fanno e faranno a distanza di poche ore prima Matteo Salvini e poi Giorgia Meloni e come nella campagna elettorale per le comunali ha fatto lo stesso Giuseppe Conte, ma di optare per un cinema.
Non la piazza ma il cinema
Certo, non è un cinema qualunque il Sivori. Risulta essere la prima sala cinematografica d’Italia, avendo ospitato la proiezione del primo filmato dei fratelli Lumière il 30 maggio 1896, a soli cinque mesi dall’esordio a Parigi. Per la cronaca era L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat, cortometraggio talmente realistico che alle prime proiezioni gli spettatori – che non conoscevano il miracolo della prospettiva nel cinema – scappavano terrorizzati, temendo di venire travolti dallo stesso treno che pensavano uscisse dallo schermo.
E poi, soprattutto, quattro anni prima, il Sivori, il giorno di Ferragosto del 1892 ospitò il congresso che sancì la nascita del Partito Socialista Italiano con Filippo Turati, Leonida Bissolati e altri nomi storici della storia del socialismo italiano e anche della storia d’Italia. E ancor oggi una targa all’ingresso del cinema ricorda tutto questo ed era divertente guardare gli sguardi dei ragazzi che ci passavano davanti quando il cinema ha fatto il pienone per La nuova scuola genovese, il film di Claudio Cabona sui rapper della meglio gioventù genovese, da Tedua a Bresh, con le testimonianze di Marracash e Ivano Fossati. Insomma, un cinema che ha un suo perché.
Ma, nonostante alcune spiegazioni abbastanza surreali – “temevamo il maltempo” e ovviamente Genova sabato mattina era invasa da uno splendido sole – la scelta del cinema non ha pagato. Per ascoltare i tre relatori previsti, il segretario del Pd Enrico Letta, il ministro Andrea Orlando e il capodelegazione del Partito Democratico all’Europarlamento, Brando Benifei, si sono mossi in meno di duecento, comprendendo nella cifra tutti i relatori sul palco, i candidati al proporzionale e nell’uninominale e i quadri del partito.
E l’immagine delle tantissime poltrone rosse vuote, nonostante un'abile alternanza di posti pieni e liberi, che aiuta almeno il colpo d’occhio, era pesante. Insomma, Caporetto era Disneyland al confronto.
Questo al Pd fa ancora più male considerando che, fino a dieci anni fa era il partito egemone a Genova, con un seguito addirittura più inscalfibile che a Bologna, e anche in Liguria il capoluogo con i suoi 600mila abitanti su un milione e 600mila in tutta la Regione assicurava trionfi in serie e l’ammortizzazione delle zone “bianche” di Tigullio e imperiese in primis, tanto che partito e istituzioni praticamente coincidevano, al punto che un segretario dell’allora Pds disse a un interlocutore, indicando un autista della municipalizzata degli autobus: “Lo vedi quel tramviere lì? Se vogliamo, domani quello lo facciamo sindaco”. Ed era pure verissimo.
Il modello Pd e il "modello Genova"
Poi sono arrivati Toti e poi Bucci e la storia è cambiata, con la costruzione del nuovo Ponte come paradigma del cambio.
Tanto che Letta ha attaccato subito proprio quella cosa e quel “modello Genova”: "Dobbiamo mettere da parte la propaganda sul modello Genova: bisogna fare nella prossima legislatura i fatti, che sono quelli di un governo nazionale che deve prendere il Pnrr e applicarlo in ogni suo ambito. E' l'impegno forte che ci prendiamo e speriamo che tutti abbiano in testa questo obiettivo".
E ovviamente non sono mancate le risposte, a partire da quella del primo diretto interessato, il sindaco Marco Bucci, dal palco del comizio di Matteo Salvini: “Siccome continua a denigrare il modello Genova, dite pure al segretario Letta di non venire più nella nostra città, visto che non riconosce il lavoro svolto negli anni”.
E poi Toti, che trasuda ironia e anche sarcasmo da ogni virgola: “Secondo Letta esiste 'un unico modello da seguire ed è il Pnrr'". Non sorprende il fatto che il segretario dem non comprenda la differenza tra un Piano che mette a disposizione risorse e il metodo adottato per attuarlo. Anziché chiuderti al cinema, caro Enrico, fatti portare dai tuoi a vedere lo spettacolo di quei cantieri, magari con adeguata scorta di Maalox. Il modello Pd e il Modello Genova. Enrico, Scegli!".
Ma, cambiando l’ordine dei poli, il risultato non cambia. E la presidente della commissione Trasporti di Montecitorio, la renzianissima Raffaella Paita, che è una secchiona delle istituzioni, universalmente riconosciuta la migliore nel ruolo alla Camera, ha gioco facile ad affondare il colpo: “Letta si scaglia contro il modello che ha consentito la ricostruzione del ponte San Giorgio in tempi rapidi. A quanto pare la sonora sconfitta delle amministrative non gli ha insegnato nulla. Le regole si possono certamente migliorare, ma come si fa a non andare orgogliosi di una scelta che ha consentito a Genova e alla Liguria di rialzarsi a tempi record da una enorme ferita?”.
Pronti i secondi
E in tutto questo, nel partito si iniziano ad affilare gli artigli per l’ennesima notte dei lunghi coltelli del Pd. Qualora il risultato non solo della coalizione, ma anche del partito, fosse deludente, il giorno dopo partirebbero le richieste di dimissioni per Letta – specialità della casa, peraltro – e i favoriti per l’eventuale successione sono due con due linee diversissime fra loro.
Goffredo Bettini, che è forse l’uomo più potente del partito, guarda sempre con interesse a Conte e al MoVimento Cinque Stelle e avrebbe individuato proprio in Andrea Orlando il futuro segretario, se ci fosse bisogno di sostituire Letta.
Chi invece pensa a un partito riformista alleato con il terzo polo di Matteo Renzi e Carlo Calenda guarda invece al presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, che pure dell’ex segretario ed ex presidente del Consiglio è sempre rimasto amico ed ha dalla sua amici storici come il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, ma anche nuove riformiste come l’ex ministra della Funzione Pubblica, Marianna Madia. In tutto questo, poi, sarà decisivo il ruolo delle truppe di Dario Franceschini. Come al solito, insomma.