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Sardegna, per il Pd una vittoria che vale doppio. La prima vera sconfitta di Meloni. Il crollo della Lega

Giornata al cardiopalmo a palazzo Chigi. E’ stato testa a testa fino all’alba di stamani. La premier ha polarizzato il voto e ha perso. Oltre ad aver sbagliato del tutto il candidato. Tajani: “Nella maggioranza non cambia nulla”. E invece cambierà subito qualcosa. Ad esempio la candidatura nel Molise.  

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
Sardegna, per il Pd una vittoria che vale doppio. La prima vera sconfitta di Meloni. Il crollo...
Alessandra Todde (Ansa)

Fino alla fine sul filo di lana, appesi a due-tremila voti. Da metà pomeriggio Alessandra Todde è sempre stata in testa di un paio di punti percentuali ma sempre too close to call. Infatti nessuno dei due candidati ha dichiarato la vittoria dell’altro o viceversa  come si usa fare alla fine della competizione. Che sono sempre durissime e senza sconti. Il risultato finale è arrivato alle sette del mattino: Alessandra Todde ha vinto con 330.619 voti (il 40, 5%), mentre il candidato del destra centro Paolo Truzzu si è fermato al 45% (327, 695 voti). Duemila e 924 voti di scarto. Sufficienti per vincere e grazie ai premio di maggioranza governare l’isola. Ci saranno ricorsi, i Fratelli d’Italia sardi li hanno già annunciati. Ma si spera che quindici di spoglio abbiano evitato errori. Piccoli e grandi. 

Voto sardo pieno di conseguenze 

Quello sardo è un voto pieno di significati e conseguenze. Nonostante i proclami di sarditudine - che non sono serviti per spingere l’affluenza ancora più bassa del 2019 (52,4% contro il 53,9 di cinque anni fa) - è stato il primo di una lunga lista di appuntamenti elettorali che avranno lo zenit a giugno con le europee. Vince Alessandra Todde la prima donna governatrice dell’isola che anche ieri sera ha voluto celebrare da sola la vittoria così come ha voluto chiudere da sola sul palco la campagna elettorale. “Questa è una faccenda tra noi, da sarda tra i sardi” disse venerdì sera in chiusura di campagna. 

Sconfitta clamorosa per la Meloni 

Perde, ed è la sconfitta più clamorosa, Giorgia Meloni che ieri è stata tutto il giorno a palazzo Chigi tra riunioni, vertici di maggioranza e consiglio dei ministri simulando quasi un distacco da quanto stava venendo fuori dalle urne sarde. Perde clamorosamente Matteo Salvini con la sua Lega che precipita al 4% contro l’11,4% del 2019. Vince Elly Schlein che ha rischiato l’osso del collo pur di tenere l’alleanza con i 5 Stelle e la candidata scelta da loro. Ieri era anche l’anniversario della sua vittoria alle primarie del Pd, bel modo di festeggiare. Una vittoria che, come vedremo, vale doppio, la rafforza ma non le risolve i problemi interni. Anzi. 

Vittoria di Conte ma inferiore alle aspettative 

Vince, ma in misura inferiore alle aspettative, Giuseppe Conte perchè i 5 Stelle, come voti, sono stati doppiati dal Pd e questo non li consente di alzare troppo le braccia al cielo. Ha vinto, sì, ma senza Pd non avrebbe combinato nulla. Come sempre, del resto, alle regionali. Assegniamo un bel pareggio a Forza Italia: gli azzurri, che nell’isola hanno sempre avuto grazie a Berlusconi una riserva importante di voti, hanno ottenuto il 6,3% dei consensi contro l’8% del 2019. 

Alla fine ha vinto il voto disgiunto 

Alla fine però ha vinto soprattutto il voto disgiunto: non succede quasi mai che i voti assoluti di un candidato presidente siano inferiori a quelli delle liste che lo appoggiano. E invece è successo: Paolo Truzzu ha avuto 327 695 voti mentre le 9 liste che lo appoggiavano hanno avuto 333.050 voti, più di cinque mila voti di differenza, il 48,8%. La controprova è che il centrosinistra ha ottenuto meno voti: 290.318 che equivale al 42,6% dei consensi. E’ sul voto disgiunto che si dovrà interrogare soprattutto Giorgia Meloni. 

