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“Ozio senza riposo, fatica senza lavoro”: Camere in ferie (forzate) forse per un mese o più

Gli avvisi di Matteo Renzi che andavano avanti da luglio, si sono intensificati con il passare dei mesi, sono diventati un allarme rosso in dicembre e si sono trasformati in un addio nella conferenza stampa del 13 gennaio

Massimiliano Lussanadi Massimiliano Lussana   
Parlamento deserto (Foto - Ansa)
Parlamento deserto (Foto - Ansa)

L’andamento delle consultazioni, il passo lento della crisi, la dilatazione dei tempi è, davvero, come raccontavamo ieri, la Fortezza Bastiani, come nel “Deserto dei Tartari” di Dino Buzzati, con la fuga dal tempo. Gli avvisi di Matteo Renzi che andavano avanti da luglio, si sono intensificati con il passare dei mesi, sono diventati un allarme rosso in dicembre e si sono trasformati in un addio nella conferenza stampa del 13 gennaio, hanno portato alle dimissioni delle ministre Teresa Bellanova ed Elena Bonetti e del sottosegretario Ivan Scalfarotto il giorno dopo, e poi alla fiducia a Montecitorio con 318 voti e quindi al voto di Palazzo Madama con 156, dove Giuseppe Conte forse è andato a sbattere. 

Le dimissioni che avrebbero portato facilmente al Conte ter avrebbero dovuto arrivare immediatamente dopo la conferenza stampa di Renzi. O, almeno, dopo il voto di fiducia con numeri e parole e volte a volte imbarazzanti. Invece, il presidente del Consiglio ha voluto seguire consigli muscolari che hanno portato a questa situazione. Ma la dilatazione del tempo che è la cifra stilistica di questa crisi, qualcosa che non si vedeva dai tempi in cui Pier Luigi Bersani, sperando di concretizzare l’incarico di formare il governo nella scorsa legislatura, operazione che invece non gli riuscì e lo costrinse a passare la mano a Enrico Letta, sentì fra gli altri, l’associazione dei Comuni, il Terzo Settore, la Caritas, Roberto Saviano, il Club Alpino Italiano, l’Associazione Pro Natura, il Touring Club Italiano e altri soggetti della società civile.

E così, ad esempio, l’intera giornata di lunedì è stata caratterizzata dall’annuncio delle dimissioni di Giuseppe Conte, fatto balenare alle 15,32 da una notizia dell’agenzia Ansa, su indicazione delle stesse forze governative e di maggioranza. Ma poi la salita al Colle per le dimissioni è slittata di ora in ora con centinaia di giornalisti accampati fuori dal Quirinale, e quindi l’annuncio serale che martedì mattina alle 9 ci sarebbe stato il Consiglio dei ministri per annunciare le dimissioni del governo e successivamente la salita al Quirinale, poi slittata anche questa fino alle 12.

E, ancora, il calendario delle consultazioni dilatatissimo, proprio perché Sergio Mattarella ha voluto dare a Conte tutto il tempo possibile: ieri mattina niente per la Giornata della memoria, ieri pomeriggio solo la telefonata a Giorgio Napolitano e gli incontri con Maria Elisabetta Alberti Casellati e Roberto Fico e poi tutti i gruppi parlamentari spalmati su due lunghissime giornate, fino a venerdì sera, con una nuova pausa venerdì mattina per l’inaugurazione dell’anno giudiziario.

Insomma, la partita di Conte, per settimane, è stata quella di comprare tempo. E a Montecitorio e Palazzo Madama è come se il tempo si fosse fermato, cristallizzato. Perché – lo dicono i precedenti, la prassi, i regolamenti parlamentari e la Costituzione e lo dice la formula letta in aula - con la crisi, i motori di Camera e Senato girano al minimo, un po’ come le navi da crociera alla fonda davanti ai porti in attesa della ripartenza che slitta in continuazione: “Con le dimissioni del Governo l'attività dell'Assemblea e delle Commissioni parlamentari, in coerenza con i principi generali dell'ordinamento costituzionale, è limitata allo svolgimento di attività legislativa correlata a scadenze costituzionali - principalmente i decreti-legge - o di adempimenti inerenti alle proprie prerogative”.

E quindi è come se senatori e deputati- stavolta loro malgrado – si fossero prolungati le ferie – e non di poco. Se, come sembra, potrebbero essere necessari due giri di consultazioni o addirittura un mandato esplorativo e poi le consultazioni del presidente del Consiglio incaricato e poi la formazione del governo e il percorso che porta verso il doppio voto di fiducia, il rischio è che le Camere restino ferme per un mese o più. Alla Camera dei deputati, addirittura, il presidente di Montecitorio Roberto Fico ha chiuso l’ultima seduta, quella di martedì, annunciando che “La Camera verrà convocata a domicilio” e la stessa dizione campeggia sugli schermi su sfondo azzurro sulla home page del sito di Montecitorio e dei televisori ai due estremi del Transatlantico.

