Il risultato del voto rafforza Draghi. Cresce l’area e la forza della componente centrista

L'esito delle amministrative evidenzia due realtà dello scenario politico: la debolezza dei partiti e la scarsa competitività delle coalizioni

Il risultato del voto rafforza Draghi. Cresce l’area e la forza della componente centrista
Draghi (Ansa)

Nonostante i due sconfitti delle elezioni amministrative siano Conte e Salvini, leader dei due partiti più importanti, numericamente, M5s e lega, in quanto soci di maggioranza del governo, si rafforza l'ipotesi di una permanenza di Draghi al governo fino al 2023, se non anche oltre. I risultati delle amministrative, infatti, evidenziano soprattutto due realtà dello scenario politico nazionale: la debolezza dei partiti e la scarsa competitività delle coalizioni in vista delle prossime elezioni del 2023. Fattori, questi, che rafforzano, appunto, l'ipotesi che Mario Draghi possa rimanere premier anche dopo la fine della legislatura. Il voto di domenica scorsa è stato un banco di prova per le forze politiche di maggioranza anche se, di fatto, nessuna delle due coalizioni è stata premiata veramente dalle urne. Non è infatti emersa un'indicazione chiara su quale sarà la componente che avrà più peso politico in questo ultimo anno di governo e più forza per affrontare le prossime elezioni. Cresce invece il centro riformista, la cosiddetta "area Draghi", invocata dal leader di Italia viva Matteo Renzi e da Carlo Calenda di Azione, mentre ne esce indebolito il "campo largo" tanto auspicato dal segretario del Pd, Enrico Letta, che si dimostra poco credibile e ben poco competitivo. Nonostante il Pd sia risultato primo partito d'Italia, nel totale dei Comuni con oltre 15 mila abitanti - secondo i dati di Youtrend - il risultato è deludente, fermandosi al 15,7 per cento e al 17,4 per cento per i capoluoghi di provincia (esclusi quelli di Friuli Venezia Giulia e Sicilia).  

Centrodestra e Pd vanno bene, ma sono divisi

Alle amministrative, dunque, va meglio il centrodestra, con Fratelli d'Italia forza trainante, che conquista Palermo e si riconferma a Genova e a L'Aquila. Male invece per la Lega di Matteo Salvini, che incassa prima il flop sui referendum in materia di giustizia, e poi si vede sorpassare quasi ovunque al nord proprio dal partito guidato da Giorgia Meloni. Una coalizione che deve ancora rimettere insieme i pezzi, dopo la rottura per la rielezione di Sergio Mattarella e la concorrenza tra Lega e Fd'I sulla leadership, e che - soprattutto con Meloni premier – non risulterebbe né credibile né in grado di ottenere una maggioranza adeguata alla guida del Paese. Considerando poi che il prossimo Parlamento sarà ridimensionato nei numeri, con 400 deputati e 200 senatori, l'emergere di una coalizione vincente - in particolare al Senato – è molto improbabile, perché i voti di scarto potrebbero essere pochissimi o nulli. Ad oggi, tornando all’assunto iniziale, nonostante i malumori di Lega e M5s, il governo Draghi non sembra essere a rischio.  

Nessun partito vuole davvero il voto anticipato  

Nessuno, tra i partiti di maggioranza, vuole davvero il voto anticipato: né Conte, ancora più debole di prima, e gran parte dei parlamentari pentastellati, ne' Salvini che, con un partito già fortemente indebolito, rischia una disfatta elettorale e la stessa guida della segretaria. La debolezza dei partiti e delle coalizioni paradossalmente mette così al riparo il governo Draghi e ne favorisce un "bis", anche per il contesto perennemente emergenziale in cui versa il Paese. Un governo stabile e una leadership forte saranno condizioni necessarie e imprescindibili di fronte al rischio di una nuova crisi economica, con lo spread in salita e le Borse in caduta. Alla luce della situazione attuale, e con una guerra in corso la cui durata è sempre più incerta, la scelta migliore per il Paese potrebbe dunque essere nuovamente quella di affidarsi a Mario Draghi. Senza un vero vincitore alle prossime politiche e con un'area centrista più forte, che si ponga come alternativa a quei movimenti che cavalcano la protesta, il ritorno ad un governo di larga coalizione è uno scenario più che ipotizzabile. Si vedrà poi con quali partiti e quali equilibri interni.  

L’analisi dei dati. Coalizioni, partiti e schieramenti

Sul fronte delle coalizioni, nel voto di lista, emerge un testa a testa tra centrodestra e centrosinistra, con la prima che ottiene nei comuni il 41 per cento dei voti, contro il 42,1 per cento della coalizione "giallo-rossa". Per i capoluoghi invece il dato è del 43,8 dei voti per il centrodestra e il 41,9 per cento per Pd e M5s. A spiccare è però il tonfo del Movimento guidato da Giuseppe Conte che si ferma nel voto di lista al 2 per cento. Una sconfitta ammessa dallo stesso leader pentastellato che alla luce dei risultati ha annunciato una riorganizzazione interna a livello territoriale. Fa bene l'area di centro, soprattutto trainata da Calenda che, nelle principali città, incassa numeri ben sopra le aspettative. Un esito che consolida l'ipotesi di un terzo polo centrista con Azione e + Europa, insieme a Italia viva. Partiti che però difficilmente potrebbero presentarsi con una coalizione di centrosinistra che comprenda anche il M5s. Nello stesso Pd, infatti, non mancano le preoccupazioni attorno alla formazione di un campo progressista invocato dal segretario dem, sul quale bisognerà riflettere alla luce del crollo dei pentastellati.  