Giornata al cardiopalma 

Una giornata al cardiopalma. In Sardegna e a palazzo Chigi. L’ombra lunga di un lunedì nero ha congelato la premier fino alle otto di sera quando lo spoglio, pur non terminato,  ha consegnato la Sardegna al “campo largo” di Schlein e Conte. Il testa a testa delle percentuali fino all’alba di stamani non dava però conto del distacco anche di venti punti che la candidata della sinistra  ha ottenuto nel voto delle grandi città, Cagliari, Sassari e Nuoro. Questo dato è stato chiaro e si è consolidato intorno alle otto di sera. Ed è stato decisivo. 

Truzzu scelta sbagliata 

Vista la differenza in decimali, si può dire che Truzzu perde sconfitto da un quasi pareggio. Ma più di tutti, si diceva, perde Giorgia Meloni. I risultati dimostrato senza appello che la scelta di Truzzu è stata sbagliata. Nella città di cui è sindaco da cinque anni il candidato governatore non ha sfondato e Alessandra Todde ha invece sbancato. Andamento analogo a Sassari e a Nuoro.  Eppure Meloni nel comizio finale la scorsa settimana a Cagliari ha rivendicato la scelta “e non perchè andavamo insieme in discoteca (in realtà il legame è il cerchio magico di Atreju, ndr) ma perchè Truzzu fa politica da vent’anni”. Criterio che mal si concilia con il fatto che i manifesti in Sardegna avevano il sorriso della premier e non quello del sindaco- candidato. Meloni ha personalizzato e non ha vinto. Fratelli d’Italia è il secondo partito (13,6%) e il primo partito dell’isola è il Pd (13,08%), ancora una volta una faccenda di decimali.  “Sarebbe andato molto meglio un nostro candidato” dicevano nel pomeriggio da Forza Italia pensando ad Alessandra Zedda.  Gli azzurri hanno fatto una buona performance nell’isola, molto meglio della Lega.  Se Meloni ha sbagliato il candidato - ancora una volta verrebbe da dire - il flop di Salvini ha quasi del clamoroso: eppure il leader della Lega si è fermato nell’isola fino a venerdì nella speranza di guidare il voto. I maligni dicono anche per suggerire un voto disgiunto - circostanza seccamente smentita dallo stesso Salvini - perchè la sconfitta di Truzzu avrebbe rappresentato il primo vero flop della premier dopo due anni di luna di miele. E un suo ridimensionamento, visto con gli occhi della Lega e tutto sommato anche di Forza Italia, può essere utile per riequilibrare certi “eccessi” e “prepotenze” da parte della premier. 

Il consiglio dei ministri 

All’ora di pranzo e prima di un Consiglio dei ministri fiume (terminato alle 19.20) su dossier importanti come il Pnrr quater (i soldi alla fine li ha messi soprattutto Fitto) e le nuove norme per la sicurezza sul lavoro, la premier ha pranzato con Salvini e Tajani. I dati a quell’ora davano ancora avanti Truzzu, la doccia fredda sarebbe arrivata intorno alle 17 via via che entravano nel sistema regionale i dati dei comuni che però venivano anticipati sui social creando un caos poco edificante. “Clima cordiale e sereno, normali pranzo di lavoro” hanno riferito fonti del governo. Lecito avere qualche dubbio sulla serenità intorno al tavolo.  Anche perché il lunedì nero di Meloni ha dovuto fare i conti oltre che con la Sardegna anche con Parigi dove Macron ha convocato un vertice sull’Ucraina a cui hanno partecipato una ventina di leader occidentali e non solo europei per dare un messaggio forte e chiaro alla Russia di Putin: l’Europa non si arrenderà mai nei confronti dell’Ucraina e non consentirà la vittoria del regime di Vladimir Putin. Iniziativa esemplare, senza dubbio. Se non fosse che appena 48 ore prima, sabato pomeriggio, la premier italiana era a Kiev nei due anni dall’inizio della guerra, per la prima riunione del G7 a guida italiana e per dare lo stesso messaggio. Macron non si è neppure collegato, preso dal fronte interno e dalle trattative con gli agricoltori. E così ieri Meloni a Parigi ha mandato il sottosegretario Cirielli. Un doppio sgarbo diplomatico che assomiglia molto ad una rottura pesante lungo l’asse Roma-Parigi.  E che non è un buon viatico per la presidenza italiana del G7. 