Insomma, non si sa quando si riaprirà. Al Senato della Repubblica, dove invece ieri era in programma una seduta per convertire un decreto sull’emergenza sanitaria, l’ordine del giorno indirizza alla “duecentonovantasettesima seduta pubblica della diciottesima legislatura”, prevista per martedì 2 febbraio 2021 alle 16,30 e recita: “Comunicazione, ai sensi dell'articolo 77, secondo comma, della Costituzione, della presentazione di disegno di legge di conversione di decreto-legge”.

Cioè una seduta in qualche modo “obbligata”, visto che il comma in questione prevede una convocazione obbligatoria a norma della Costituzione: “Quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni”. E il decreto in questione è quello sul Coni che permetterà agli atleti azzurri di partecipare con bandiera e inno alle Olimpiadi, se mai ci saranno.

Ma, insomma, si tratta di sedute che normalmente durano pochi minuti e, anzi, dedicano più tempo agli interventi di fine seduta, lo Zibaldone in cui ciascuno può parlare di argomenti non iscritti all’ordine del giorno, che all’ordine del giorno stesso. Certamente, la seduta di martedì 2 febbraio servirà a sancire ufficialmente l’arrivo dell’ex sottosegretario previtiano alla Giustizia nel governo Berlusconi Luigi Vitali nel gruppo dei Costruttori, al momento solo annunciata ieri sera da una lettera del senatore Vitali ai suoi ormai ex colleghi di Forza Italia.

Il nuovo gruppo è stato ufficializzato ieri mattina in aula dalla presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati: “Onorevoli colleghi, oggi ho ricevuto la seguente lettera: «Illustre Presidente, ai sensi degli articoli 14, 15 e seguenti del Regolamento del Senato, ci pregiamo di comunicarLe che si è oggi costituito il nuovo Gruppo parlamentare denominato "Europeisti-MAIE-Centro Democratico"». I membri del Gruppo sono i senatori Buccarella, Cario, Causin, De Bonis, De Falco, Fantetti, Marilotti, Merlo, Rossi e Rojc, che hanno firmato questa lettera. L'assemblea del Gruppo ha eletto presidente il senatore Fantetti e vice presidente il senatore Causin”. 

Contestualmente, l’allegato B ai lavori sotto il titolino “Gruppi parlamentari, cessazione di componente” informava che il sottogruppo del Misto appena costituito per appoggiare il governo Conte, con tanto di logo “Italia 23” veniva sciolto: “La Presidente del Gruppo Misto ha comunicato che, a seguito dell'uscita dal Gruppo dei senatori Buccarella, Cario, De Bonis, Fantetti e Merlo, la componente "MAIE-Italia 23" all'interno del Gruppo stesso cessa di esistere”. 

Ed è un esercizio utile vedere la storia dei dieci (più Vitali) senatori del nuovo gruppo: un eletto all’estero col MAIE, el senador Merlo; uno eletto all’estero con l’USEI, il partito avversario del MAIE in Sudamerica, Cario; un eletto all’estero, in Europa, con Forza Italia, il capogruppo Fantetti; due ex pentastellati che stavano nel Misto, Buccarella e De Bonis; un ex pentastellato che era andato con Bonino e Calenda, De Falco; un altro ex pentastellato che era andato nel Gruppo delle Autonomie con sudtirolesi e valdostani e senatori a vita, il senatore eletto nel collegio uninominale di Cagliari Marilotti, un’ex “badante di Berlusconi” come veniva chiamata sprezzantemente dai neoalleati, Maria Rosaria Rossi, un altro ex azzurro, ma anche ex PPI, ex Margherita, ex Pd, ex Scelta Civica, ex Area Popolare, e ora anche ex F.Italia come Causin. E, con loro, a fare la decima, la senatrice Rojc, “in prestito secco” dal Pd perché altrimenti non si poteva fare il gruppo.

Tutti, peraltro, avevano già votato la fiducia a Conte. L’arrivo futuro dell’ex azzurro Vitali per la prima volta aggiunge un numero alla maggioranza. Ma sarà formalizzata sugli atti parlamentari solo martedì. Insomma, fino ad allora e ancora a lungo, senatori e deputati resteranno a casa. Ma mai così impegnati in trattative, dibattiti e trame per la crisi. Rappresentazioni plastiche della frase storica di Guido Gonella sul lavoro dei parlamentari: “Ozio senza riposo, fatica senza lavoro”.

 

Massimiliano Lussanadi Massimiliano Lussana   
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