Il vero vincitore delle comunali è la Meloni  

C'è una vincitrice, in queste amministrative appena concluse, ed è Giorgia Meloni. Infatti, nonostante il PD sia stato il partito in assoluto più votato - ha ottenuto infatti il 17,2 per cento delle preferenze, secondo le proiezioni di YouTrend, che ha analizzato il voto dei 142 comuni sopra i 15 mila abitanti - la leader di Fratelli d'Italia porta a casa due vittorie di rilievo: innanzitutto, FDI ha superato la Lega in praticamente tutti i comuni in cui erano presenti entrambe, da L'Aquila a Genova, passando per "roccaforti" leghiste come Padova e Verona; il partito guidato da Giorgia Meloni si è poi piazzato secondo per numero di preferenze, registrando all'incirca il 10% dei voti.  

Inoltre, indipendentemente dai singoli partiti, il vero vincitore della tornata è, in generale, il centrodestra: non solo L'Aquila e Genova hanno riconfermato la loro scelta, rieleggendo rispettivamente Biondi e Bucci, entrambi politici di destra, ma anche Palermo ha deciso di affidare la guida della città ad un esponente del centrodestra, Roberto Lagalla. Il centrosinistra vince invece a Taranto, Padova e Lodi; in queste città, il PD ha corso con il Movimento 5 Stelle, altro grande sconfitto di questa tornata insieme alla Lega. Conte ed i suoi hanno registrato risultati bassissimi in quasi tutte le sedi: basti pensare che, sempre secondo i dati di YouTrend, il movimento ha di poco superato il 2% dei voti in tutta la nazione, raggiungendo il peggior risultato dalla loro elezione e contribuendo molto poco alle vittorie delle proprie liste. Basti pensare che a Padova il contributo del M5S è stato di appena l'1,2%.  

Metà dei 142 comuni sopra i 15 mila abitanti vinti al primo turno: 37 vanno al centrodestra  

Inoltre, a spoglio ultimato, è possibile tracciare un bilancio del primo turno di elezioni amministrative per ciò che riguarda i comuni superiori ai 15 mila abitanti. La prima cosa che emerge, guardando alla tabella delle sfide elaborata da YouTrend, è che più della metà dei comuni sono stati già assegnati, perché c'è stato un candidato che ha vinto con più del 50% + 1 dei voti validi (40% + 1 in Sicilia, a Palermo).

Si tratta infatti di ben 79 comuni su 142, mentre nel 2017, per fare un paragone, erano stati 49 su 160 (meno di uno su tre). Ai candidati di centrodestra è andata la maggior parte delle vittorie al I turno (37), mentre il centrosinistra insegue a quota 31 eletti, mettendo insieme i casi in cui il M5S non era alleato del PD (21) e quelli in cui lo era (10). Il centrodestra è anche la coalizione con più candidati che vanno al ballottaggio partendo dalla maggioranza relativa al primo turno (24) e quella che accede al maggior numero di ballottaggi (47), mentre il centrosinistra, con o senza M5S, accede a 46 ballottaggi. Per fare meglio rispetto alla situazione uscente (54) il centrodestra dovrebbe quindi vincere almeno 14 ballottaggi, mentre il centrosinistra almeno 18: un'impresa meno facile di quanto sembri, se si considera che in ben 28 casi saranno presenti al ballottaggio candidati civici o di centro, storicamente dimostratisi molto competitivi al secondo turno perché più trasversali rispetto ai candidati dei poli principali.  

Centrodestra e centrosinistra appaiati nei 26 capoluoghi di provincia che sono andati al voto

Il quadro dei risultati delle liste alle elezioni amministrative si completa ulteriormente, però, con l'inclusione dei comuni capoluogo di Sicilia e Friuli-Venezia Giulia, fino a ieri non considerati nell'elaborazione sempre di YouTrend. Con questa aggiunta, il totale delle liste di centrodestra torna davanti, ma solo di mezzo punto (42,3% contro 41,8%) rispetto al centrosinistra. Altre novità: il dato del PD - che si conferma primo partito – adesso è superiore a quello delle civiche di centrosinistra, mentre il totale delle civiche di centrodestra scende sotto il 20%. Tra le liste di centrodestra, FDI mantiene il primato (10,9%) mentre è testa a testa tra le Lega e Forza Italia, entrambe poco sopra il 6%. Infine, in questa ultima elaborazione di YouTrend, il dato del M5S resta inferiore al 3%.  

I dati delle liste di partito dove si presentavano nei 26 capoluoghi di provincia  

Il calcolo del dato aggregato delle liste di partito, in occasione di elezioni amministrative è inevitabilmente viziato da diversi fattori: innanzitutto la (forte) presenza di liste civiche, ma anche il fatto che spesso molti partiti nazionali non presentano le proprie liste in tutte le realtà al voto, nota sempre l’analisi di Youtrend. Per ottenere un dato più realistico della consistenza elettorale, quindi, una nuova elaborazione ha calcolato il dato ottenuto da ciascuno dei principali partiti nazionali tenendo conto solo dei comuni in cui ciascun partito era presente con il proprio simbolo. In questa nuova elaborazione, basata sul totale dei 26 comuni capoluogo, si conferma il primato del PD con il 16,5% davanti a FDI (10,1%), seguiti da Lega e FI (6,4% e 6,2% rispettivamente). Da notare il "balzo" di Azione/+Europa, che si è presentato solo in una minoranza dei comuni al voto e che in questo nuovo calcolo sale al 4,6% superando il M5S - che comunque sale anch'esso al 3,8%. Altra indicazione interessante riguarda ItalExit, il partito di Gianluigi Paragone, che con l'1,8% fa meglio di Italia Viva (1,1%).