Buona notizia per il campo largo 

La vittoria sul filo di lana di Alessandra Todde  è certamente un’ottima notizia per il “campo largo”. Per la sinistra. Un po’ meno per il centrosinistra e questo è l’unico cruccio di giornata per Elly Schlein.

L’ex sottosegretaria dei governi Conte e viceministro del governo Draghi ha fatto una lunga e bella campagna elettorale. Da sarda tra i sardi. Non ha voluto condividere con i leader nazionale il palco finale della campagna. Neppure ieri sera. Nonostante Conte e Schlein siano arrivati a Cagliari con l’ultimo volo disponibile. Che il leader dei 5 Stelle sarebbe andato a Cagliari era notizia nota dalla mattina. Si è saputo solo nel pomeriggio che anche la segretaria del Pd sarebbe volata in Sardegna. La domanda ora è: al di là di Todde, chi ha vinto la Sardegna? Il “campo largo”, si dirà. Ma si fa presto a dire “campo largo” visto come lo stesso Conte ha alzato paletti e distinguo al Pd e alla Schlein in questi mesi. Conte farà di tutto per intestarsi la vittoria: Todde è la sua candidata che è riuscito ad imporre evitando le primarie di coalizione. 

Il Pd ha i numeri dalla sua parte

E però Schlein ha dalla sua i numeri: il Pd è il primo partito in Sardegna, in crescita rispetto al 2019 (14% oggi, 13,4% nel 2019). Il Movimento 5 Stelle si è fermato a 7,8% e la lista Todde è arrivata al 3,9. Anche sommandoli, sono sotto il Pd e non sono cresciuti rispetto al 2019 nonostante il traino della candidata.  E’ dunque più che ragionevole dire Todde sia stata accettata e votata dal Pd. Ma non certo per fare la forza satellite di una coalizione a traino 5 Stelle. E sinistra. 

Ha vinto il centrosinistra o la sinistra 

Piuttosto, ha vinto il centrosinistra  o la sinistra? E qui la risposta è più difficile. Il centrosinistra sardo è anche Renato Soru che ha stracciato la tessera del Pd perchè Schlein ha obbedito a Conte e ai 5 Stelle e non ha fatto le primarie. La sua lista rischia di restare fuori dal consiglio regionale (lo sbarramento scatta al 10% ed è intorno al 9%) e di essere alla fine irrilevante. Soru, che del Pd è stato un fondatore, si identifica con la parte più progressista  e meno grillina del centrosinistra. Cosa sarebbe successo se ci fossero state le primarie che magari avrebbero indicato comunque Todde è una domanda oggi inutile. Ha il sapore però dell’occasione sprecata. I numeri dicono che la lista Soru ha avuto più voti dei 5 Stelle, 63.021 contro i 53 mila dei 5 Stelle. Le primarie avrebbe evitato una scissione e tenuto il Pd unito in un vero “campo largo”. Invece, dopo aver festeggiato, oggi Schlein avrà davanti a sè la domanda di sempre: chi è il Pd, quale Pd. Ieri sera la capogruppo Braga, braccio destro della segretaria in Parlamento, ha detto che “il futuro è questo, l’alleanza con i 5 Stelle, cercando di allargare il più possibile”. Ha parlato di Calenda e + Europa e mai di Italia viva e Renzi. Sarebbe interessante scoprire che alla fine Calenda accetta di allearsi con i 5 Stelle. Antonio Tajani, lasciando alle otto di sera Palazzo Chigi, ha detto che è stata “una giornata molto proficua, che si è parlato pochissimo di Sardegna e che non ci sarà alcuna conseguenza”. Tutto sommato una lezione e la fine della lune dai miele della premier sono una buona notizia per Forza Italia. E per la Lega.     

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
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